È stato Francesco Pannofino ad inaugurare l’ottava edizione della rassegna teatrale Vacantiandu 2018.2019 che quest’anno, a causa della chiusura dei teatri lametini per le vicende ormai note, è ospitata al teatro Comunale di Catanzaro diretto da Francesco Passafaro.
La rassegna, con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta, fa parte dell’omonimo progetto regionale con validità triennale finanziato con fondi PAC. In scena lo spettacolo Bukurosh, mio nipote scritto da Gianni Clementi e diretto da Claudio Boccaccini con lo stesso, affiatatissimo cast della pièce precedente, I suoceri albanesi, di cui quest’opera rappresenta il sequel ideale.
Un interno medio borghese con un dècor sobrio che ospita al centro un divano attorno al quale si dipana l’azione drammaturgica interrotta dal “buio” per i cambi scena sì da creare un insieme di “quadri” sulla famiglia, sul rapporto genitori-figli, sull’amicizia, l’amore, la sessualità, la fede, la diversità, l’integrazione… E in questo luogo, che è spazio di convivialità per eccellenza, si incontrano solitudini, si consumano litigi, amori e abbandoni. E poi risate. Risate che si rincorrono, scompaiono e ritornano segnando gli incontri dei personaggi in una girandola di battute a ritmo serrato. Eppure sono i sentimenti che muovono la storia dando origine a immagini e azioni ricche di freschezza e verità. Un teatro che parte da sé e diventa possibile momento di identificazione e condivisione per gli altri.
La penna felice di Gianni Clementi ci regala così, in modo divertente e scanzonato, il ritratto di una famiglia sull’orlo di una crisi di nervi che diventa il microcosmo della nostra società attraversata da pregiudizi, timori e contraddizioni. Grande Francesco Pannofino nel ruolo di Lucio, deputato progressista che si fida e affida la sua nuova campagna elettorale (che si rivelerà perdente) a Corrado, invadente e simpatico vicino di casa, colonnello in pensione, omosessuale, che millanta di essere stato lo spin doctor di Putin! Andrea Lolli ne fa un ritratto costruito intorno all’espansione del proprio ego ma è solo una corazza che serve a nascondere la sua fragilità e le tante delusioni d’amore.
Esilaranti e irresistibili Maurizio Pepe e Filippo Laganà nei panni di due fratelli albanesi Igli e Lushan, esempi di perfetta integrazione. Sensuale e brillante la Ginevra di Emanuela Rossi, chef di cucina molecolare, moglie devota e madre comprensiva che nel corso della commedia riscopre la propria femminilità grazie ai consigli di Benedetta, una effervescente Silvia Brogi che malgrado l’età ampiamente post-teenageriale riscopre le gioie del sesso. A completare l’universo attorale delle donne, la decisa interpretazione di Elisabetta Clementi nel ruolo di Camilla, figlia di Lucio e di Ginevra. 17 anni, un matrimonio lampo con Lushan, incinta, ritorna dall’Albania perché non può rinunciare al bidet e al wi-fi. Protetta dalla famiglia può continuare a dilettarsi con il cerchio di Itten e a postare outfit su Instagram in attesa di diventare una fashion blogger. Icona della contemporaneità, non si lascia spaventare dalle convenzioni e trascina tutto il suo entourage in questo nuovo assetto sociale.
Ma alla fine, sarà la famiglia a trionfare. Una famiglia in perfetto stile metal, pronta a posare per un selfie prima del battesimo del piccolo Bukurosh sotto le ali protettive di Liri (libertà, in albanese), la grande aquila impagliata appesa nel salotto. Una famiglia che ci turba e ci rassicura al tempo stesso. Applausi meritati per tutti e al termine della pièce, come da tradizione, Nico Morelli, direttore artistico di Vacantiandu e Walter Vasta, direttore amministrativo – introdotti dalla giornalista Ketty Riolo – consegnano agli attori la maschera in ceramica, simbolo della rassegna. Attori che hanno saputo essere molto generosi incontrando, prima dello spettacolo, le scuole di teatro della città.
Ad apertura di serata, sul palco anche il direttore del Teatro Comunale di Catanzaro Francesco Passafaro e il presidente onorario Paolo Abramo che ringraziano il pubblico presente (tanti anche i lametini arrivati con il bus navetta messo a disposizione gratuitamente dall’Associazione teatrale “I Vacantusi”) e ribadiscono, ancora una volta, che il teatro è riuscito là dove la politica ha sempre fallito: unire idealmente due città e creare sinergie tra associazioni culturali che da anni operano sul territorio per il benessere sociale e culturale dell’intera comunità.