Come da calendario venatorio, anche in Calabria la data del 31 gennaio ha segnato il termine della stagione di caccia iniziata lo scorso mese di settembre e che ha visto schierati sul “fronte di guerra”, da una parte un esercito di cacciatori e dall’altro inermi animali braccati e fucilati per cinque, interminabili mesi.
Una stagione che si chiude, come al solito, con un bilancio negativo per la tutela della fauna, se si tiene conto della consueta approssimazione con cui viene “gestita”, per così dire, la fauna selvatica nella nostra regione , in mancanza sia dei controlli necessari, sia delle basi minime di conoscenza delle popolazioni animali sottoposte al cosiddetto “prelievo venatorio”, che nella realtà dei fatti finisce con il trasformarsi in un abbattimento indiscriminato delle specie oggetto di caccia.
Di queste ultime, alcune meriterebbero invece di essere inserite nell’elenco delle specie protette a causa della situazione di generale declino registrato a livello europeo, mentre si continuano a considerare gli animali come una specie di pozzo di San Patrizio da cui attingere a piacimento.
La situazione è aggravata dalla ormai cronica carenza di vigilanza che non può che favorire un atteggiamento di generale anarchia e la diffusione del bracconaggio a tutti i livelli.
Particolarmente grave a proposito è stata la decisione della Provincia di Vibo di autorizzare la caccia alla volpe a squadre, con il rischio concreto, segnalato dagli stessi ATC vibonesi, che le battute abbiano come vero obiettivo i cinghiali, con un prolungamento quindi illegale della caccia all’ungulato, in un periodo in cui una buona parte delle scrofe risultano incinte.
Ma a fare le spese del generale accanimento contro gli animali, sono anche quelle specie che in teoria dovrebbero godere di una protezione assoluta: in base ai ricoveri registrati presso i due Centri di Recupero di Fauna Selvatica (CRAS) di Catanzaro e Cosenza, la percentuale di uccelli protetti feriti da arma da fuoco è ancora altissima e l’elenco delle vittime di questo autentico vandalismo ai danni della natura comprende dai coloratissimi Gruccioni ai falchi Pellegrini, dalle Upupe agli Sparvieri, per non parlare dei numerosi Gheppi e Poiane rinvenuti con le ali fracassate a causa delle fucilate.
In queste condizioni è stata infatti rinvenuta la Poiana salvata da Francesco Morano e da Giuseppe Caglioti, in contrada “Lacchi “ di Gerocarne (VV): dopo il recupero da parte di una pattuglia della Polizia Provinciale e la consegna al WWF Calabria, con una staffetta che ha impegnato i volontari dell’associazione ambientalista, il rapace diurno è stato sottoposto alle cure del veterinario del Centro di recupero catanzarese, dove appena due giorni prima era stata consegnata, sempre a cura del WWF, un’altra Poiana ferita alla periferia di Vibo.
Per questo, e per tanto ancora, la chiusura della caccia viene salutata con gioia da chi considera gli uccelli non come un bersaglio da massacrare, ma un miracolo della vita da rispettare.