Vincere non umiliare! A Kiev una brutta pagina per lo spirito etico del vero Sport. L’etica del vero Sport, da quando esiste la civiltà della libera e volontaria competizione ludica, contempla nel modo più assoluto di non umiliare l’avversario né di ferirlo moralmente. Persino in guerra il nemico vincitore rende il cosiddetto “onore delle armi” a quel che resta dell’esercito sconfitto ma coraggioso.
Nella seconda guerra mondiale, gli stessi italiani sconfitti ma eroici ebbero spesso l’onore delle armi, specialmente dagli inglesi, per essersi battuti lealmente fino allo stremo. L’inferiorità contingente, di qualsiasi genere possa essere, non deve indurre a chi è più forte di infierire sull’altro. Esiste anche la superiorità di fatto che non ha bisogno di essere ulteriormente manifestata in modo eclatante e in modo da umiliare l’avversario. I più forti, i più bravi sono pure i più umili.
Purtroppo la squadra spagnola, durante la finale europea di calcio 2012 appena disputatasi a Kiev, capitale della Ucraina, non ha concesso alla squadra italiana alcuna considerazione etica, né l’onore delle armi né tanto meno quel “respect” che era slogan-esteso scritto dappertutto in questi Europei di Calcio UEFA, persino sulle magliette dei singoli calciatori. Il punteggio di 4 a 0 con cui la squadra spagnola ha vinto non ha valutato alcune semplici cose, che nello sport come nella vita bisognerebbe considerare. Primo, dopo il 2 a 0 (che dava sufficienti margini di sicurezza agli spagnoli), la squadra italiana è rimasta in 10. Non c’era, perciò, parità numerica e, quindi, equilibrata di salutare competizione per poter disputare un incontro davvero leale.
Secondo, la squadra italiana era visibilmente provata dalle partite precedenti, specialmente dopo l’incontro con la Germania e con meno giorni per recuperare fisicamente. La squadra spagnola, dopo il 2 a 0, avrebbe potuto benissimo controllare il gioco senza eccedere, persino senza far prendere palla agli italiani; invece, pur essendo chiare le difficoltà della squadra italiana, ha voluto infierire, proprio come il torero infierisce sul toro (e tale era lo spirito pure sugli spalti tra i sostenitori spagnoli). La squadra spagnola ha voluto fare come un pugile che massacra e mortifica volutamente un avversario già palesemente incapace di reagire o di arrecargli pericolo.
Lo sport, specialmente quello del calcio, è un gioco (anche se pesantemente gravato dagli affari, dagli scandali e dalle corruzioni così tanto che ha finito di essere sport per essere “business”) e nel gioco bisogna considerare l’avversario anche per i suoi precedenti gloriosi. La squadra spagnola (con un solo campionato del mondo vinto alle spalle) aveva davanti a sé una squadra, come quella italiana, con maggiori meriti sportivi (ben quattro campionati del mondo vinti e altre imprese calcistiche memorabili e prestigiose come la partita Italia-Germania del 1970 in Messico, ricordata addirittura da una lapide come “la partita del secolo”).
A Kiev si leggeva chiaramente sul volto dei giocatori, dei dirigenti e dei tifosi spagnoli proprio l’avidità della vittoria intesa come umiliazione (forse un riflesso politico-economico in questa “guerra tra poveri” degli spread, specchio dei tempi!). Ma gli spagnoli, pur nel loro indiscutibile ma spietato valore, per diventare i più forti del mondo hanno dovuto incattivirsi e diventare “bulldozer” macchine cieche che tutto stritolano davanti a sé, rinunciando all’arte e alle emozioni del gioco e delle imprese impossibili, cosa che la squadra italiana ha dimostrato ancora e sempre di avere. Si può essere nella legalità ma non nel giusto così come si può vincere senza convincere. Nell’arte, nel gioco come nella vita è il cuore che ci fa amare e la squadra italiana resta sempre (nonostante tutti i suoi alti e bassi e i suoi difetti), una squadra che ci mette cuore e, pure per questo, è amata in tutto il mondo come quello stile italiano che ci distingue per tale antica civiltà del cuore.
E’ proprio questo il vero “onore delle armi” … quello che ci riconosce il mondo intero. Così gli spagnoli hanno voluto vincere con merito ma senza gloria una semplice partita di calcio, lasciando un’ombra indelebile sul loro operato davanti a tutto lo stadio del mondo.
Ciò che è accaduto a Kiev in questa finale di calcio costituisce e resta, purtroppo, una brutta pagina di quel vero sport che dovrebbe sempre garantire la dignità di chi vi partecipa. La partita di Kiev 2012 è stata l’esatto contrario della partita Italia-Germania del 1970 a Citta del Messico.
Aveva forse ragione il filosofo Pitagora di Crotone (oltre 2500 anni fa) nel dire che la competizione nelle Olimpiadi o nelle altre gare è in genere inutile e antipedagogica, come in politica e in economia che hanno bisogno di lealtà, solidarietà e cooperazione. E la squadra spagnola ha dimostrato di avere conseguito una vittoria fondamentalmente inutile perché conseguita senza vero onore sportivo, quando invece, restando sul 2 a 0 sarebbe stata osannata anche da noi italiani.
Però, solitamente la storia, anche alla lunga, presenta sempre le sue sottili ed eleganti rivincite, e oggi si può essere facili profeti asserendo che verrà un giorno in cui la squadra spagnola avrà lo stesso trattamento, in un futuro prossimo o remoto, ad opera di altre squadre (forse pure di quella italiana). Chi vivrà vedrà. L’armonia (è legge di natura) si riprende sempre i suoi spazi!
Scritto da Domenico Lanciano