Domenica 29 settembre sarà una giornata cruciale per la salvaguardia dell’ambiente. Il coordinamento regionale ControVento ha organizzato l’iniziativa “Un tuffo contro le pale eoliche”, con l’intento di difendere gli ecosistemi a beneficio delle generazioni future.

L’evento prevede dei raduni alle ore 10 presso il primo piazzale del lungomare di Cropani, sul lungomare di Guardavalle Marina e al lido Ulisse di Squillace Lido. L’obiettivo è fornire una risposta decisa all’installazione di impianti eolici off-shore, coinvolgendo sindaci, amministratori e cittadini. Diversi Comuni hanno già confermato la propria partecipazione, e molti altri stanno aderendo progressivamente.

In un documento sottoscritto dai sindaci del Golfo di Squillace si evidenzia come, nel contesto autoritario nazionale e internazionale attuale, spesso definito come “totalitarismo economico”, le decisioni governative e le leggi parlamentari siano dettate dai grandi movimenti finanziari globali. In tema di transizione energetica, le comunità locali, rappresentate dagli stessi sindaci, non hanno voce in capitolo né alcun potere decisionale sulle valutazioni riguardanti la collocazione degli impianti, che impattano in maniera significativa sull’ambiente in cui vivono le popolazioni locali. Secondo il documento, tutto ciò costituisce sia un sintomo che una causa dell’aggravamento della crisi del sistema democratico.

Per evitare di cadere nella cosiddetta “sindrome Nimby” – spesso evocata per stigmatizzare le proteste locali contro opere infrastrutturali – la transizione energetica deve essere equa e rispettare percorsi democratici, senza violare i principi costituzionali. Grazie alla recente modifica dell’articolo 9 della Costituzione italiana, infatti, la Repubblica ha il dovere di proteggere il paesaggio, gli ecosistemi e la biodiversità. Nessun valore costituzionale dovrebbe essere sacrificato a favore di un altro: l’intera Carta costituzionale promuove la dignità umana nel suo contesto ecologico e sociale.

Tuttavia, le attuali normative italiane in materia energetica sembrano privilegiare i profitti di settori privati a scapito dei cittadini e del loro contributo fiscale. I sindaci chiedono, interpretando il sentimento delle comunità che amministrano, che la produzione e distribuzione di energia torni a essere un servizio pubblico essenziale, come sancito dall’articolo 43 della Costituzione. Solo in questo modo l’energia rinnovabile potrà essere sviluppata in maniera sostenibile, senza danneggiare i territori e il loro ruolo di regolatori climatici, preservando ecosistemi, biodiversità e paesaggio.

Secondo i firmatari del documento, è necessario che gli enti pubblici, in quanto rappresentanti dell’interesse collettivo, si occupino della transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, puntando sulla riduzione degli sprechi energetici e sull’utilizzo prioritario dei terreni già consumati. Un’ampia superficie di circa 9000 chilometri quadrati – equivalente all’estensione dell’Umbria – composta da infrastrutture dismesse, capannoni industriali e agricoli in rovina, miniere abbandonate e altro, potrebbe essere utilizzata per produrre oltre 80 gigawatt di energia pulita entro il 2030.

I territori, sottolineano ancora i sindaci, non devono diventare aree sacrificate alla monocultura energetica, ma devono restare a disposizione di allevatori, agricoltori, apicoltori, operatori turistici e pescatori, ovvero di tutte le categorie che costruiscono giorno dopo giorno un legame profondo con il paesaggio e la storia locale. La crisi ecologica, concludono, deve rappresentare un’opportunità per avanzare verso una civiltà più evoluta, uscendo insieme da questo dramma globale attraverso un cambiamento radicale, e non trasformarsi nell’ennesima occasione di guadagno per pochi, a discapito della vita e della bellezza del nostro pianeta.

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