carabinieri32Comunicato stampa Legione Carabinieri Sicilia, Comando Provinciale di  Palermo: sequestrati beni per circa otto milioni di euro riconducibili alla famiglia mafiosa di Carini.

Il “Destino”, quello a cui non avrebbe potuto sottrarsi il boss della famiglia mafiosa di Carini,  che nel corso di una conversazione con la figlia sembra quasi confidare la sua rassegnazione, dimostrandosi pronto ad accettare qualunque conseguenza pur di portare avanti i suoi malaffari: “…pazienza che posso fare, il mio destino è stato questo…che posso fare!?”.

L’operazione “Destino”, è scattata alle prime luci dell’alba, quando i Carabinieri della Compagnia di Carini hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, Dott. Lorenzo Jannelli, a conclusione di una prolungata attività investigativa condotta dai magistrati della D.D.A. di Palermo.

In manette sono finite complessivamente 6 persone: il boss Pipitone Angelo Antonino (classe ’43), la moglie Pellerito Franca (classe ’49), la figlia Pipitone Epifania (classe ’80) e suo marito Pipitone Benedetto (classe’74), il cugino Pipitone Francesco Marco (classe ’81) e Conigliaro Angela (classe ’70), altra fedelissima del boss.

Nell’ambito della stessa operazione, i militari dell’Arma hanno sottoposto a sequestro preventivo le quote sociali ed i complessi aziendali (circa 40 tra fabbricati e terreni) di due società a responsabilità limitata con sede a Carini, riconducibili alla consorteria mafiosa locale.

Numerosi gli obiettivi perquisiti, tra cui anche due studi legali di Palermo e Carini.

I reati contestati a vario titolo sono: partecipazione ad associazione mafiosa, estorsione aggravata continuata in concorso, incendio aggravato in concorso, uccisione di animali aggravata in concorso, detenzione e porto illegale di arma da fuoco aggravati in concorso, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso.

L’attività d’indagine, svolta sotto la direzione della D.D.A. di Palermo, è iniziata la notte di Capodanno 2013, a seguito dell’incendio doloso di una stalla nelle campagne di Carini e dell’uccisione, mediante colpi di arma da fuoco, di due equini e di un suino custoditi all’interno della stessa.

Gli investigatori, dopo mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, sono riusciti ad individuare l’autore del gesto in Pipitone Benedetto ed il mandante nel suocero di quest’ultimo (il boss Pipitone Angelo Antonino), che all’epoca dei fatti era detenuto in carcere per “Estorsione” e “Associazione per delinquere di stampo mafioso”.

L’Atto intimidatorio era finalizzato ad indurre con la forza il proprietario di una stalla, a vendere la propria quota alla famiglia mafiosa (già proprietaria al 50% dello stesso terreno sotto la copertura di una società di Carini).

La vicenda avrebbe sicuramente avuto un seguito, se non fosse stato per l’incontro tra una pattuglia dei Carabinieri ed il soggetto incaricato di compiere un secondo attentato incendiario alla stalla.

Nel corso dell’attività investigativa, inoltre, i Carabinieri sono anche riusciti a ricostruire una fitta rete di prestanome, grazie ai quali l’anziano boss, pur trovandosi recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere un immenso patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società.

Tra gli indagati, oltre ai più prossimi congiunti di Pipitone Angelo Antonino, vi sono molti di quei personaggi cosiddetti “colletti bianchi”.

Persone, quest’ultime, il cui apporto è risultato determinante per consentire a Pipitone Angelo Antonino di conservare il proprio illecito patrimonio accumulato nel corso di decenni di appartenenza a Cosa Nostra.

Proprio uno di questi, indagato in stato di libertà, è stato intercettato mentre schernisce l’operato dei Carabinieri di Carini, che etichetta come degli “invasati”.

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