Ho partecipato con piacere al convegno organizzato dall’ANDE (Associazione Nazionale Donne Elettrici) presso la Camera di Commercio di Catanzaro. L’incontro, dal titolo “Dal regionalismo all’autonomia differenziata: ieri, oggi, domani” si è focalizzato su uno dei temi più caldi del momento, ovvero l’autonomia differenziata e in particolare il Disegno di Legge redatto dal Ministro Roberto Calderoli e approvato recentemente all’interno del Consiglio dei Ministri. Durante la mia relazione ho voluto esprimere tutte le mie perplessità riguardo i dettami di questo testo e le prospettive alle quali questo testo, qualora diventasse vigente, condannerebbe il nostro Paese e, in particolare, le regioni meridionali.
Al di là dei vizi formali presenti all’interno del disegno di legge, ho voluto esprimere innanzitutto le mie perplessità sull’origine di questo testo e sul suo promotore. Questa proposta di autonomia differenziata proviene da quel partito, la Lega Nord che da oltre 25 anni ha fatto della secessione delle regioni meridionali uno dei propri cavalli di battaglia, che non si è mai dimostrata vicina ai valori fondanti dell’Unità d’Italia, alle istituzioni nazionali e al Tricolore. Partito che affida questa proposta ad un personaggio che non ha esitato a chiamare “orango” un Ministro della nostra Repubblica perché di colore. Ho espresso le mie perplessità anche sui tempi di questa proposta, che, guarda caso, ha visto una prepotente accelerazione proprio alla vigilia delle elezioni regionali, in particolare quelle della Lombardia, nel tentativo di racimolare qualche voto in più.
Entrando poi nel merito della questione, ho voluto esprimere tutto il mio dissenso verso quella che, ad oggi, si presenta come un vero e proprio salto nel buio. Infatti, sebbene la base da cui partire per questa riforma, sia la parificazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a livello regionale, è evidente come questo nuovo assetto, qualora introdotto, tenda a penalizzare in maniera sempre più gravosa le regioni meridionali. Garantire i LEP, infatti, vuol dire garantire la sopravvivenza di una comunità, con il minimo che risulti accettabile, ma non prevede in alcun modo una crescita o uno sviluppo di un territorio. Dopo aver garantito i LEP all’interno delle “regioni più povere”, le altre potranno comunque investire il surplus generato dalla loro fiscalità, aumentando la qualità di tutti i loro servizi in maniera sempre più crescente, divenendo sempre più attrattive. Di conseguenza, nel giro di qualche anno il divario tra Nord e Sud, tra regioni più ricche e regioni più povere andrà sempre e comunque ad aumentare. Senza considerare come ancora sia tutta da valutare l’incidenza per lo Stato del costo dei LEP.
Come abbiamo visto in Germania, all’indomani della caduta del Muro di Berlino, la realizzazione di un vero e proprio Stato federale deve passare necessariamente da un intervento massiccio e una regia del Governo centrale che possa veramente rendere paritario il “punto di partenza” da cui tutte le regioni devono poi “gestirsi” alla vigilia dell’autonomia. Questo testo di legge, così come lo conosciamo oggi, umilia la nostra storia. Mi batterò con tutte le mie forze affinchè ciò non avvenga. Se il Nord è, oggi, la locomotiva d’Italia lo è anche grazie a tante braccia, gambe, menti meridionali che hanno fortificato e impreziosito il tessuto socio-economico settentrionale. Sono sempre più convinto che non possa esistere un’Italia forte senza un Sud forte.