Una rivisitazione della celebre commedia di Derek Benfield è andata in scena al teatro “Vittorio Currò” per iniziativa del giovanissimo regista Luigi Siracusa a conclusione della giornata in cui si è celebrata la festa della famiglia all’Oratorio Salesiano a cura del direttore Don Luigi Perrelli, il quale, tratteggiando nel preludio l’estro del Siracusa, gli ha tributato i migliori auguri. L’opera, suddivisa in tre atti, è stata concepita come un’espressione delirante di personaggi paranoici ed eccentrici in un’esperienza drammaturgica, che, muovendosi da situazioni irreali, si sviluppa mediante dialoghi volutamente incoerenti, in cui il linguaggio diventa elemento indiretto, denunziante la situazione di insincerità e solitudine per riflettere l’attuale situazione dell’uomo in preda alle sue fisime ed inquietudini.
Il personaggio del Colonnello Elrood, interpretato sublimemente dallo straordinario Giuseppe Pollicina, esprime il dramma di una persona, che aspira ad avere un’identità in grado di sollevarlo dalla relatività della vita e rendersi pieno eroe della stessa; anche gli altri personaggi soffrono delle medesime smanie, quali, ad esempio, la moglie Lady Elrood e Miss Patridge, quest’ultima addirittura in preda alla Sindrome di Stendhal, nonché i visitatori, una coppia di turisti, smaniosi di assumere gli atteggiamenti del mondo aristocratico. A completare il quartetto di pazzie si aggiunge anche la cameriera Ada, desiderosa di cadere innamorata ad ogni occasione, così come prescrivono le canzoni romantiche. Da siffatta miscellanea di equivoci ed alienazioni nascono vorticosi e dinamici colpi di scena fino a sfociare in un’enorme baruffa di goldoniana memoria ad indicare il parossismo dominante nella società industriale e tecnologica.
È lo stesso Giuseppe Pollicina a spiegare che l’impronta di tutto lo spettacolo è frutto di una follia definita fluorescente, di cui i colori ed il maquillage applicato sui componenti il cast hanno una funzione essenziale. Egli, reduce peraltro dal musical “Rent” il giorno precedente al teatro “Trifiletti” di Milazzo, si dice compiaciuto ed onorato di essere stato diretto in entrambe le opere drammaturgiche da alcuni suoi giovani allievi simboleggiando il passaggio di testimone alle nuove generazioni affinché si facciano carico di perpetuare col teatro l’opera di civilizzazione antropica. Grandi qualità ha dimostrato Luigi Siracusa, prestatosi nondimeno al ruolo di attore, il quale ha voluto improntare tutta la rappresentazione all’insegna della follia, vista come un sentimento di disorientamento e di sgomento, azzeccata allegoria di un Paese come l’Italia odierna in preda allo smarrimento sia del senso morale, sia dei valori culturali nonché immemore del proprio patrimonio artistico ed archeologico. Ampia attenzione egli ha dedicato infine al trucco, denotante il prevalere della futile apparenza sulla più rilevante essenza umana per tentare vanamente di eludere gli ostacoli, che quotidianamente il destino ci pone innanzi.
Foti Rodrigo