Caro Tito, che io sappia, nessuno finora si è soffermato a raccontare (specialmente alle nostre giovani generazioni) come sia nato il Teatro Comunale di Badolato Marina. Per rispondere all’antico proverbio “Chi più sa dica, chi più può faccia” … sento il dovere di dire ciò che so io … pure dal momento che ne sono stato testimone diretto durante la sua ideazione e progettazione. Ad ogni modo, in gran parte sono notizie che possono essere (più o meno) date ancora da altre persone nostre contemporanee, come gli ex Amministratori municipali della Lista Civica Aratro (1980-85) … in particolare Andrea Menniti (sindaco), Antonio Carioti (consigliere, nella foto), Mario Ruggero Gallelli (assessore ai Lavori Pubblici) ed altri che ne hanno fatto parte. Ma anche delle Amministrazioni successive che, in vario modo, hanno avuto a che fare con la collocazione, la costruzione, la definizione, l’inaugurazione e la gestione (anche attuale) di tale Teatro Comunale. Basterebbe sfogliare quelle deliberazioni di Giunta e di Consiglio. E la cronaca giornalistica (“social” compresi). Ad esempio, per avere una qualche idea, adesso si possono consultare i seguenti siti << http://www.residenzateatrobadolato.it/il-teatro-comunale/ >>  –  << https://www.teatrodelcarro.it/teatro-comunale-badolato/ >> – << https://www.facebook.com/groups/TeatrodelCarro/?locale=it_IT >>.

 

In questo momento, però, vorrei inserire il Teatro Comunale in un discorso un po’ più ampio ma assai pertinente. E, a mio parere, alquanto necessario per la consapevolezza generale di un qualsiasi cittadino che voglia essere cosciente del proprio territorio nella storia del luogo e della società di appartenenza.

Tutto ciò per gustare meglio e bearsi (persino) dello stare in un contesto vocazionale cui partecipare con entusiasmo per la migliore qualità possibile della vita individuale e collettiva. In tale operazione di migliore conoscenza territoriale potrebbero essere utili gli Ordini professionali di Geometri, Ingegneri, Architetti e, ovviamente, le Accademie di Belle Arti e le Soprintendenze ai Beni Culturali competenti, nonché associazioni come le “Pro Loco” – “Italia Nostra” –  il FAI e così via.

Le quali dovrebbero svolgere un ruolo socio-pedagogico più incisivo e capillare, specialmente nelle scuole, nei circoli culturali e in qualsiasi altro ambiente possibile, persino nelle fabbriche e altri luoghi di lavoro!…

1 – TOPONOMASTICA E STORIA SOCIALE

Caro Tito, vivendo nel tuo paese o nella tua città o visitando altri luoghi, ti sarai accorto pure tu che saresti più contento nel sapere (seppur a grandi linee) la storia ed il significato almeno degli edifici più importanti e in vista, ma anche della vegetazione e l’intitolazione delle strade e delle piazze. Così io stesso sento che potrei godere maggiormente del mio ambiente abituale se potessi conoscere la vita di tali luoghi oltre che delle persone che ci abitano. Più volte ho tentato di proporre, nei decenni passati, alle scuole di Badolato (elementare e medie) di effettuare la ricognizione dei nomi delle vie, delle piazze, dei monumenti. Forse invano. Infatti nulla mi è stato riferito se ciò sia poi stato fatto, specialmente nel contesto del programma “Scuola – Territorio” di qualche decennio fa cui ho dato altri “input”.

 

E sarebbe pure utile fare una ricerca sugli edifici abbattuti che non ci sono più, come, ad esempio, il piccolo mercato o pescheria che c’era di fronte alla chiesa di Santa Maria e che adesso fa parte della << BADOLATO CHE NON C’E’ PIU’ >>. In tale Piazza Santa Maria, a proposito di teatro, faceva tappa il cosiddetto “Teatro di Tespi” formato e realizzato prevalentemente da semplici operai e contadini (con la partecipazione di qualche studente o insegnante). Tale forma di teatro popolare era itinerante e si fermava nelle piazze, negli slarghi delle rughe per fare la medesima rappresentazione, consistente spesso nelle “FARSE” ovvero commediole satiriche (spesso scritte dagli stessi attori) che prendevano in giro i padroni-sfruttatori dell’intera umile popolazione o, a volte, affrontavano situazioni e problematiche esistenziali. Come da antica tradizione greca. Della stessa satira delle “Farse” veniva caricato il Carnevale di ogni anno. Che io sappia l’ultimo corteo di Carnevale tradizionale è stato realizzato al borgo nel 1975 (cui si riferisce la presente mia foto).

