Ci si ammala di meno rispetto al Nord ma purtroppo si muore di più Danilo Colacino Non solo una statistica, ma un lavoro accurato svolto per salvare la vita – o migliorarne la qualità dei malati – da cui è emerso che nella provincia di Catanzaro sono tre le forme di cancro più riscontrate: mammella, colon retto e utero per le donne; prostata, colon retto e polmone per gli uomini. Si denota anche che la sopravvivenza è maggiore nel sesso femminile, così come minore è la percentuale di carcinoma polmonare nel capoluogo e nel suo comprensorio rispetto alla media nazionale e del Sud. Sono questi alcuni dati snocciolati nel seminario denominato “Il monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni residenti in siti contaminati: approcci metodologici e scenari di sinergia tra l’Associazione Italiana Registri Tumori e l’Istituto Superiore di Sanità” tenutasi ieri nella sala consiliare di Palazzo di Vetro. Durante il convegno sono stati presi in esame una serie di fattori tutt’altro che contingenti quali ad esempio il terremoto nipponico responsabile del danneggiamento di una centrale nucleare. Le fonti di emissioni nocive dell’ecosistema nel complesso, da cui derivano gravi danni per l’uomo e gli esseri viventi in generale, sono tante. A cominciare dallo smog causato da automobili e industrie, proseguendo con le onde elettromagnetiche di taluni apparecchi tecnologici e lo sversamento abusivo di rifiuti tossici. Da ciò, come premesso, derivano conseguenze in alcuni casi deleterie per la collettività, con effetti perfino esiziali a danno dei singoli. Lo hanno messo in rilievo – dopo i saluti della presidente dell’ente intermedio Wanda Ferro, del direttore generale della Fondazione Campanella Baldo Esposito e del commissario straordinario dell’azienda “Pugliese-Ciaccio” Elga Rizzo – i moderatori della discussione Pietro Comba e Stefano Ferretti, la coordinatrice Antonella Sutera Sardo e i relatori della sessione mattutina Roberta Piratsu e Paolo Ricci. Comba, in particolare, si è soffermato – riguardo alla Calabria – sulla peculiare situazione crotonese. «Nella zona cittadina limitrofa a degli insediamenti produttivi da cui vengono immesse nell’aria determinate sostanze – ha spiegato – abbiamo riscontrato un aumento significativo di cancro alla pleura». Prima di riferirsi a specifiche porzioni di territorio lo stesso oncologo ha detto: «Cerchiamo di analizzare tutti gli elementi di correlazione fra l’ambiente e l’insorgenza dei tumori. L’input viene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che opera uno screening su gruppi ben distinti di popolazione. Un modo di procedere subito mutuato nel nostro Paese in cui diversi nuclei di esperti si sono concentrati sull’elaborazione di tre rapporti, dai quali discendono altrettanti filoni di indagine clinica». Di uno di questi ha parlato la Piratsu: «Ormai da tempo mi occupo del progetto Sentieri, acronimo che tra le altre cose sintetizza il concetto di Studio Epidemiologico Nazionale, di competenza multidisciplinare nel quale sono valutate le analisi effettuate, le cui risultanze saranno ufficialmente presentate ad aprile, su 44 siti. Un metodo per capire con precisione quali danni alla salute pubblica, facendo attenzione alla formazione dei carcinomi, siano determinati dai più disparati fattori. A partire dall’inquinamento atmosferico, nelle realtà in cui ad esempio sono presenti dei petrolchimici o delle industrie che producono ingenti quantità di scorie. Assecondando la logica – ha concluso – della complementarietà si valutano poi l’incidenza e il tasso di mortalità, come abbiamo fatto per Crotone relativamente al periodo ’96-2005. Arco temporale in cui affiora purtroppo un aumento di decessi per neoplasie». Sul Registro Tumori provinciale ha incentrato l’attenzione la Sutera: «È nato nel 2003 quando c’era ancora l’Asl 7, adeguandosi poi alla costituzione dell’Asp. Lo redigono due medici e due rilevatori, ma vi collabora pure la patologa Annamaria Lavecchia. Il nostro ruolo principale è quello dell’accreditamento dei dati, che inseriamo successivamente nel database italiano». Su tale strumento il primario del dipartimento di Oncoematologia del “Pugliese-Ciaccio” Stefano Molica ha rilevato che «quanto emerge dalle tabelle rivela che al Meridione ci si ammala di meno, ma purtroppo si muore di più. Una tendenza che cerchiamo di invertire con ogni mezzo. In Calabria ci sono più ombre che luci. Fra le “luci” annoveriamo i quattro oncologi per struttura, tra le ombre la scarsità di centri radioterapici, solo 3, e i pochi hospice, appena due». L’evento è stato concluso da una tavola rotonda moderata dal giornalista scientifico Luigi Carra, alla quale hanno preso parte i giornalisti Betty Calabretta, Edvige Vitaliano e Mario Mirabello. Dal dibattito è emersa la risonanza mediatica, nel bene e nel male, della sanità calabrese, purtroppo in cima alle classifiche per casi presunti o accertati di malasanità, deficit finanziario, emigrazione dei malati e sperperi denunciati dalla Corte dei Conti con relativi giudizi di responsabilità come il famoso caso scaturito dai “mammotoni” inutilizzati nello screening dei tumori femminili.
Gazzetta del Sud del 17.3.2011