Chiunque intenda cambiare il proprio nome o aggiungerne un altro oppure voglia cambiare il cognome perché ridicolo o vergognoso o perché rivela origine naturale può farne domanda. Uno schema di regolamento approvato dal Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011 semplifica le procedure, con significativi elementi di snellimento e innovazione.
Con il DPR del 3 novembre 2000, n. 396, sul “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile”, la competenza in materia di cambiamento del cognome era stata già trasferita dal Ministero della Giustizia a quello dell’Interno.
La complessità del procedimento la cui durata media, pur ridotta dagli iniziali tre anni agli attuali sedici-diciotto mesi, resta elevata- determina evidenti disagi per i cittadini.
Ora, l’intera materia passa alle Prefetture, rendendo più celeri i procedimenti in esame, con evidenti vantaggi per i cittadini.
Sul provvedimento verranno acquisiti i pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari.
Il Ministero dell’Interno continuerà tuttavia ad emanare direttive e linee interpretative, per assicurare la necessaria coerenza normativa e l’omogeneità dell’applicazione.
Su tale realtà molto ha contribuito l’evoluzione della giurisprudenza, resasi interprete delle crescenti aspettative della società civile, che vedono, nell’aggiunta del cognome materno a quello paterno, l’effettiva parificazione dei coniugi prevista dall’articolo 29 della Costituzione con l’obiettivo di adeguare la legislazione alle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, che hanno ritenuto legittima la richiesta, sempre più frequente, di aggiunta del cognome materno a quello paterno.
Le istanze più frequenti, infatti, sono riconducibili a tre tipologie :
1. la richiesta di aggiunta del cognome materno a quello paterno: queste domande, in costante incremento, vengono solitamente accolte se presentate da persona maggiore di età, ovvero riguardano un minore e sono corredate dal consenso di entrambi i genitori;
2. l’istanza della donna divorziata o vedova risposata che chiede di aggiungere per i figli il cognome del nuovo marito a quello del primo marito: anche in questo caso la modifica del cognome è normalmente concessa, mentre vengono respinte, tranne casi eccezionali, le domande volte a sostituire il cognome del nuovo marito a quello del primo;
3. l’istanza del neocittadino italiano che, in sede di concessione della cittadinanza, si vede assegnare il cognome paterno, diverso da quello con il quale era identificato all’estero e chiede di modificarlo per ricondurre ad unità le documentazioni.
Lo schema di regolamento, che d’ora in poi riguarda le singole Prefetture, è costituito da otto articoli, di cui in sintesi i punti fondamentali sono i seguenti:
– circoscritte le modifiche e le abrogazioni al Titolo X del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, vengono affidate al Prefetto competente per territorio l’intera procedura, attualmente ordinata fra centro e periferia, per adeguare la legislazione alle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, che hanno ritenuto legittima la richiesta, sempre più frequente, di aggiunta del cognome materno a quello paterno;
– prevede la pubblicazione all’albo pretorio del comune di nascita e di residenza del richiedente, dell’avviso contenente la domanda di cambiamento del nome e del cognome, autorizzata dal Prefetto con proprio decreto;
– prevede, per eventuale opposizione alla domanda, il termine di trenta giorni sia dall’affissione sia dalla notificazione;
– prevede, modificando l’articolo 92 del d.P.R. n. 396, la notificazione ai controinteressati, così salvaguardando il principio della permanenza di una potestà discrezionale dell’autorità amministrava a pronunciarsi sulla domanda.
Le modifiche introdotte impongono la clausola di invarianza della spesa e l’entrata in vigore del nuovo regolamento sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Fonte: governo.it