toninelliCambiamo Messina dal Basso scrive all’ On. Danilo Toninelli, Ministro delle Infrastrutture e Trasporti.: <<Gent.mo Sig. Ministro, il Movimento Cambiamo Messina dal Basso ha visto il Movimento 5 Stelle, con particolare riferimento alla sua deputazione messinese e al MeetUp Grilli dello Stretto, al fianco di attività e manifestazioni politiche volte a rivendicare la necessità impellente di una completa riorganizzazione del sistema portuale di Messina e di attraversamento dello Stretto.

Le priorità più pressanti ruotano essenzialmente attorno alle seguenti problematiche:

1. Continuità territoriale

2. Recupero dell’affaccio al mare urbano

3. Rilancio delle attività produttive e dell’economia del mare

Problematiche che sono molto più interconnesse di quanto, a prima vista, possano apparire e per cui desideriamo spendere alcune riflessioni che speriamo possano essere utili nelle scelte che dovrà compiere all’interno del suo mandato politico.

 Continuità territoriale

Il sistema attuale sembra basarsi su un “comodo equilibrio” che comporta costi elevati e disservizi per il cittadino e introiti non commisurati per poche famiglie. Equilibrio garantito da un delicato intreccio di norme, cavilli, spazi compartimentati, frazionamento delle governance delle due sponde e dalla presenza di un competitor pubblico, appartenente al gruppo FS, che svolge il ruolo di utile comparsa. Emblematica, a tal proposito, l’ultima beffa del Bus di una Società, anch’essa del gruppo FS, che collega Cosenza a Catania e che transita nello Stretto a bordo delle navi del gruppo privato Caronte & Tourist. Quest’ultima circostanza è stata peraltro denunciata, tra gli altri, anche da esponenti di spicco del M5S.

Date le premesse, il tema, più ampio, della continuità territoriale riteniamo non possa essere di secondo piano nell’azione di questo Governo. La competenza diretta dello Stato in un sistema di trasporti di interesse nazionale (come attesta l’appartenenza alle Autorità di Sistema portuale) e di natura interregionale è stato sempre visto, in maniera certamente inopportuna, come un ostacolo all’intervento specifico degli enti locali e delle Regioni di appartenenza. Va anche detto che i principi ispiratori del concetto di “continuità territoriale” sono da ricercare proprio nella Costituzione (art. 3 e 16), così come la materia dei trasporti interregionali. Attualmente il ruolo dello Stato è invece estremamente marginale, ridotto a una concessione ad RFI relativa al “collegamento ferroviario via mare fra la penisola e, rispettivamente, la Sicilia e la Sardegna” (DM 138/T del 31 ottobre 2000, art. 2 lett. e). Da questa concessione i servizi passeggeri appiedati, le auto e gli automezzi commerciali sono tassativamente esclusi, con conseguenti ovvie ricadute negative soprattutto per gli abitanti e i pendolari delle due sponde dello Stretto.

Va ricordato che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella sua adunanza del 17 aprile 2002 deliberava che “il comportamento posto in essere da Tourist Ferry Boat Spa, da Caronte Spa, da Navigazione Generale Italiana Spa, consistente nell’applicazione di tariffe predatorie, costituisce una grave violazione dell’articolo 3 della legge n. 287/90” (provvedimento n. 10650 ( A267 )), evidenziando i continui rincari (si sono rilevati aumenti, negli ultimi tre anni, fino al 53% per le autovetture, fino al 150% per i passeggeri appiedati, fino al 90% per i mezzi pesanti) e che il costo dei biglietti risulta il più elevato in Europa per km come rilevato da un report promosso dall’Ufficio Statistica del Comune di Messina e il più elevato per l’attraversamento di Stretti inferiori a 10 nm in relazione all’indice Eurostat. Dodici sindaci dell’area dello Stretto, in particolare i sindaci pro tempore di Messina, di Villa San Giovanni, di Calanna, di Cardeto, di Scilla, di S. Roberto, di S. Alessio in Aspromonte, di Bagnara Calabra, di Laganadi e di Santo Stefano in Aspromonte, e i rappresentanti delle due ex Province di Messina e di Reggio Calabria, hanno sottoscritto un documento, trasmesso all’allora Ministro dei Trasporti On. Maurizio Lupi con prot. del Comune di Messina n. 270637 in data 15 novembre 2013, in cui si rilevava “il costante, rimarchevole, peggioramento dei servizi di collegamento tra le due sponde dello Stretto in termini di frequenza e di velocità fin dagli anni ’70 dello scorso secolo e segnatamente negli ultimi anni” e si evidenziava “la ormai ineludibile necessità di un deciso impulso alla ricostruzione di un servizio integrato di collegamenti che assicurino la continuità territoriale costituzionalmente garantita”.

