519e9af3-a222-48fe-83d2-091777fc2bea_mediumIl Coronavirus è la bestia invisibile che ci sta terrorizzando da oltre tre mesi e lo fa al punto che ci ha obbligati a cambiare radicalmente il nostro modo di vivere la quotidianità.  Tutte quelle che prima erano certezze ed abitudini si sono drasticamente ridotte e modificate, costringendoci a cambiarle per evitare di correre dei rischi seri che, in tanti casi, si sono tramutati in decessi. Però, è anche altrettanto vero che dalle difficoltà, anche quelle che sembrano insormontabili  si possono trarre importanti spunti di riflessione che ci fanno comprendere meglio e più a fondo il senso dell’essere.

Con l’esperienza del virus abbiamo imparato a riscoprire valori fortemente sopiti della società civile che li ha sacrificati sull’altare della modernità, del tecnicismo e della prevaricazione, questi valori, riportati alla luce al tempo del coronavirus, sono:  la solidarietà e l’altruismo, la socializzazione, la civiltà dell’essere parte integrante del bene comune, la centralità dello Stato, il patrimonio inestimabile della sanità pubblica e gratuita, la cristianità e tanti altri valori che già facevano parte del nostro bagaglio socio-culturale d’un tempo. Ma forse, la cosa più importante è che abbiamo preso finalmente coscienza di quanto l’essere umano sia “fragile e vulnerabile” di fronte all’elemento fondamentale della nostra vita stessa, ossia la paura della morte, basta soffermarci per un attimo per comprendere l’importanza del dono grandioso che ci è stato fatto dall’Onnipotente creatore…la vita!

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Ora, dopo questa drammatica esperienza, che per fortuna non ha colpito l’intero Paese, dobbiamo ripartire cercando di rimediare agli errori di questi ultimi decenni che hanno determinato un graduale depotenziamento della sanità pubblica a vantaggio di quella privata, azione ritenuta da tutti infausta e che ha lasciato profonde cicatrici sul tessuto sociale che oggi, e l’epidemia lo conferma, stiamo toccando con mano contando i morti sul campo. Un altro dato di fatto è che la distanza esistente tra Governo ed Enti locali si è ancor più accentuata a causa di un modo becero di fare politica, dove tutto e tutti vengono sacrificati pur di guadagnare un punto in più nei sondaggi, e ciò genera inevitabilmente insicurezza e preoccupazione nei cittadini. A ciò va aggiunto anche il fatto che le Regioni, in virtù dell’autonomia di cui godono, soprattutto in materia sanitaria, possono stravolgere le indicazioni generali ricevute e farne altre più aderenti, secondo loro, al territorio di competenza e questo non può far altro che stridere con i criteri di prontezza operativa, di organizzazione e di univocità d’intenti di cui un’emergenza sanitaria come la pandemia ha invece bisogno.

Anche il sommo Pontefice, lo scorso 28 aprile, nel corso della S. Messa celebrata a Santa Marta, ha detto: “In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni” Forse è il caso di ascoltarlo!

(Pasquale Rosaci)

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