 

Essendo stato sempre cosciente dell’importanza della toponomastica anche rurale, pure per cercare di comprendere meglio i luoghi abitati o frequentati del mio paese, ho cercato di capire (spesso pure insieme ai miei amici abituali) il significato, il valore anche evocativo dei nomi dei luoghi, degli edifici. A volte i nomi dei luoghi ci possono portare ad eventi lì accaduti o alle caratteristiche umane e produttive dei vari siti. Così, ad esempio, attorno al 1970, io e un gruppo di amici (poco più che adolescenti) abbiamo cercato di studiare la toponomastica dei nostri luoghi rurali e, ragionandoci sopra, siamo arrivati persino a intuire che attorno al fiume Gallìpari (pare sia stato l’antico “Elleporo” nella Magna Grecia) si sia svolta una battaglia tra opposti eserciti. Evento che ci è stato immediatamente dopo confermato da uno storico locale cui ci eravamo rivolti. Fu una grande soddisfazione per noi. Infatti, nel 389 a. C. (come narrano vari e antichi storici) vi si svolse la cosiddetta “Battaglia dell’Elleporo”  Tra le Lega Italiota e il tiranno Dionisio I di Siracusa (vedi, ad esempio,  << https://www.laradice.it/LA-BATTAGLIA-DELLELLPORO/art/1204381 >> o anche << https://www.treccani.it/enciclopedia/elleporo_%28Enciclopedia-Italiana%29/ >> ma pure << https://it.m.wikipedia.org/wiki/Battaglia_dell%27Elleporo#:~:text=La%20battaglia%20dell’Elleporo%20si,capitanata%20da%20Elori%20di%20Siracusa >>). Una recente campagna di scavi pare confermi una simile ipotesi.

 

Mi sono sempre chiesto, ad esempio, perché a Badolato borgo c’è Via Portogallo o Via Siena o Via Corsica. Sarebbe interessante capire le motivazioni che stanno dietro tale tipo di toponomastica. Perché questa e non altra denominazione?… Quando dal 1973 al 1977 ho effettuato le ricerche per la mia tesi di laurea su Badolato, mi ero premurato di realizzare pure tale ricognizione così come quella dei soprannomi, aiutato dall’allora guardia municipale Vincenzo Criniti (24 aprile 1917 – 06 febbraio 1993) qui nella foto da giovane (di cui ringrazio il figlio architetto Franco). Per i soprannomi, messo mano all’anagrafe ufficiale, siamo arrivati alla lettera C mentre per la toponomastica è stato più difficoltoso poiché bisognava consultare le innumerevoli Deliberazioni di Giunta e di Consiglio, ma anche gli atti di nascita e di morte delle persone per controllare l’indicazione delle vie già presenti dal 1808 (data di inizio dell’anagrafe comunale). Sarebbe assai utile che qualche studente universitario scegliesse tali tematiche come tesi di laurea o per uno studio adeguato ad uso di una bella pubblicazione a stampa. Adesso, vorrei contribuire a fornire un tassello di tale mosaico da ricostruire, rifacendomi alla gènesi del piccolo Teatro Comunale di Badolato come struttura edilizia, non come Storia dell’attività teatrale che è molto più antica nel tempo o di quella attuale che rientra nei circuiti persino internazionali.

 

E sarebbe pure questa dell’attività teatrale in uso a Badolato una bella storia da raccontare. Qualcosa ho descritto in queste mie corrispondenze, citando quel “Mi dimetto da attore” del ferroviere Mosé Caporale (1928-2022), il quale mi fece leggere un quaderno dove aveva annotato i testi di base e di ispirazione delle sue commedie di carnevale (farse) rappresentate in giro per i rioni del borgo a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta.

E sarebbe utile almeno accennare alle attività teatrali in àmbito studentesco o parrocchiali, di cui tratta il prossimo libro di Luisetta Caporale sulla Storia di Badolato Marina, di cui ho letto una prima bozza preparatoria. E su questa antica vocazione teatrale di Badolato oltre che per le necessità socio-culturali attuali (convegni, conferenze, assemblee, ecc.) si è basata l’idea di avere una vera e propria struttura utile per tutti, pure per i paesi viciniori e dell’inter-zona. Infatti …

