Sul tema “La responsabilità medica nella società che cambia”, si è svolto un importante convegno regionale organizzato dal sindacato dei medici-dirigenti aderenti alla Cimo-Asmd (Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri – Associazione Sindacale Medici Dirigenti), per approfondire l’argomento alla luce delle novità introdotte dalla legge Balduzzi con la quale il legislatore ha inteso rivedere alcuni aspetti riguardanti la materia della colpa penale, al fine di snellire il contenzioso giudiziario. Le due sessioni di studio sono state precedute da alcuni interventi che hanno tracciato un quadro delle attuali procedure in materia di responsabilità medica e offerto spunti di riflessione sulle questioni da risolvere.
Per il presidente Cimo-Asmd, Dott. Riccardo Cassi, il convegno ha dato l’opportunità di “porre sempre di più l’attenzione su un problema che ormai è esploso da anni e che adesso non è più sotto controllo”. “Sto parlando della responsabilità del medico – ha proseguito Cassi – noi abbiamo un sistema arcaico che non tiene conto dell’evoluzione della medicina, per cui a differenza di altri Paesi dove ci sono procedure più rapide e più semplici, questo sistema da noi soffre di ritardi cronici della magistratura per arrivare ad una definizione della questione, alla ricerca della colpa di qualcuno e per poter indennizzare il cittadino. In molti altri sistemi l’indennizzo al cittadino prescinde da una effettiva colpa riconosciuta, perché ci sono degli eventi, dei danni, che non sono eliminabili. Troppo spesso si ricorre al procedimento penale, quando si tratta di procedimenti civili, noi non vogliamo con questo escludere il medico da ogni controllo, però noi abbiamo troppe cause per comportamenti di malpractice che invece si riferiscono soltanto a situazioni che non sono configurabili come reati. Quindi andrebbe fatta veramente una riforma, sono anni che se ne parla, ci sono tanti disegni di legge fermi nel Parlamento. Viene calcolato in circa 14 miliardi il costo della medicina difensiva, cioè di quei comportamenti per i quali vengono chiesti più esami o non vengono fatte determinate procedure, che ovviamente non sono comportamenti corretti. D’altra parte se c’è un evento avverso, si avvia un procedimento e partono decine di avvisi di garanzia nei confronti di persone, di medici dei quali si sa già che non ci sarebbero responsabilità. Il medico si trova così sottoposto a procedimento che dura anche anni e che modifica il suo modo di approcciarsi al lavoro nei tempi successivi. Io conosco medici che dopo aver ricevuto un avviso di garanzia si sono rifiutati di entrare in sala operatoria o ci entrano con paure e timore, salta il rapporto medico paziente, quindi è tutto un sistema che va cambiato. Va cambiato anche il sistema assicurativo, tutte le maggiori compagnie italiane sono fuggite dal campo, ormai sono due o tre compagnie straniere, alcune serie, ma altre non affidabili, per cui c’è il rischio che, non solo il medico si troverà a pagare con il proprio patrimonio, ma soprattutto che il cittadino tarderà ad avere l’indennizzo. Il problema non è più rinviabile, dei ben sette disegni di legge alla Camera, si dovrebbe fare in tempi brevi un testo unico. Noi stiamo sensibilizzando i medici su quali condotte adottare, ben sapendo che non è tutta colpa del sistema, ma anche di situazioni comportamentali e c’è un’altra cosa che noi non riusciamo a fare decollare in Italia, ed è la così detta prevenzione del rischio. Ormai in tutti i paesi ci sono queste unità di prevenzione del rischio che fanno indagini sugli errori, perché la cosa principale è prevenirli, molte volte non è un errore di un singolo, deriva da procedure organizzative non corrette, da mancanza d’informazione, quante volte si legge dello scambio, o esami fatti male, o qualcuno che viene operato dalla parte sbagliata, questi sono eventi che verrebbero facilmente evitati se venissero analizzati perché avvengano correttamente e si attivassero procedure per sostituirli, ma è chiaro che se io segnalo di avere sbagliato e questo mi comporta una denuncia, io cerco di non farlo. Quindi questo è un settore che va riformato, ma in maniera drastica, non per rendere il medico indenne dalla colpa, ma intanto per risarcire prima il cittadino, in un anno invece che in dieci, ristabilire un rapporto corretto tra cittadino e medico, ma anche perché la struttura sanitaria, nel suo insieme, faccia risparmiare soldi al servizio nazionale.
