Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta indirizzata alla direttrice del Teatro Stabile di Catania, dopo la querelle apparsa su alcuni organi di informazione a firma di Ersilia Saverino, Presidente Assemblea Provinciale PD Ct, e Camillo Sanguedolce, Responsabile Cultura del Circolo Cultura e Società PD Ct: <<Gentile Signora Sicignan o,forse sì, siamo anche gattopardeschi come lei dice al Corriere della Sera, e vogliamo che tutto cambi perché tutto rimanga se stesso. O forse sono tante le verità differenti che in noi siciliani convivono. Siamo gattopardeschi perché vorremmo conservare la nostra identità, un’identità culturale millenaria, e siamo gattopardeschi perché abbiamo l’ardire di pensare che si possa conservare tutto questo aspirando al cambiamento. Perché ci sono cose che vanno necessariamente cambiate e rinnovate profondamente, ed altre devono conservare l’identità che le ha sempre contraddistinte. E perché il cambiamento via sia e sia proficuo, e sincero, è necessaria la conoscenza. Quando è stata nominata direttore del T.S.C. in molti abbiamo tirato un sospiro di sollievo: finalmente qualcosa di nuovo, finalmente una donna. Consapevoli che una donna possa e sappia fare anche meglio di un uomo. Ma la speranza è stata presto delusa, e a questo punto poco importa il sesso del direttore di un teatro, perché lei, gentile Sicignano, si è arroccata nel suo ufficio senza mai confrontarsi con i “catanesi estremamente espansivi, cerimoniosi e a volte chiacchieroni” come ci descrive.
Lei ha trovato un teatro in via di ripartenza grazie all’azione puntuale e attenta del commissario che l’ha preceduta ma nonostante ciò non ha certo creato quel clima di serena collaborazione che in tanti auspicavamo per garantire una crescita significativa. Bisogna avere nel proprio bagaglio, professionale e umano, propensione all’ascolto e apertura mentale, per integrare le proprie idee con la realtà in cui si interagisce. Siamo “estremamente cerimoniosi”? forse, anche, ma è soprattutto rispetto, e nel rispetto dell’interlocutore che si vede la reale capacità di un amministratore, artistico o politico che sia, aldilà di facili etichette.
Dunque perché dei catanesi, attori e tecnici e amministrativi, i più anziani dei quali con una esperienza lunga più di mezzo secolo sulle spalle, dovrebbero restare in silenzio quando vengono pubblicamente denigrati? da una direttrice che ha mostrato solo arroganza e preconcetti sterili da dualismo nord-sud, uomo-donna, immobilismo-efficienza relegandoci tutti nel bianco e nero degli anni cinquanta grazie ad una descrizione macchiettistica di un teatro con
” linguaggi artistici fermi agli Anni ’50”. E così ci ritroviamo sulla pagina di un quotidiano nazionale in cui appare chiara la sua volontà a non comprendere il territorio per riuscire a cambiarlo. Dall’interno! ché i cambiamenti più proficui sono quelli che avvengono sempre dall’interno! E così le tante reazioni: perchè sminuire ciò che è stato fatto prima di noi, piuttosto argomentare, esprimere idee di pacificazione e inclusione dimostrando empatia e partecipazione e magari prospettive valide, senza mai dimenticare la storia del Teatro Stabile di Catania, i tanti nomi che lo hanno fatto grande senza il cui lavoro, i differenti linguaggi, non si sarebbero formate le nuove generazioni di attori e registi catanesi e siciliani.
Tutto si trasforma, certo, ma qualcosa serve resti morbidamente cosi com’è. Nella fattispecie, la storia di innegabile qualità del Teatro Stabile. Forse lo scandalo del Teatro vecchio sta nel fatto che noi abbiamo avuto e sempre avremo il teatro di tradizione: questa è cosa forse difficile da comprendere per chi è stretto nel bozzolo di una formazione che è da leggere, dopo tali dichiarazioni, come limitante. Siamo dunque e sempre saremo gattopardeschi e pirandelliani insieme, con buona pace di chi ci vuole altrimenti. Perchè essere gattopardeschi è in ultimo una dimensione dello spirito, il ricercare la bellezza, la grazia, nutrire il sogno. E grazie, per averci ricordato che abbiamo una dignità artistica e culturale da conservare e non certo con i soli ingredienti della “pazienza e determinazione”, e non solo con questi guadagneremo l’auspicata innovazione, il cambiamento, un nuovo incedere che dobbiamo alle generazioni future. Che poi lei sia di genere femminile, e ben sappiamo quanto questa terra avrebbe bisogno di essere governata dalle donne, in questo nostro incontro, non ha avuto alcun peso specifico. Purtroppo, per la Città e per Lei. Cordialmente.>>