foto 1 La Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, tramite un comunicato stampa diffuso in data odierna fa sapere che  a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della D.I.A., Arturo DE FELICE – ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Mis. di Prev., presieduto dalla Dssa. Ornella PASTORE, nei confronti di Siciliano Massimo, imprenditore edile di 43 anni, nativo di Catanzaro, in atto in regime di detenzione carceraria.

foto 2Il Siciliano – continua il comunicato –  è stato coinvolto nelle recenti operazioni di polizia “SAGGEZZA” e “ CERALACCA 2”, che hanno disvelato l’effettivo ruolo svolto dall’imprenditore catanzarese, nell’ambito della “ndrangheta” calabrese ed in particolare del “locale” di Antonimina (RC) diretto e coordinato dal suocero ROMANO Nicola (cl. ’48). Quest’ultimo, nell’operazione “SAGGEZZA”, emergeva oltre che quale “capo locale” di Antonimina, anche come “capo consigliere” della “Sacra Corona”, una nuova struttura criminale con a capo MELIA Vincenzo, cl.’29, posta superiormente ai “locali” di ‘ndrangheta, dislocati ed operanti sui territori di Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, tutti Comuni siti nella fascia jonica della provincia reggina.

La “Sacra Corona” – afferma la nota – vantava legami criminali con gli esponenti delle principali famiglie mafiose della provincia reggina, quali i Commisso di Siderno, i Cordì di Locri, i Pelle di S. Luca, gli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, i Vallelunga di Serra S. Bruno, i Barbaro di Platì, gli Ietto di Natile di Careri, i Primerano di Bovalino e con personaggi di assoluto spessore criminale all’interno della ‘ndrangheta, quali, tra gli altri, Maesano Giovanni e Tripodo Antonino Venanzio.

Siciliano Massimo ha assunto il ruolo di imprenditore di riferimento del capo cosca ROMANO Nicola, garantendo, attraverso le ditte di cui è risultato titolare e strettamente collegate al sodalizio criminale, l’esecuzione di lavori nel settore dell’edilizia pubblica, turbando le regole della libera concorrenza e del libero mercato stante il profilo del pesante condizionamento mafioso ed estromettendo dunque le aziende operanti lecitamente.

 Nell’ambito dell’operazione “CERALACCA 2”, SICILIANO Massimo, unitamente ad altri, sono accusati del reato di associazione mafiosa per essersi associati allo scopo di commettere svariati delitti, tra cui corruzione e turbata libertà degli incanti con riferimento alle procedure di appalto indette dalla Provincia di Reggio Calabria, dalla Stazione Unica Appaltante della Provincia di Reggio Calabria (S.U.A.P.) e dalla Società Risorse Idriche Calabresi (SO.RI.CAL.) di Catanzaro.

In particolare, – si legge – Siciliano Massimo forniva un costante contributo all’associazione mafiosa di appartenenza, presentando – sia con le proprie imprese (G.S.C. S.r.l. unipersonale) che con imprese dallo stesso di fatto direttamente controllate (I.C.O.P. S.r.l.) – offerte fittizie per le gare di appalto indette dalla SORICAL S.p.a., proponendo ribassi concordati in precedenza con i BAGALA’, per condizionare le gare indette dalla SORICAL S.p.a.

Le determinazioni dei Giudici della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria sono scaturite da una articolata ed esaustiva attività di indagine patrimoniale, condotta dal Centro Operativo D.I.A. di Reggio Calabria, volta a verificare le modalità di acquisizione del cospicuo patrimonio societario riconducibile all’imprenditore, il quale negli ultimi anni aveva incrementato in modo esponenziale la propria attività con l’accaparramento di numerose commesse pubbliche non solo in Calabria, ma anche in tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Nord Italia.

Gli accertamenti, oltre all’evidente incremento del volume d’affari dell’ azienda con una concorrenza sleale a danno degli onesti imprenditori, evidenziavano altresì un’evidente sproporzione tra gli investimenti effettuati dal SICILIANO rispetto a quanto fiscalmente dichiarato.

Con il provvedimento adottato a carico del SICILIANO – conclude la nota stampa –  è stato disposto il sequestro del patrimonio riconducibile al medesimo, stimato in circa 7 milioni di euro, tra cui figurano, in particolare:

 (1) Intero Patrimonio Aziendale e Intero Capitale Sociale della “I.C.O.P. Srl”, con sede in Antonimina (RC), contrada Bagni snc, operante nel settore costruzioni, pavimentazioni stradali e produzione inerti;

(2) Intero Patrimonio Aziendale e Intero Capitale Sociale della “G.S.C. Srl Unipersonale”, con sede in Dosolo (MN), operante nel settore costruzioni, manutenzione e riparazione strade, autostrade,ponti , viadotti ect;

(3) disponibilità finanziarie aziendali e personali in fase di quantificazione.

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