Il dottore Guido Quici, vice presidente Cimo, ha dichiarato che “La responsabilità medica è un problema abbastanza vecchio è va risolto, anche perché in un periodo in cui si cercano risorse e non si trovano, per esempio abbattere i costi della medicina difensiva è molto importante, perché sono stimati in circa 12/14 miliardi di euro l’anno, è sono veramente tanti soldi, per fare questo bisogna cambiare radicalmente il concetto di colpa medica e risarcimenti adottando un sistema completamente diverso da quello di adesso. In alcuni paesi europei è la struttura che assicura il medico, questo sistema garantisce che il medico partecipi fattivamente ai così detti casi di risk management”. “E’ necessario – ha spiegato Quici – che il medico denunci tutte le cose che non funzionano e in cui può aver sbagliato, perché questo consenta di migliorare l’organizzazione e il servizio. E’ necessario che il medico denunci tutte le cose che non funzionano in cui può aver sbagliato, in cui le cose potevano andare male, perché questo consente di migliorare l’organizzazione e il servizio. Per fare questo ovviamente deve essere garantito dal punto di vista assicurativo, questo anche nell’interesse del paziente danneggiato, che è molto più tutelato con questo sistema, perché non dovendo ricorrere necessariamente al tribunale, i risarcimenti avvengono in maniera molto più rapida e sono erogati direttamente dall’ente in cui il medico lavora. Quello che sembrerebbe essere un costo a cario del pubblico, cioè il risarcimento del paziente danneggiato, in realtà non è un costo, ma è un guadagno, perché in tal modo si consentirebbe di ridurre i costi per la medicina difensiva e per esami costosi e inutili prescritti nel timore che un magistrato chieda conto di quello che è stato fatto. Con questo sistema ci guadagnerebbero più o meno tutti, ci guadagnerebbero i pazienti, ci guadagnerebbero i medici e ci guadagnerebbe anche il servizio sanitario nazionale”.
“La formazione per il medico ora è diventata un obbligo – ha affermato il dottore Alberto Catalano, Presidente S.P.E.ME. (Societa’ per la Promozione dell’Educazione Medica) – infatti con l’istituzione della formazione continua in medicina, ogni medico deve acquisire nel corso dell’anno circa 50 credi formativi. E’ chiaro che se noi vediamo il discorso della formazione come un aspetto puramente formale e burocratico, allora perde molto di significato, invece dobbiamo vederlo come un momento importante di crescita culturale”. Ha dichiarato inoltre Catalano che “Dal punto di vista della responsabilità è necessario che il medico conosca bene questi problemi, perché purtroppo al giorno d’oggi la conflittualità e il contenzioso che si apre quotidianamente aumenta costantemente e lo vediamo anche attraverso la pubblicità in cui addirittura le persone vengono spinte ad aprire contenziosi contro i medici, allora è bene che il medico conosca bene i suoi compiti le sue responsabilità anche per evitare che poi si ricada nella medicina difensiva. La formazione, quindi, da una parte serve proprio a consentire un progresso scientifico dal punto di vista della competenza professionale, ecco perché gli anni scorsi la Cimo decise di costruire questa società scientifica di cui io sono il presidente in carica e ci ha messo nelle condizioni di offrire ai colleghi un servizio ulteriore che è quello proprio della formazione. E’ importante che il medico sappia bene che la linee guida sono l’indicazione di un percorso, una forma di aiuto sicuramente, ma non devono rappresentare una gabbia entro cui muoversi o un’assicurazione contro le responsabilità, perché comunque la scelta rimane sempre in capo al medico, il codice deontologico dei medici è uno strumento superiore alle linee guida”.