A far da contraltare alle richieste della collettività di un intervento deciso volto al contenimento dei costi e alla modifica delle modalità di attraversamento, un costante disinvestimento del servizio pubblico, con la continua riduzione dei transiti ferroviari.

In tal senso riteniamo fondamentale attribuire alla flotta pubblica un ruolo diverso da quello di semplice competitor “scarso”. La società ha tutte le carte in regola, se c’è la volontà politica, per porsi a garanzia della reale continuità territoriale effettuando una concorrenza al privato reale, laddove si parla servizi commerciali e svolgendo un ruolo sociale, relativamente alle comunità che abitano le due sponde. Il ruolo sociale, teso al raggiungimento della continuità territoriale dovrebbe includere tariffazioni agevolate per i residenti e per i pendolari (non solo appiedati ma anche con auto al seguito), garanzie di trasporto a tutte le fasce orarie (incluse quelle notturne), frequenza delle corse, trasporto di mezzi TPL. In questo modo si creerebbe un raddoppio virtuale di utenza per ogni servizio erogato in una delle due sponde dello Stretto, favorendo la nascita un vera conurbazione dello Stretto e la creazione di un polo culturale, sociale ed economico di prima grandezza nel sud Italia.

Recupero dell’affaccio al mare urbano

Non meno importanti le vicende che hanno riguardato, dal 1994 ad oggi a seguito della legge 84/94, la gestione delle aree cittadine che si affacciano al mare. Il decreto del Ministero dell’Infrastrutture e Trasporti che ha individuato la circoscrizione territoriale della locale Autorità Portuale ha infatti definito la ripartizione tra aree urbane e portuali con un colpo di accetta, includendo, tra le seconde pezzi, pregiati e storicamente a vocazione civica quali la cittadella fieristica, il lungomare cittadino, un parco alberato, un parco giochi attrezzato e addirittura strade di viabilità ordinaria. I circa 5 km di affaccio al mare del centro cittadino sono infatti transitati tout court all’AP con la conseguenza che le stesse aree sono diventate inaccessibili al cittadino o soggette al pagamento di canoni concessori da parte del Comune. Da qui il paradosso per cui un Ente pubblico (peraltro in procedura di pre-dissesto) si trova a pagare un altro Ente pubblico per permettere ai propri cittadini di usufruire di aree, necessarie per la qualità della vita e lo sviluppo sociale ed economico del tessuto urbano, storicamente di propria competenza. In pratica un’operazione che ricorda l’imposizione di “un pizzo di Stato”.

La titolarità di queste aree è stata formalmente rivendicata dall’amministrazione comunale (nel periodo 2013-2018) tuttavia il processo di ridefinizione dei confini non ha ancora portato a sostanziali variazioni. Un intervento ministeriale in tal senso sarebbe risolutivo di una questione annosa che accomuna a Messina, diverse altre città portuali. Più specificatamente, si chiede che la circoscrizione dell’Autorità Portuale di Messina sia rideterminata con l’inclusione delle sole aree effettivamente portuali (non tenendo conto di quelle che appaiono inserite ad hoc nel PRP ancora in fase di approvazione), lasciando quindi le rimanenti aree demaniali alla libera fruizione pubblica o dandole in concessione gratuita e perpetua al Comune di Messina per destinarle al raggiungimento dei suoi scopi istituzionali.

