Cosa sta accadendo a questa città, a questo paese? La brutale aggressione subita dall’avvocata Maura Monteforte è davvero cosa brutta, brutta, brutta. Accaduta nella città in cui a ogni piè sospinto si evoca la bellezza come motore dell’agire. E ovviamente, chi può non essere d’accordo se è della bellezza valore, paradigma di una cultura civica fondata sul riconoscimento, rispetto e la tutela della dignità: delle persone, degli animali, del paesaggio, della storia, del futuro, che parliamo. E così non è.
Non osiamo immaginare lo sconcerto provato dall’avvocata Monteforte di fronte alla sproporzione tra il suo esercitare una legittima – ancorché disciplinata dai codici – pretesa e la violenza della risposta subita. Violenza fisica – tale da richiedere 25 giorni di prognosi – insieme a tutte le altre forme di prevaricazione: offesa, disconoscimento, intimorimento, brutalità – appunto – nella sua più alta espressione. Esercitata, sostenuta anche da due donne.
Ma se Maura fosse stato Mauro, ma se Maura si fosse fatta accompagnare da un collega maschio? Ecco chiediamoci quanto la rappresentazione di un diritto – come quello che legittimamente stava esercitando l’avvocata Monteforte – la rappresentazione di una manifestazione di libera e civile convivenza – fino a prova contraria siamo ancora in uno stato democratico e regolamentato da norme – in un corpo femminile che non mostra sudditanza alcuna,- sudditanza a una cultura di prevaricazione a cui sembrano invece aderire le due donne aggressore – abbia influito nello scatenare l’odio di genere..
Quelle brutte pulsioni alimentate da quei brutti pensieri: ma cchi bbo mò sta fimmina, chini ssi creda d’esse che tutte noi, professioniste /impiegate/ operaie/ casalinghe/ disoccupate / mogli/ figlie/ donne sentiamo dire spesso dagli interlocutori maschi, talvolta sottovoce quando voltiamo le spalle, più spesso con urla e botte, come ci raccontano i centri antiviolenza. Nel caso di Maura gli aggressori sono stati anche più spietati, di fatto operando un sequestro di persona. E che dire del voltarsi dall’altra parte delle persone – anche qui presumibilmente sa uomini sia donne – la cui attenzione pure Maura ha tentato di attrarre, essendo il locale dove è avvenuta la violenza su fronte strada, di una strada che ironia della sorte porta al Tribunale della città. Perché non intervenire? Come è possibile maturare tanta codardia o peggio poter pensare che si trattasse di fatti privati?
Quanta bruttezza. Quanto lavoro abbiamo da fare, noi donne, ancora.
Cara Maura, noi di www e del centro antiviolenza sentiamo la violenza che tu hai subito la violenza di tutte noi. Le parole chiave dello sciopero e delle manifestazioni dell’otto marzo riassumono anni di consapevolezza e elaborazione che il movimento delle donne produce nel dibattito politico e culturale italiano. Non una di meno. Sempre più avanti nella conquista di libertà e autodeterminazione, nella progettazione e realizzazione di bellezza di vita, per tutte e tutti.