Catanzaro è la prima città italiana a celebrare Mario Monicelli, uno dei più grandi maestri del cinema italiano, con l’intitolazione di una grande piazza. L’area conosciuta come piazza Brindisi, ma che in realtà non figura nella toponomastica (esiste invece un’attigua via Brindisi) prenderà il nome dal regista di film che hanno fatto epoca come “L’armata Brancaleone” e “Amici miei”. Si tratta della stessa area, a due passi dal lungomare, che da qualche anno ospita il Magna Graecia Film Festival.
La proposta dell’intitolazione, sostenuta dal sindaco Sergio Abramo e dall’assessore ai servizi demografici Giovanni Merante, era stata avanzata da grandi nomi del cinema italiano quali Ettore Scola, Michele Placido, Alessandro Haber, Giuliana De Sio e Ugo Gregoretti, congiuntamente all’associazione culturale Magna Graecia Film Festival.
La commissione toponomastica del Comune, nella seduta di stamani, ha dato il parere favorevole alla proposta con decisione unanime.
“La proposta – si legge nella lettera indirizzata al primo cittadino di Catanzaro dall’associazione MGFF – si fonda sull’innegabile personalità culturale del Maestro e sull’apporto che lo stesso ha dato al cinema italiano”.
Ed è proprio dal desiderio di imprimere una maggiore concretezza alla vocazione di Catanzaro per il cinema che nasce l’idea di intitolare un luogo simbolo della città con il nome di uno dei più celebri e apprezzati registi italiani.
La cerimonia ufficiale dell’intitolazione della piazza, pensata per celebrare il centenario della nascita dell’artista, avrà luogo, a seguito del via libera da parte della Giunta comunale, in uno dei giorni di svolgimento della dodicesima edizione del Magna Graecia Film Festival in programma dal 25 luglio al 2 agosto. Alla cerimonia saranno invitati a partecipare il ministro alla cultura Dario Franceschini ed altre grandi personalità del cinema italiano. All’evento sarà presente anche Chiara Rapaccini, moglie di Monicelli, che con il grande regista ha condiviso un lungo percorso di vita.
Biografia di Mario Monnicelli
Nato a Viareggio il 16 maggio 1915, esordì come regista nel 1934. In quell’anno girò insieme al cugino e amico Alberto Mondadori il cortometraggio “Cuore rivelatore”, cui fece seguito il mediometraggio muto “I ragazzi della via Paal” che, nella sezione “passo ridotto” della mostra del Cinema di Venezia, vinse il primo premio grazie al quale Monicelli ebbe la possibilità di lavorare in un vero film. Iniziò così la sua carriera sul set come ciakista con il regista Gustav Machaty. Sotto lo pseudonimo di Michele Badiek diresse nel 1937 il suo primo lungometraggio “Pioggia d’estate”.
Il grande interesse per il cinema portò Monicelli a ricoprire altri ruoli minori su vari set, finché il montatore Giacomo Gentilomo, alla direzione del suo primo film, “La granduchessa si diverte”, lo chiamò come aiuto regista. Nel 1940 entrò nella cavalleria dell’esercito e vi rimase fino al 1943. Scampato ad un’improbabile carriera militare, grazie all’amico Riccardo Freda, conobbe Stefano Vanzina con il quale scrisse il film di successo “Aquila Nera” per la regia di Freda. Successivamente sceneggiò con Steno il film “Come persi la guerra”, da questo momento i due formarono una coppia amata da produttori e pubblico.
Insieme a Steno nel 1949 sceneggiò e diresse “Totò cerca casa”, che fu secondo incasso della stagione italiana di quell’anno. A questo straordinario film seguirono “E’ arrivato il cavaliere” (1950), “Vita da cani” dello stesso anno, “Totò e i re di Roma” (1951) in cui venne inserito Alberto Sordi. E fu proprio grazie a questo film che tra Sordi e Monicelli nacque un rapporto di grande collaborazione nonché di amicizia e stima.
Nel 1951, ancora con Steno, fu la volta di “Guardie e ladri”, fotografato da Mario Bava vinse il premio per la miglior sceneggiatura a Cannes, il Nastro d’Argento e la Palma d’Oro a Totò. Nel 1953 girò da solo “Totò e Carolina”. Con “Totò e le donne” (1952) e “Le infedeli” (1953), la lunga e proficua collaborazione tra Steno e Monicelli finì.
