Sull’altipiano dello Zillastro, in Aspromonte, si prova la stessa emozione che colpisce chi visita per la prima volta l’Acropoli di Atene. Il rudere di un casello, che concorre a questa sensazione, è ciò che resta di una casa cantoniera, edificata durante gli anni del fascismo, che conserva una misteriosa bellezza immersa nella maestà divina del paesaggio circostante. Fu davanti alle sue mura sbrecciate, alle occhiaie vuote dei suoi finestroni, che l’otto settembre del 1943 si consumò una tragedia, un olocausto di tante giovani vite, italiane e anglo-canadesi, proprio quando il secondo conflitto mondiale volgeva al termine. Proprio alle prime luci dell’alba, sullo Zillastro, venne ingaggiata una violenta battaglia tra quattrocento Paracadutisti del VIII Battaglione del 185° Reggimento della Divisione Nembo contro cinquemila soldati Anglo-Canadesi dei Reggimenti “Edmonton” e “Nuova Scozia”. Fu un massacro. Un cippo, una lapide marmorea, due croci in ferro, un grande crocefisso, posti sul luogo della battaglia, ricordano quel tragico giorno. Quel fatto d’arme non fu un inutile spargimento di sangue nel quale giovani vite trovarono una morte senza scopo. Il cruento scontro, tra i faggi dei Piani dello Zillastro, nonostante la guerra fosse perduta e l’armistizio già firmato pronto ad essere proclamato, non fu vano. Quando tutto crollava e centinaia e migliaia i soldati tornavano a casa senza più combattere, senza contrastare il nemico, che molti non lo sentivano più tale; quando ognuno pensava soltanto a se stesso; quando le città e i paesi erano conquistati dallo straniero, salutato con esternazioni di gioia con il battimani della popolazione, che accettava la fine dell’incubo dei bombardamenti; quando la Patria sembrava non esserci più e la confusione degli animi era al colmo; quando gli ordini erano contraddittori e carenti; quando la fame, gli stenti e le continue offese belliche avevano piegato il fisico; quando i nostri soldati erano affranti per i compagni scomparsi e la sconfitta patita; quando tutto crollava, sulle montagne dell’Aspromonte, resisteva un Battaglione di giovani Paracadutisti di 20 anni del Regio Esercito, che aveva ancora la forza, in un soprassalto di orgoglio, di imbracciare le armi per rivolgerle contro il nemico al solo scopo di difendere la Bandiera, il Nome e l’Onore dell’Italia. Non è stato vano quel sacrificio se a distanza di tanti anni noi lo ricordiamo con amore e con orgoglio. La coscienza di un popolo si forma nel tempo attraverso il ricordo del suo passato negli aspetti più nobili di cui cogliamo lo spirito e gli ideali dei migliori dai quali abbiamo ereditato l’esempio. Come consuetudine, anche quest’anno, domenica dell’8 settembre, adunata dei Paracadutisti, provenienti da tutta Italia, nei luoghi del conflitto, per commemorare e rendere gli onori militari ai Caduti, depositando mazzi di fiori alle croci e una corona di alloro alla stele, nonché suonando le note del “silenzio” d’ordinanza intonato da un bersagliere trombettiere. Nessun fiore sulla croce in ferro, dispersa vicino alle altre dentro la fitta pineta, a ricordo di Nicola Tallarida, falciato dalla mitragliatrice di un aereo alleato, il 3 settembre, mentre liberava i buoi dal carretto perché si mettessero in salvo dall’incursione degli Alleati. Concelebrata la Santa Messa dal Paracadutista don Alfio Spampinato, Cappellano Militare (la sua omelia ha letteralmente incantato i partecipanti), e dal Paracadutista don Antonino Russo, Parroco di “Trecampaniliunsolocuore – Riparo Pruno” Cannavò di RC. La Cerimonia ha avuto termine con interventi commemorativi appassionanti dei dirigenti dell’A.N.P.d’I e del Professore universitario studioso del periodo storico in argomento. A seguire, la consegna di targhe ai più meritevoli, nonché l’assegnazione di attestati per coloro che hanno ripercorso, per due giorni, lo stesso impervio tragitto dei ragazzi del VIII Battaglione, in ritirata da Bagaladi ai Piani dello Zillastro.
La Cerimonia è stata impreziosita dall’unica presenza politica: il Sindaco di Oppido Mamertina, Dott Bruno Barillaro, e il Sindaco di Condofuri, Dott Tommaso Iaria. Le autorità militari – in servizio – sono state rappresentate dai Carabinieri di Oppido Mamertina. Una tragedia dimenticata, ma soprattutto una cerimonia ignorata e disertata, non solo dalle autorità, giustificate in ragione del proprio Ufficio, ma anche dalla popolazione aspromontana, non partecipante al dramma che non sente suo. Questo, impone una seria riflessione a una nuova programmazione, quanto mai doverosa, per il futuro dei Paracadutisti di Reggio Calabria. Questa misera realtà ci costringe a un bivio: non ammetteremo mai che i ragazzi della Nembo siano stati uccisi invano, né che i superstiti della battaglia, che hanno portato sulle spalle e dentro l’anima il peso del passato, abbiano vissuto inutilmente la loro vita nel ricordo della tragedia e sconfitta subita, ma con onore, sui Piani dello Zillastro. Gli archivi militari non hanno evidenziato certezze su quanti furono i caduti, ma sin d’ora ci affidiamo con fiducia al tanto atteso Centro Studi, di nuova ideazione, che ha l’onore di poter scrivere nuove pagine di storia e donare finalmente pace a noi orfani, eredi spirituali di quelli che furono i Leoni della Nembo in Aspromonte. Per ora, sull’Altipiano dello Zillastro, che tanto amiamo, regna la nebbia e solo il silenzio riesce a stendere un velo di pietà sugli anonimi sepolcri.
Cosimo Sframeli