Particolarmente dolorosa è stata la vicenda del quartiere fieristico, inspiegabilmente ricompreso nella circoscrizione territoriale dell’A.P. di Messina, vanto del Novecento messinese per aver ospitato la più antica e una delle più prestigiose fiere italiane, ricca di eventi culturali di primissimo piano (Rassegna Internazionale del Cinema Italiano, che per lungo tempo contese il primato in Europa alla Rassegna Cinematografica di Cannes e di quella di Venezia), fallita inesorabilmente al passaggio di competenze, stanti gli esosi canoni portuali (!) stabiliti dall’Autorità (con tanto di arretrati richiesti). 55 mila metri quadri, di assoluto pregio architettonico e urbanistico, con giardini secolari e un lungomare invidiabile, oggi versano nell’abbandono e nell’incuria, separati con una cancellata dalla possibilità fruizione pubblica, anche solo parziale. Del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1038 del 25 settembre 1955, che all’art 21 recita “Avvenuto lo scioglimento dell’Ente [ente Fiera], gli immobili costruiti sulle aree cedute dal Comune di Messina, saranno trasferiti al Comune medesimo”, sembra non essere rimasta traccia. L’Ente, in scioglimento a seguito del fallimento nel 2012, ormai ha chiuso i battenti e il quartiere, come un buco nero in centro città, continua a essere gestito dall’Autorità Portuale. Il pallone è mio e preferisco scoppiarlo piuttosto che giocare assieme agli altri. Si segnala, a tal proposito, la più volte manifestata intenzione (da parte per altro di un Commissario che non dovrebbe portare avanti progettazione strategica e che risulta ormai alla guida dell’AP ininterrottamente dal 2012) di consegnare l’intera area a privati stranieri per la realizzazione di un vasto spazio terminalistico. In pratica ciò che è stato uno spazio di promozione economica, ricreativo e culturale di primaria importanza per la città di Messina per oltre un secolo, viene sottratto alla fruizione pubblica e consegnato a una proprietà privata, i cui profitti, generati sulle spalle dei messinesi andranno ridistribuiti all’estero.

La piattaforma politica “Mare Negato”, che ha visto impegnati i nostri due movimenti e diverse altre sigle e associazioni, ha messo recentemente al centro del dibattito politico cittadino questi argomenti, suscitando grande attenzione mediatica e partecipazione popolare.

Un’altra vicenda che merita grande attenzione è quella relativa al recupero delle aree della cosiddetta zona falcata, ovvero la grande area falciforme che costituisce il nucleo storico del porto cittadino. Un tentativo di speculazione edilizia, a danno dell’ambiente e delle attività produttive, è stato portato avanti, negli anni passati con la redazione di un Piano Regolatore Portuale improntato sulla speculazione edilizia che prevedeva grandi torri per uffici di 60 m, alberghi e ben 3 porticcioli turistici (senza alcun piano di sostenibilità degli stessi). Il cosiddetto “Patto per la Falce”, siglato nel gennaio 2016 da Regione, Comune e AP, prevedeva una riduzione sostanziale degli indici di cubatura e la rimozione delle funzioni alberghiere e di porto turistico a vantaggio della creazione di un parco urbano e archeologico e il recupero della cittadella seicentesca. Tale riduzione doveva avvenire in sede di VAS, eppure, alla sua pubblicazione (novembre 2017) di tutto ciò non c’era traccia, sollevando le ire e le opposizioni formali di molti cittadini (oltre al Movimento Cambiamo Messina dal Basso, Legambiente, Italia Nostra, CUB). La VAS, oltre a riproporre per intero gli indici di cubatura e le funzioni preesistenti, presentava grossolane valutazioni in materia ambientale, faunistica e floreale e evidenti anacronismi continuando, ostinatamente, a imperniarsi attorno alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Pur essendo abbondantemente trascorsi i termini in cui l’autorità procedente avrebbe dovuto provvedere a dare pubblicità delle opposizioni pervenute, dare risposta e aggiornare i contenuti del Piano, ad oggi non si ha nulla di tutto ciò. Alla luce di tutto ciò, le recenti dichiarazioni a mezzo stampa del Commissario “perpetuo” che fanno presagire speculazioni edilizie in aree che in precedenza erano il vanto cittadino della cantieristica, “aree ormai non più interessanti”, non possono che farci ulteriormente preoccupare.

Rilancio delle attività produttive e dell’economia del mare

Messina è il più importante porto passeggeri d’Italia, il terzo nel Mediterraneo e il decimo d’Europa, con poco meno di 8 milioni di passeggeri ogni anno (Eurostat). Attorno a questa grande risorsa naturale, che è la richiesta di transiti tra la Sicilia e l’Italia, si sono sviluppate, nel tempo, numerose attività produttive, alle volte vero e proprio vanto nazionale. Basti pensare alla cantieristica specializzata nella lavorazione dell’alluminio e nella costruzione di aliscafi (a Messina, negli anni 50, i cantieri Rodriquez furono i pionieri di questa tecnologia). Negli anni ’90 il comparto arrivò ad occupare oltre 20 mila persone, divenendo indubbiamente una delle maggiori fonti di sostentamento per le famiglie di Messina e della provincia. Da allora, il sistema ha percorso un continuo, inesorabile, declino fino ai minimi storici odierni.

