La madre già prima della nascita ha il compito di creare attorno al figlio che porta in grembo l’ambiente più favorevole. Un ambiente privo non solo di inquinanti fisici (farmaci, cibi adulterati, radiazioni pericolose ecc.), ma anche un ambiente privo di tutti quegli inquinanti psicologici che potrebbero danneggiare il bambino che porta in seno. L’ansia, la fatica, la tensione interiore, la conflittualità, lo stress, rappresentano, infatti, dei potenziali pericoli per il nascituro.
Per fare ciò ella deve saper attingere a tutti gli elementi positivi della propria esperienza e capacità istintive di base, come deve anche saper utilizzare, con intelligenza e accortezza, gli apporti della rete familiare e affettiva nella quale è inserita. Le funzioni di queste due reti: rete familiare e rete affettiva che dovrebbero essere ampie, ricche, calde e disponibili, sono fondamentali per l’equilibrio e per il benessere psicologico suo e del suo piccolo.
Il primo e principale nodo di questa rete è sicuramente il marito, padre del bambino, che, inizialmente, ha il compito di dare a lei e al figlio gli indispensabili apporti di cura e protezione, mentre, successivamente, concorrerà al processo educativo e formativo del nuovo nato attraverso un arricchimento ed un ampliamento del rapporto madre – figlio.
Il dialogo tra madre e figlio nasce molto presto. Anche prima della nascita la donna ed il figlio dialogano. Il bambino avverte dal respiro della madre, dal suo calore, dall’odore, dai rumori e dal battito cardiaco se l’ambiente che lo circonda è sereno e accogliente oppure è ansioso, pauroso, aggressivo, scostante e freddo.
Alla nascita pertanto ogni bambino, qualunque sia il suo programma genetico, ha bisogno di una presenza calda, tenera, disponibile, capace di accoglienza e comunione con lui. Una presenza che abbia buone capacità di cure, grandi capacità comunicative e relazionali e notevole disponibilità. Questa presenza noi la individuiamo proprio nella madre, anche se presto i suoi bisogni si allargheranno e si amplieranno ad altre figure: padre, nonni, fratelli, zii, cugini, amici ecc.. La quantità di questo rapporto varia nel tempo. Mentre nei confronti della madre, inizialmente, è di quasi 24 ore su 24, gradualmente diminuisce fino a quando, nell’adulto, il bisogno della figura materna diventa, nell’ambito della giornata, solo di pochi minuti.
Per capire meglio il compito della madre abbiamo il dovere di entrare nel mondo del nuovo essere umano che si affaccia alla vita. Scopriremo che questo suo mondo è particolare.
Intanto, dal punto di vista degli adulti, il mondo nel quale vive il bambino neonato è molto piccolo, in quanto è rappresentato fondamentalmente dalla figura materna.
Già questo dovrebbe darci il senso esatto dell’importanza di questa presenza e l’attenzione che dovremmo avere nei suoi riguardi.
Il nostro mondo di adulti è ampio e variegato. È fatto di lavoro, di amicizie, incontri occasionali, amori e passioni. E’ fatto di relazioni parentali, ma anche di uomini e donne del passato che abbiamo conosciuto indirettamente dai libri o dalle opere da loro scritte. Tutte queste realtà lasciano una traccia nel nostro essere. Il mondo degli adulti è fatto anche di personaggi immaginari, ai quali ci avviciniamo attraverso i libri dei poeti e dei romanzieri, è fatto di attori, attrici, cantanti che abbiamo ascoltato alla radio, visto in TV o che dal vivo abbiamo applaudito a teatro o nei concerti.
Tutti questi personaggi arricchiscono il nostro animo di rapporti affettivo-relazionali da cui possiamo attingere al bisogno, per avere ascolto, consolazione, forza, sicurezza, piacere e gioia.
Vi è poi il mondo della religione, sconosciuto al bambino piccolo, che però negli adulti è fonte di notevoli apporti positivi. Se c’è infatti un Dio che giudica e punisce, vi è anche e soprattutto un Dio che capisce i nostri affanni, che ascolta le nostre preghiere, come i nostri bisogni. Un Dio che consola e accoglie. Un Dio che ci è vicino e sostiene nei momenti di tristezza e sconforto.
Ebbene, nel mondo del bambino piccolo, tutti questi elementi affettivo-relazionali si riducono a una e una sola persona: la propria madre.
Dalle caratteristiche di questa donna, dalle sue capacità di creare e mantenere attorno al bambino una realtà accogliente, amorevole, calda, affettuosa, dialogante, deriva la nascita e la robustezza dell’Io stesso del nuovo essere umano. Se il corpo e il sangue della madre sono insostituibili per costruire il corpo del bambino, le sue caratteristiche di personalità e le sue capacità sono altrettanto insostituibili per modellare la struttura psicologica fondamentale del nuovo essere umano: identità personale e sessuale, socialità, capacità relazionali, salute mentale.
