“Il convegno sulle valvole aortiche transcatetere è per noi non solo l’occasione di fare il punto su una procedura mini invasiva che ha inaugurato una nuova era in campo medico e di farlo insieme con personalità di caratura internazionale. Esso è anche un momento di sintesi, emblematico del modo in cui abbiamo sempre inteso fare il nostro lavoro e svolgere il nostro ruolo”. Così dice Giuseppe Failla, direttore generale del Sant’Anna Hospital di Catanzaro, nel giorno in cui ha preso il via il convegno internazionale di medicina. “Dieci anni fa – prosegue Failla – quando introducemmo la cardiochirurgia in Calabria, i nostri concittadini non avevano alcuna possibilità di essere curati se non fuori dalla regione, con costi economici e sociali elevatissimi. Oggi, l’emigrazione sanitaria per patologie cardiovascolari è ridotta a un livello quasi fisiologico e questo grazie anche alla nostra presenza. Il che significa avere dato un grande contenuto di senso alla nostra funzione di ospedalità privata accreditata. Questo aspetto è cruciale, anche perché troppo spesso si tende ad associare l’idea del “privato” in sanità a quella dello spreco di risorse pubbliche e non potrebbe esserci niente di più sbagliato. Infatti, un conto è duplicare l’erogazione di prestazioni finendo per fare concorrenza al pubblico; ben altro conto è quando invece il privato decide di investire in alta specialità, tecnologia, conoscenze e capitale umano per supplire all’assenza di un segmento indispensabile del sistema sanitario”. Per Failla “in questo caso, quella che si compie è non solo un’azione prevista e riconosciuta dalla legge ma soprattutto è un’azione che crea quella necessaria complementarietà pubblico-privato, che si risolve in un evidente vantaggio per la collettività. Questo è un dato del tutto acquisito nel nostro Paese, dove i sistemi sanitari regionali ritenuti comunemente più qualitativamente autorevoli, dalla Lombardia all’Emilia, presentano da lungo tempo, per l’Alta Specialità del Cuore, questo tipo di complementarietà. Avere ridotto, anche in Calabria, i costi sociali ed economici dell’emigrazione sanitaria è un dato straordinario. Intanto perché abbiamo dimostrato di non soffrire alcun complesso di inferiorità. E poi perché una prestazione di qualità erogata in regione significa prima di tutto evitare a un malato e ai suoi familiari i disagi e il peso di un soggiorno fuori, mentre per le casse pubbliche significa un costo prestabilito e soprattutto inferiore di circa il 10% rispetto a quello che sarebbe, se quella stessa prestazione venisse erogata in un’altra regione. Ecco perché da molto tempo ormai, man mano che sono cresciuti i volumi e la qualità delle prestazioni che abbiamo erogato e che ci collocano tra i primi posti in Italia, insistiamo nel chiedere, soprattutto alla Regione, la realizzazione compiuta di una rete dell’emergenza che copra efficacemente ogni anello della catena del soccorso, dal 118 alla sala operatoria, passando da quella di emodinamica”. Failla conclude con l’obiettivo, non solo per la sua struttura: “noi – dice il Direttore generale del Sant’Anna Hospital – siamo consapevoli di essere un’alta specialità ma l’obiettivo per tutti deve essere un intero sistema che sia tale, dove ognuno ha un suo compito definito e tutti concorrono a fare il risultato finale e cioè la risposta migliore possibile alla domanda di salute dei cittadini. Noi auspichiamo fortemente che questo accada, anche perché sembra coincidere con la volontà, più volte espressa dall’organo politico, di risanare e poi costruire un sistema sanitario degno di questo nome. Non è un obiettivo irraggiungibile. La nostra esperienza ci ha insegnato che la spesa di qualità non è un miraggio e soprattutto non è mai uno spreco. In poco più di dieci anni, abbiamo prima introdotto la chirurgia cardiovascolare in Calabria e progressivamente abbiamo acquisito e applichiamo oggi tutte le tecniche più innovative di diagnosi e di cura per dare risposta all’emergenza, sia coronarica che aortica. Abbiamo marcato un percorso di crescita che ci è riconosciuto a livello internazionale e il convegno sulla TAVI, con tutte le presenze che abbiamo registrato, ne è una prova tangibile. Ebbene noi pensiamo che, al di là dei sacrifici, del lavoro e dell’abnegazione che ci abbiamo messo, a cominciare dal nostro personale, questo risultato non sia qualcosa di straordinario o “anormale”; certo, ci inorgoglisce ma è la logica conseguenza di scelte razionali che abbiamo compiuto e obiettivi chiari che abbiamo raggiunto. Vorremmo anzi uscire dalla condizione di straordinarietà e rientrare nell’orbita di un sistema regionale ordinario. Nella normalità cioè. Noi e – ci sia consentito – insieme con noi, i cittadini calabresi”.
Il Giornale di Calabria – 27 maggio 2011