Nettuno, nella sua domus di Pompei e, mentre che si può…,pure delle volgari griglie di ferro cromato di una passerella. Questi gli ultimi furti realizzati nel secondo più importante sito archeologico d’Italia. L’agonia di Pompei,strappata all’oblio del 79 (anno dell’eruzione del Vesuvio che la seppellì) con gli scavi iniziati nel 1789 da Carlo III di Spagna e Napoli,continua da quasi mezzo secolo. Non sono uno storico e neppure un archeologo e non sottopongo una riflessione cattedratica sull’argomento.
Solo quella,comune,su un “bene patrimonio dell’umanità”, tale considerato dall’Unesco dal 1997, che le istituzioni hanno abbandonato a se stesso facendo pure finta di promuoverlo e tutelarlo. Quanti,tra coloro che leggono,non sono mai stati a Pompei sia pure per una veloce visita ? Sicuramente tanti,ma certamente sono pochi gli italiani che non la conoscono dagli studi,dalle televisioni o per sentito dire. Per non parlare dai kolossal del cine o degli sceneggiati di produzione estera. Tutti,da Re Carlo ai francesi di Murat,dai Borbone ai piemontesi del Regno d’Italia,dai ministri fascisti a quelli della prima democrazia cristiana,colsero il fascino dell’impresa : riportare alla luce Pompei (e,parzialmente ,Ercolano) affinché una città “morta” potesse “vivere” per i contemporanei. Rendendo visibile e comprensibile agli uomini,donne e bambini di oggi dove e come vivessero i nostri lontani antenati.
Con, Vesuvio incombente,la dimostrazione di quanto la natura possa essere contemporaneamente dispensatrice di vita e morte. Bene o male fino al 1967 si scavò,poi si passò al “conservativo”. Ovvero,divenuta l’estensione degli scavi molto estesa (44 ettari) si preferì passare alla valorizzazione di quanto tornato alla luce,tramite restauro e consolidamento. I costi,da sempre notevoli,cominciarono a non essere “sostenibili” dallo stato. Tutto sommato si poteva pure condividere questa impostazione che,in ogni caso,garantiva la fruizione del sito ai milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo vista la unicità storica ed archeologica,riconosciuta nel 1997 pure dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”.
Data paradossalmente limite visto che, da quell’anno, si moltiplicarono esponenzialmente problemi e carenze frutto pure dei guasti causati da un’altro grave disastro naturale : il terremoto di Napoli (ed Irpinia) del 1980. Da allora,con qualunque governo e gestione amministrativa,un degrado costante e sempre più veloce. Stanziamenti sempre inferiori malgrado l’amore e l’interesse dei visitatori abbia portato sempre in cassa milioni di euro. Soldi spesi male,stando alle cronache che parlano di appalti “inquinati ed inquinanti”. Custodi sempre piú numericamente insufficienti alla copertura dell’intera area. Sistemi di sorveglianza inadeguati,quando esistenti,per garantire la sorveglianza del sito.
Mancanza pressochè assoluta di infrastrutture museali quali biglietterie,percorsi guidati,efficienti segnalazioni pure con audio-visivi e,vergogna meridionale costante,persino penuria di servizi igienici passabili. Poi,dal 2010 e malgrado lo stanziamento di fondi europei,una serie preoccupante di crolli. Puntualmente segnalati dai media,inutilmente. Cui,da ieri,si aggiunge il pericolo furti. Non nuovo,figurati…..,chissà cosa e quanto è già stato trafugato nel corso dei secoli dal sottosuolo e dalle zone non scavate. Ma davvero la costatazione che si possa portare via impunemente un pezzo di affresco,staccandolo da una parete,senza avere neppure l’idea del come e quando sia accaduto,colpisce l’immaginario collettivo.
Ed avvilisce…: non erano al cinema “gli ultimi giorni di Pompei”,sono quelli che stanno per arrivare ! Grazie per l’attenzione. (Vincenzo Mannello)