Se tutto procede bene, se la madre ha caratteristiche e comportamenti adeguati, il mondo del bambino sarà fatto di piacere, gioia, soddisfazione, serenità, calore, apertura e fiducia verso se stesso, gli altri, la vita. In caso contrario, se le cose non procedono per il verso giusto, il suo mondo e quindi anche il suo Io sarà invaso dalla sofferenza, dalla delusione, dall’ansia e dalla paura che egli manifesterà attraverso il pianto, il lamento, i sintomi somatici e, nei casi più gravi, attraverso la chiusura agli altri e al mondo.
I messaggi affettivi che il bambino riceve dall’ambiente esterno, soprattutto dalla madre, possono allora colorare il suo Io di sentimenti positivi, come l’amore, la gioia, la speranza, il piacere, il desiderio, l’affetto, la stima verso se stesso e verso il mondo che lo circonda. Oppure, al contrario, se i messaggi affettivi non sono validi il suo mondo e quello attorno a lui sarà investito di elementi negativi, come la rabbia, la collera, l’aggressività, l’inquietudine, la paura, l’ansia, la depressione, la tristezza, il rifiuto, la negazione, la conflittualità.
Tra l’altro, queste qualità non sono stabili: hanno bisogno, per essere conservate, dello sforzo continuo, della comunanza emotiva e del sostegno degli altri.
Le funzioni della personalità del bambino sono orientate in due direzioni: verso l’interno dell’organismo e verso l’ambiente sociale. Sia l’uno che l’altro hanno bisogno dei continui apporti materni per svilupparsi.
Per Winnicott, infatti, “…la salute mentale dell’individuo è fondata sin dall’inizio dalla madre che fornisce ciò che ho chiamato un ambiente facilitante, tale cioè da permettere ai processi di crescita naturali del bambino e alle interazioni con l’ambiente, di evolversi in conformità al modello ereditario dell’individuo. La madre, senza saperlo, sta gettando le basi della sua salute mentale. Non solo. Oltre la salute mentale, la madre (se si comporta in modo giusto) sta ponendo le fondamenta della forza, del carattere e della ricchezza della personalità dell’individuo.”
Se la madre non riesce a capire i bisogni del suo piccolo e/o non sa rispondere adeguatamente, nel bambino nasce uno stato d’animo che Winnicott descrive come “offesa”. Nell’animo “offeso” c’è delusione, sofferenza e tendenza alla chiusura, verso chi ci ha fatto soffrire. E se questo “chi” è la madre – mondo il rischio è che questa chiusura si estenda anche verso tutto e tutti.
I grossolani errori di adattamento non producono inizialmente collera, perché ancora il bambino non è organizzato in modo da potersi arrabbiare per qualcosa, la collera, e quindi le sue manifestazioni come l’aggressività, presuppongono il conservare nella mente l’ideale che si è frantumato. La collera e l’aggressività verranno dopo, quando il bambino sarà più grandetto, per Osterrieth verso i due – tre mesi. Collera quando le sequenze abituali non vengono rispettate o le gratificazioni che era abituato a ricevere non si presentano al momento giusto e con le persone giuste.
Il bambino, ma anche i piccoli degli altri animali, sono esseri abitudinari. Essi avvertono tranquillità e fiducia solo quando attorno a loro gli avvenimenti si svolgono sempre nel medesimo modo. I cambiamenti, specie se repentini e non adeguatamente preparati, li mettono in ansia e li caricano di paure che, agli occhi degli adulti, appaiono strane ed eccessive, mentre in realtà sono solo la logica conseguenza di comportamenti ed atteggiamenti non adeguati.
Quando la madre non sa o non riesce ad avere una buona relazione con il figlio, quest’ultimo prova angoscia, sensazione di andare in pezzi, sensazione di completo isolamento, scissione tra psiche e soma, interruzione nella comunicazione. Il rischio più grave è che il bambino appena nato non riesca neanche a strutturare il proprio Io, perché l’ambiente che lo circonda non ha le qualità per accogliere un nuovo Io. Avviene allora ciò che avviene al seme che cade sulla pietra o su un terreno non fertile: cerca di schiudersi ma subito dopo si rattrappisce e muore prima ancora di essere diventato una piantina.
Spesso queste “offese” sono fatte dalla madre ma anche dai medici, dalle infermiere e dal personale che assiste il bambino nei giorni nei quali si trova in una struttura di ricovero. Questo personale, a volte, è più preoccupato della pulizia, della gestione e dell’organizzazione della struttura, che non delle emozioni e sentimenti che si agitano e vivono nell’animo dei loro piccoli ospiti.
Succede sempre più spesso di scoprire, dopo attenti studi e ricerche, che tra l’altro sono anche molto costosi, quello che qualche vecchietta semianalfabeta sapeva già perfettamente da sempre. Ad esempio, viene proposta come una novità per i prematuri, piuttosto che la gelida e fredda incubatrice, il seno e le braccia della madre. Con questa tecnica che si chiama Kangaroo care, ovvero Marsupioterapia, il bambino nudo viene messo in posizione verticale tra i seni della madre, in modo tale che il calore di questa, il suo odore, la sua voce lo rassicurino. Con questa “nuova (?)” tecnica il recupero ponderale è più veloce. Le degenze sono più brevi. Il mantenimento dei parametri vitali e l’equilibrio ormonale viene raggiunto più rapidamente.