Nel 1955 lavorò con Sordi nel film “Un eroe dei nostri tempi e nel 1957”, vinse l’Orso d’argento per il film “Padri e figli” con Aldo Fabrizi ed una giovanissima Gina Lollobrigida. Con Scarpelli, Agenore Incrocci e Luciano Vincenzoni, Monicelli scrisse nel 1959 “La Grande guerra” che alla Mostra del cinema di Venezia venne osannato a tal punto dal pubblico che vinse il Leone insieme a “Il Generale della Rovere di Rossellini”.
Risate di gioia con Anna Magnani e Totò venne girato nel 1960, con riluttanza della stessa attrice protagonista, convinta che la presenza di Totò declassasse il film. Dopo un anno, grazie al produttore Carlo Ponti, Monicelli girò “Renzo e Luciana” (1961) un episodio di Boccaccio ’70 che, nonostante la collaborazione di Italo Calvino e Giovanni Arpino alla sceneggiatura, venne tagliato dal resto del film e non poté partecipare al Festival di Cannes.
Nel 1963 Monicelli girò “I compagni” con Bernard Blier, Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Annie Girardot e per la prima volta sullo schermo apparve Raffaella Carrà.
Nel 1966 fu la volta dello straordinario “L’armata Brancaleone”: il produttore, Mario Cecchi Gori, non avendo nessuna speranza che la pellicola avesse successo, costrinse Monicelli a partecipare economicamente al film che fu un trionfo.
“La ragazza con la pistola” nel 1968 consacrò la bellissima e comicissima Monica Vitti come geniale attrice comica. Nel 1969 girò “Brancaleone alle crociate”, altro applauditissimo film e nel 1974 diresse Ugo Tognazzi e l’esordiente Ornella Muti nel dissacrante “Romanzo popolare”.
Nato da un soggetto di Pietro Germi nel 1975 con Ugo Tognazzi, Philip Noiret, Adolfo Celi e Gastone Moschin fu la volta di “Amici Miei”, nel 1977 fu di nuovo con Alberto Sordi sul set del drammatico “Un borghese piccolo piccolo” a cui partecipò anche l’americana Shelley Winters.
Ne “I nuovi mostri” del 1978 Monicelli diresse due episodi esilaranti “First aid” e “Autostop”, seguì “Signori e signore buonanotte” e nel 1979 in “Viaggio con Anita” con Giancarlo Giannini e la giovane Goldie Hawn.
Nel 1980 fu la volta di “Temporale Rosy” che, nonostante la presenza del bravo Gerard Depardieu e il grande amore che dedicò, Monicelli a questo film non ebbe alcun successo.
“Camera d’albergo” del 1981, preludio di quel genere televisivo oggi chiamato reality non ebbe successo. Seguirono “Il marchese del grillo” (1981) premio alla regia al Festival di Berlino, “Amici miei” atto II (1982), “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” (1984), “Le due vite di Mattia Pascal” (1985), “Speriamo che sia femmina” del 1986 vincitore di due David di Donatello al film e alla regia e di un nastro d’argento, “I picari” (1988), il film tv “La moglie ingenua e il marito malato” (1989), “12registi per 12 città” (1989) in cui Monicelli firma la regia dell’episodio su la città di Verona, “Il male oscuro” (1990) tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Berto, “Rossini! Rossini!” (1991) anno in cui vinse il Leone alla carriera, “Parenti serpenti” (1992) dell’esordiente sceneggiatore Carmine Amoroso, “Cari fottutissimi amici” (1994), “Facciamo paradiso” (1995), “Panni Sporchi” (1999), “Come quando fuori piove” (TV 2000), e opere con un’impronta assolutamente politica e attuale come l’episodio di “Un altro mondo è possibile” (2001), “Lettere dalla Palestina” (2002), e nel 2003 “Firenze il nostro domani”.
Nel maggio del 2006, Mario Monicelli festeggia in Tunisia il suo 91esimo compleanno sul set del suo ultimo film “Le Rose del deserto”. La sua ultima fatica, il cortometraggio “Vicino al Colosseo c’è Monti”, viene prodotta da Alessandro e Gianvito Casadonte.
Nell’estate del 2010, da sempre lontano dalla retorica dei discorsi e delle commemorazioni, rifiuta la Legion d’onore. Lucido fino alla fine, è morto il 29 novembre 2010.