All’incontro di Lamezia Terme è intervenuto il presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco Talarico che ha ringraziato gli organizzatori dell’evento perché “questi momenti d’incontro offrono un contributo per il confronto e il miglioramento professionale, che è fondamentale per affrontare le nuove sfide della professione del medico”. Talarico ha spiegato che “la Calabria è una regione che è stata commissariata fin dall’inizio della nostra legislatura, quindi dal primo giorno dell’insediamento nel 2010, e per questo sottoposti al Piano di rientro. E questo ha pesato molto sulla nostra autonomia, perché anche se le Regioni hanno la delega all’organizzazione sanitaria, noi non abbiamo avuto un’autonomia chiara e netta, ma condizionata e sottoposta al continuo confronto col Tavolo Massicci”. “La parola d’ordine dal primo giorno in cui siamo arrivati è stata risparmio e contenimento della spesa – ha proseguito Talarico – la spesa si aggirava intorno ai 250 milioni l’anno e per questo si accumulavano debiti. Questo trend è andato via via riducendosi e questa è la testimonianza dei grandi sacrifici che abbiamo fatto in questi anni”.
Il direttore generale dell’Asp di Catanzaro Dott. Gerardo Mancuso ha posto l’attenzione sul sistema di riorganizzazione sanitaria che si è attuato in Calabria. “Da tempo nei Paesi anglosassoni e solo da poco nel nostro Paese è stata imboccata la strada del pragmatismo, cioè una visione di assistenza sanitaria che viene disegnata attorno al cittadino e quindi di prossimità. Questo concetto di prossimità da noi non si è sviluppato adeguatamente, infatti abbiamo un sistema sanitario sovradimensionato, che è quello dell’assistenza ospedaliera e specialistica. Da qui la necessità di organizzazione il sistema sanitario, che sta avvenendo attraverso uno strumento straordinario, che è quello del Piano di rientro. Strumento, quest’ultimo, che è stato messo in campo esclusivamente per controllare la spesa e che si è rilevato poco funzionale rispetto alle esigenze vere, cioè quelle di migliorare l’assistenza sanitaria”. “Il piano di rientro – ha proseguito Mancuso – ha un unico obiettivo, quello di ridurre la spesa. Ma questa spesa fino a quanto possiamo ridurla? Se la riduzione è data dal blocco del turnover e dalla spesa farmaceutica, allora dal prossimo anno la Regione Calabria aumenterà la spesa, perchè si sbloccherà il turnover e così come cambierà la spesa farmaceutica: nell’Asp di Catanzaro abbiamo ridotto la spesa farmaceutica del 20%, però nel prossimo futuro questa spesa dovrà aumentare”. Mancuso ha inoltre rilevato che alcuni economisti sostengono che il Piano di rientro “sarà strutturato non solo nelle 10 Regioni già soggette a questo controllo della spesa, ma anche nelle altre Regioni”. E questo perché “c’è un altro elemento che condiziona la spesa sanitaria: ed è la mobilità passiva. Ecco perché l’unico modo per cambiare strutturalmente la sanità è puntare su competenza e professionalità del medico. Molte strutture sanitarie emergono per la presenza dei medici e non per la presenza dell’organizzazione”. Il direttore generale dell’Asp ha poi parlato del blocco del turnover che sta provocando difficoltà in molte strutture. “La nostra Regione deve avere al più presto lo sblocco del turnover – ha affermato Mancuso – altrimenti tutti gli ospedali andranno in default nel mese di luglio e agosto. Anche se questo strumento non è sufficiente a risolvere il problema: la Regione infatti deve decidere quanti ospedali mettere su e quanti mantenere. Da noi servono meno ospedali ma buoni, con un’organizzazione funzionale, anche perché non conviene a nessuno lavorare in un ospedale pericoloso sotto il profilo di mancanza di mezzi e di risorse umane”.