Certamente numerose sono le cause e non tutte di facile comprensione e soluzione, tuttavia riteniamo che il sistema portuale messinese abbia subito ingiuste penalizzazioni che l’hanno, nel tempo, danneggiato.

Oggi abbiamo assistito con grande favore al cambio di direzione che il governo sembrerebbe intenzionato a compiere nel processo di riorganizzazione dei sistemi portuali. I rischi di un accorpamento della governance locale (per la verità, a nostro giudizio, deficitaria) a quella di Gioia Tauro, e ancor di più quello paventato accorpamento con Catania-Augusta, chiesto a gran voce dalla politica siciliana e dai traghettatori privati per motivi facilmente intuibili, erano sotto gli occhi di tutti. Accorpamenti temuti perché è facile presagire come scali a vocazione affine, quali in particolare quello catanese, attualmente nei numeri in forte ritardo sul crocerismo e sulle autostrade del mare, e quello di Augusta – Priolo per il petrolchimico comporterebbe una pericolosa concorrenza interna con il rischio di forte penalizzazione per chi si troverebbe a rivestire una condizione di maggior debolezza politica.

La richiesta di una governance autonoma non è un capriccio campanilista, quanto come una normale ottimizzazione di un sistema che ha una vocazione specifica e che di questa vocazione deve fare il rilancio dell’economia locale. Il traghettamento nello Stretto è infatti certamente un unicum nazionale, non paragonabile con nessun altra realtà, ed è assurdo constatare come oggi le due sponde siano separate da un braccio di mare burocratico che le vede assoggettate a due Autorità differenti e non dialoganti (e così rimarrebbe nel caso di accorpamento a Catania). Un’Autorità del Sistema Stretto invece garantirebbe un “Ponte sullo Stretto istituzionale” (vera risposta ai sostenitori del Ponte di ferro) che unirebbe, nelle scelte e nei servizi, le due sponde. Questo passaggio, riteniamo, sia l’unica possibilità per risolvere definitivamente l’annosa questione del passaggio dei TIR nel centro città, così come in quello di Villa S. Giovanni, aggravato da forti problemi di coordinamento tra i gestori degli scali. Tuttavia, anche su questo punto, che sembra di grande buonsenso, vede ad oggi interventi politici tesi a continuare a frammentare le governance dello Stretto. Inevitabile pensare come due Autorità distinte facciano, e abbiano da sempre fatto, il facile gioco di chi continua a lucrare sulla disorganizzazione del traghettamento.

Altro capitolo fondamentale per il rilancio del lavoro è la conclusione sospirata del porto di Tremestieri. Un’opera per cui la collettività ha investito oltre 100 milioni di euro e quindici anni di iter e che ancora non riesce a dare i suoi frutti. Il nuovo porto significherebbe un piazzamento di primo piano dello scalo nell’importante partita delle autostrade del mare, riducendo i costi ambientali e infrastrutturali del trasporto di persone e merci collegando la Sicilia al nord Italia e agli altri paesi mediterranei. Inoltre consentirebbe il decongestionamento urbano dall’insostenibile transito dei TIR dal centro cittadino, ipotesi che ha da sempre trovato le resistenze degli autotrasportatori e delle compagnie di navigazione per garantirsi il consolidamento della condizione di monopolio di fatto. L’annessa piattaforma logistica costituirà un’occasione di ulteriori posti di lavoro per l’indotto del trasporto, nonché un’ulteriore occasione per delocalizzare dal centro cittadino attività di indotto a forte impatto urbano .

Infine, desideriamo ricordarle che il porto di Messina possiede, ma solo sulla carta, un’area di circa 144 mila mq che gode dello status di Punto Franco, all’interno della zona Falcata che beneficia, in attuazione alla legge n. 191 del 1951, di importanti sgravi fiscali e che quindi, se attivato, consentirebbe un importante impulso per il porto specialmente per il settore di import export e di trasformazione di beni e servizi ad alto valore aggiunto. Va ricordato a tal proposito che l’intervenuta normativa europea non consente di creare nuovi porti franchi e che, pertanto, non approfittare di questa occasione sarebbe un peccato non solo per Messina ma per tutto il Paese.

Certi che questo intervento sarà accolto con la giusta considerazione, Le porgiamo cordiali saluti e l’augurio di buon lavoro.>>

 

 

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