Emessi 3 rinvii a giudizio per frode in pubbliche forniture, inadempimenti di contratti di pubbliche forniture, scarico in mare di acque reflue urbane non depurate, attività illecita di gestione di rifiuti speciali, omissione di atti d’ufficio e getto di cose pericolose.
In relazione all’operazione “Acque pulite” effettuata nel febbraio 2012, conclusasi con il sequestro preventivo dell’impianto di depurazione dei comuni di Piraino, Brolo e Sant’Angelo di Brolo, si è svolta in questi giorni l’udienza preliminare nel corso della quale, su richiesta del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Patti Dr.ssa R. Casabona, sono state rinviate a giudizio tre persone che, a vario titolo, sono responsabili dei reati di frode in pubbliche forniture, inadempimenti di contratti di pubbliche forniture, scarico in mare di acque reflue urbane non depurate, attività illecita di gestione di rifiuti speciali, omissione di atti d’ufficio e getto di cose pericolose.
L’articolato lavoro d’indagine degli agenti del Commissariato di P.S. di Capo d’Orlando è iniziato nell’agosto del 2011, allorquando una prima ricognizione delle aree marine di Piraino e Brolo ha confermato quanto diversi cittadini della zona avevano lamentato. Le esalazioni ed i residui segnalati dai bagnanti erano il risultato ultimo e la prova tangibile di un cattivo funzionamento del sistema di depurazione dovuto ad una serie di inadempienze e modifiche dei procedimenti previsti.
L’evidente inefficienza dell’impianto di depurazione è stato documentato da immersioni subacquee, rilievi video e successivi controlli sui pozzetti esterni effettuati dagli agenti del Commissariato paladino.
Le irregolarità sulla gestione dell’impianto sono state definitivamente accertate grazie ad una verifica effettuata dai poliziotti, unitamente a personale dell’Arpa di Messina (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) all’interno dell’impianto.
I risultati delle indagini condotte hanno evidenziato l’eccessivo accumulo di fanghi e sabbie all’interno delle vasche dovuto alla mancata estrazione e smaltimento degli stessi sin dal marzo 2011. Infatti, le vasche di decantazione, ormai colme, riversavano i pericolosi fanghi nelle acque depurate contaminandole nuovamente.
Inoltre, il sistema di disinfezione che avrebbe dovuto permettere l’abbattimento della carica batterica e lo smaltimento dei fanghi prodotti in precedenza non era funzionante.
Le analisi dell’Arpa hanno dimostrato che i liquami scaricati dall’impianto di depurazione raggiungevano valori 720 volte superiori ai limiti di legge, provocando gravi danni ambientali ed elevati rischi per l’igiene e la salute pubblica.
I controlli previsti erano abilmente superati ed elusi grazie all’impiego di una condotta secondaria che bypassava il percorso ufficiale e scaricava illecitamente altrove le acque torbide e maleodoranti.
La cattiva e fraudolenta gestione dell’impianto consentiva un evidente risparmio sui costi finali.
Gli accertamenti effettuati in ambiente marino hanno altresì rivelato che la condotta principale aveva una lunghezza inferiore di 100 metri rispetto a quanto previsto. Inoltre, la stessa è risultata priva dei previsti diffusori e lo scarico era piegato ed orientato verso la superficie.