“L’unione europea deve attuare una politica dell’accoglienza concertata con i singoli stati. In quest’ottica Frontex non può rimanere solo un ufficio burocratico ma deve essere realmente operativo. Il sindaco diCatania, Enzo Bianco, intervenendo all’incontro sull’immigrazione a cura del Parlamento europeo (Ufficio di informazione in Italia), dal titolo Accoglienza e condivisione: dall’emergenza all’integrazione”, che si è svolto ogginell’aula magna del Monastero dei Benedettini, tra l’altro, ha detto: “Di fronte a questo fenomeno di migrazione di massa siamo stati incapaci di gestire la situazione anche perché l’intero dramma è ricaduto sull’Italia. Siamo rimasti soli: l’Europa ci ha abbandonati.
“Unatteggiamento – ha continuato Bianco – che arriva al paradosso che l’Ue stanzia più fondi in favore del respingimento, attuato da altri paesi come la Spagna, piuttosto che per l’accoglienza che operiamo noi. Questo comporta condizionidrammatiche per i nostri comuni, penso a Catania ma anche ad Augusta, a Pozzallo, a Portopalo che non sono strutturati per affrontare questa emergenza. Adesempio, i minori sono a carico delle amministrazioni comunali perché un tempo il loro numero era risibile mentre adesso sono tantissimi. Oltre a ciò ci sono anche i disagi diretti alla popolazione come, ad esempio, l’utilizzo per l’accoglienza dei palasport che così vengono sottratti alle normali attività”.
“L’unione europea –ha aggiunto il sindaco di Catania – deve attuare una politica dell’accoglienza concertata con i singoli stati. In quest’ottica Frontex non può rimanere solo un ufficio burocratico ma deve essere realmente operativo. Ed in più: deve essere finanziato anche il soccorso in mare. Tutti si devono rendere conto che ci giochiamo una partita molto importante attraverso le politiche diintegrazione”.
“Oggi solleviamo ilvelo su un problema molto grave – ha concluso Enzo Bianco – che ci tocca più di quello che sembra. Ad esempio vi rivelo una curiosità: in dialetto siciliano utilizziamo il termini mischini per identificare coloro che sono in difficoltà, in arabo il termine è uguale e cioè miskin che vuol dire poveraccio. Un’unione che ho colto molto forte davanti alla 15 bare, di 2 uomini e di 13 donne, il cui funerale si è tenuto nel cortile nel Palazzo della Cultura a Catania qualche settimana fa. Non dimenticherò mai quella cerimonia interreligiosa, con l’imam di Sicilia, il nostro Arcivescovo e un prete copto, che celebravano insieme il rito funebre. Un momento tragico ma, allo stesso tempo, di grande speranza perché eravamo tutti insieme, uniti nel dolore, perché non è detto che debba vincere sempre l’odio di religione o di razza”.