Riceviamo e pubblichiamo: <<Il cosiddetto caso “Tendagate” non smette di creare paradossali e grotteschi ribaltamenti di prospettiva sui fatti accaduti lo scorso 31 agosto e nei giorni immediatamente successivi. Il deposito delle motivazioni della sentenza emessa dal giudice monocratico rovescia quasi del tutto lo scenario proposto al tempo dei fatti dai media, da uomini e donne delle istituzioni cittadine, dalle organizzazioni sindacali di categoria.
Ricordiamo solo che gran parte di essi proposero una versione dei fatti a tutto favore del vigile ferito e volta a tratteggiare un profilo degli imputati incline alla devianza. I filmati trasmessi in quei giorni nel corso dei telegiornali locali e nei social network, sottoposti a tagli evidentemente inopportuni, contribuirono a veicolare una prospettiva parziale ed equivoca dell’accaduto e a riconfigurare gli eventi in una fattispecie di ordine pubblico, svilendo così gli aspetti politici e sociali legati all’uso/abuso dei TSO sui soggetti più “scomodi” e “disturbanti” della nostra società.
Dalla sentenza del giudice, però, e soprattutto dalle motivazioni, emerge che i due giovani imputati risultano scagionati dalle accuse di lesioni aggravate e di oltraggio a pubblico ufficiale, mentre è riconosciuta loro la colpa di resistenza “psicologica”, e che la condotta dell’ispettore capo Marcello Vita è rinviata all’esame del Pubblico Ministero per la valutazione del reato di calunnia, falsa testimonianza e falsità commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico.
Ciò che era sembrato chiaro ai testimoni presenti ai fatti, e che probabilmente non poteva lasciare molto spazio a dubbi neanche a chi aveva avuto soltanto la possibilità di visionare i filmati nella versione integrale, risuona oggi nelle pesantissime parole usate dal giudice.
Ci si sarebbe aspettati, in una simile evenienza, un coro di mea culpa, per l’avventatezza con cui si era levato da parte di stampa, politica e sindacato, il quasi unanime j’accuse nei confronti degli imputati e dell’assessore solidale. Invece, dopo tanta loquacità, un incredibile silenzio da parte di chi non ha esitato ad esporsi pubblicamente sul caso accoglie la pubblicazione delle motivazioni, che porta con sé la scoperta, per alcuni sconcertante, per altri no, che l’uomo in divisa non era ontologicamente più degno di credito di tanti altri semplici cittadini.
Pertanto, la recente nota con cui l’assessore Ialacqua richiede all’amministrazione comunale – sindaco, assessore alla mobilità urbana, segretario generale, comandante dei vigili urbani, avvocatura – l’avvio delle necessarie procedure interne per accertare le responsabilità ed assumere eventuali provvedimenti appare un atto isolato, ingenuo e dirompente, come il grido del bambino – “il re è nudo” – in mezzo ad una folla ammutolita. Inspiegabile, a questo punto della faccenda, la replica piccata del comandante Ferlisi, che dovrebbe capire meglio di chiunque altro che la richiesta di un’inchiesta interna non può essere intesa in alcun modo come un tentativo di delegittimazione delle forze dell’ordine ma mira semmai a preservarne l’onorabilità definendo le responsabilità dei singoli.
Ancora più sorprendente e inaccettabile, poi, l’ingerenza del comandante in merito alle scelte politiche del sindaco, al quale è rivolto l’invito di Ferlisi a mettere in discussione il mandato dell’assessore.
Resta infine assai difficile da comprendere come e se Ferlisi possa gestire con il dovuto equilibrio il “conflitto di interessi” che si viene a creare in circostanze come queste, nelle quali viene interpellato nella sua doppia veste di responsabile dei vigili urbani e dirigente dell’avvocatura comunale.
Alla luce delle numerose incongruenze di questo strano caso, il Movimento CMdB chiede al Sindaco e all’intera Giunta di pronunciarsi pubblicamente e in modo univoco:
1. sulla necessità di fare chiarezza sui fatti anche per vie interne, fatte salve le garanzie costituzionali, e di non attendere con passività e indifferenza la conclusione dell’iter giudiziario;
2. sulla necessità di un rispetto autentico e leale dei ruoli istituzionali, senza che qualcuno possa pensare di indulgere ancora in difese corporativistiche che rischiano di danneggiare moralmente la stessa corporazione che si crede di proteggere e l’intera comunità cittadina;
3. sulla necessità di risolvere nel tempo più breve possibile la palese condizione di conflitto di interessi del comandante/dirigente Ferlisi.>>