Una delle caratteristiche necessarie in una buona madre è l’adattabilità.
“Alla nascita il bambino non è tabula rasa, tra un bambino e l’altro vi sono differenze significative di carattere ereditario e congenito. I bambini variano per il tipo fisico, il potenziale intellettivo, il temperamento, il metabolismo, l’affettività, l’attività motoria, le reazioni nervose. Nonostante ciò l’influenza ambientale nel plasmare in modo definitivo l’espressione di queste potenzialità è enorme,”e quindi le capacità adattative della madre sono fondamentali.
Simbolo di questa intimità fisica madre – bambino è il periodo dell’allattamento. Periodo nel quale il dialogo è fatto di parole ma soprattutto di sguardi reciproci, di toccamenti e massaggi leggeri, di carezze e di calore. Nella nostra società occidentale la carenza di conoscenze e soprattutto di preparazione affettivo-relazionale da parte delle neo mamme è talmente grande che è spesso necessario per loro un corso specifico da parte di insegnanti specializzate, per prepararle al contatto con i loro piccoli mediante il massaggio infantile.
Il bambino mentre succhia il seno guarda ed è osservato dalla madre che spesso gli parla dolcemente per comunicargli la sua gioia nell’averlo tra le braccia, il suo piacere nello stringere al cuore un cucciolotto così bello, la sua gratificazione nel dargli con il caldo, dolce latte una parte di sé. Dice, infatti, il Bartolo: “Il nutrimento affettivo è essenziale allo sviluppo tanto e più del latte che esce dal seno materno.”
Nel volto della madre il bambino vede se stesso e, se la madre ha un atteggiamento dolce, sorridente e sereno, vede se stesso sorridente e sereno; se la madre è turbata questo turbamento si trasmette immediatamente al suo animo e all’immagine che il bambino ha di sé. Ma la madre, mentre lo allatta o si cura di lui, inizia anche a parlargli delle altre persone che incontrerà e che gradualmente cominceranno a far parte della sua vita: il padre, i nonni, i fratellini. E nel parlargli di questi lo rassicura. Come dire: “Puoi fidarti anche di loro. Sapranno accoglierti ed ascoltarti, come io ti ho accolto ed ascoltato.” Ed è per questo che “Il latte è vitale, ma come viene dato è essenziale allo sviluppo. Non si può allattare guardando la televisione o leggendo il giornale con il pretesto che quello è l’unico tempo in cui inserire un’attività ricreativa rilassante.”
L’allattamento al seno non sempre è possibile. “Personalmente tuttavia provo sempre rincrescimento quando l’allattamento al seno fallisce, semplicemente perché ritengo che la madre e il bambino o entrambi perdano qualcosa se non fanno questa esperienza.”
Quando ciò avviene per cause non dipendenti dalla personalità della madre, il danno è minimo. Anche mediante il biberon è possibile dare al bambino calore e tenerezza ed instaurare un primo dialogo fatto di sorrisi, carezze, parole dolci e accattivanti. Il problema si pone quando l’allattamento al seno è rifiutato dalla madre o è reso impossibile dalla sua imperizia o dai suoi problemi psicologici (ansie, paure, fobie). In questi casi è già un segnale importante della presenza di difficoltà nella relazione madre – bambino. Difficoltà che, se non risolte prontamente, potranno incrinare il loro rapporto rendendolo teso e difficile.
Il bambino avverte immediatamente le difficoltà della madre e risponde con segni di disagio (pianto, irrequietezza, insonnia) o con sintomi organici (vomito, diarrea). Sintomi che spesso peggiorano l’ansia della madre e rendono le sue risposte ancora meno efficaci e congruenti, ancora più tese e ansiose. S’innesca allora un circolo vizioso dalle conseguenze imprevedibili.
A questa figura fondamentale per lo sviluppo psichico si richiedono pertanto numerose e specifiche qualità ma, “quando una madre ha la capacità di essere semplicemente una buona madre, non dobbiamo interferire”, in quanto una buona madre sa quello di cui il bambino ha bisogno in quel determinato momento.
Le interferenze possono essere di vario tipo. Alcune sono causate dal mondo economico e dei servizi.
Questo richiede alla madre l’esecuzione di mille controlli e mille esami. Molti di più di quanto non siano veramente necessari. Il rischio della medicalizzazione di quest’atto fisiologico è che la madre dovendo agire, preoccuparsi e occuparsi di troppe cose, perda la cosa più importante che è rappresentata dalla serenità necessaria all’incontro ed al rapporto con il nuovo nato. Le interferenze da parte dei servizi continuano con le indicazioni, anche queste spesso eccessive, riguardanti la quantità di alimenti che il bambino deve mangiare, il peso e l’altezza che deve raggiungere, le vaccinazioni ed i controlli da effettuare.
Le interferenze nascono anche dagli amici e familiari che si sentono in dovere di fare lunghe e frequenti visite di cortesia alla neo-mamma, senza pensare che questa dovrebbe dedicare buona parte del suo tempo e delle sue energie non agli ospiti ma all’incontro e al dialogo con il suo bambino.
Emidio Tribulato (postmaster@cslogos.it)