2 – L’IDEA DI UN TEATRO PER BADOLATO

Infatti, non tutti sanno chi ha veramente promosso, chi ha progettato e chi ha poi realizzato il teatro che è adesso operativo in Badolato Marina. Forse è bene cercare di capire, pure per fare emergere tale Opera da qualche equivoco (anche politico) e dare a ciascuno il suo (come si suole dire). Qualcosina la posso dire pure io e dare per certo, poiché alla fine degli anni settanta del secolo scorso ne sono stato testimone e anche partecipe di qualche piccolo passaggio preparatorio di carattere socio-antropologico. Per capire meglio bisogna fare un cenno ad alcune consuetudini proprie di quel periodo. Nessuno, me compreso, aveva mai pensato prima ad edificare una struttura che potesse ospitare un teatro vero e proprio in Badolato, nonostante questo nostro paese (come ho appena accennato) avesse una lunga tradizione di teatro popolare ed associativo. E già le rappresentazioni religiose, così numerose e scenografiche, sono numerose e partecipate durante tutto l’arco dell’anno cosicché tutto il territorio urbano e zone circostanti sono un teatro naturale nel quale attori e pubblico fanno parte di un unico evento.

 

 A parte le scuole necessarie ed obbligatorie istituzionalmente, le opere pubbliche “facoltative” venivano in genere proposte dai tecnici del settore (architetti, ingegneri, geometri, ecc.) generalmente legati alla classe dirigente governativa locale o nazionale. Erano loro stessi che, pur di lavorare e di campare (ma anche per vero slancio di progresso sociale), andavano alla ricerca di finanziamenti per la realizzazione di piscine comunali, impianti sportivi, mercati coperti, teatri, musei e così via. Con tale metodo era sorto un piccolissimo mercato coperto in Badolato Marina, struttura che molto poco è stata adibita a mercato, bensì a diverse esigenze periodiche (eterogeneo deposito comunale, alloggio per senza-tetto, scuola materna, ecc.) … poi stabilmente centro aggregativo per anziani. Così fu pure la genesi del Teatro di Badolato. Nel 1978 uno di questi tecnici delle costruzioni, l’architetto Roberto Biscardini di Milano ha conosciuto in àmbito socialista il giovane Antonio Cariòti studente d’arte all’accademia di Brera, originario dell’attiguo comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio e fidanzato con Teresa Carnuccio una collega studentessa di Badolato. Fu Biscardini a proporre a Cariòti la costruzione del Teatro a Badolato. Cariòti era in quel periodo un attivista socialista in Badolato: tra l’altro, ha contribuito alla rinascita della sezione PSI e, pur non essendo nell’Amministrazione comunale, è riuscito a dotare il Comune di uno “Scuolabus” finanziato dalla Regione Calabria, dimostrando così ai comunisti che avrebbero potuto e dovuto farlo loro (come in altri settori socali).

3 –  LA PROPOSTA DEL PROGETTO DI ROBERTO BISCARDINI

A Badolato la sezione del Partito Socialista Italiano (PSI) è stata fondata nel 1898. A tale evento risale la foto di questo paragrafo (realizzata da Vincenzo Rudi, nonno di Massimo, maestro fotografo in Soverato). I socialisti badolatesi divennero quasi tutti “comunisti” dopo la svolta di Livorno del 21 gennaio 1921. Tuttavia un piccolo gruppo è rimasto fedele al Socialismo, che, in termini amministrativi locali, sosteneva il Partito Comunista andato al potere comunale nel 1946 (praticamente fino ad oggi). Una serie di circostanze ha poi fatto sì che, tra il 1978-79, pure per la presenza di Antonio Cariòti (nato nel vicino comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio mercoledì 16 marzo 1955) la sezione del PSI è stata rifondata ufficialmente e nelle elezioni municipali del 1980 ha eletto propri rappresentanti in una coalizione civica di centro-destra (democristiani e altri). Ed è stato con questo tipo di amministrazione badolatese che si è dato inizio all’idea-progetto del Teatro comunale mai pensato prima. Merito, quindi, del nuovo clima politico e, in particolare, dell’architetto milanese Roberto Biscardini e di Antonio Cariòti (neo-badolatese per matrimonio). Quindi, due persone fondamentalmente non di Badolato. Ed ecco (al seguente paragrafo 3) la “dichiarazione” rilasciatami (ad uso di questa Lettera n. 563) da Biscardini (urbanista e politico, nato a Legnano MI mercoledì 11 giugno 1947). Costui (come si può lèggere in << https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Biscardini >>) tra tante altre cose è stato pure Senatore della Repubblica per due anni (dal 26 luglio 2004 al 27 aprile 2006) nonché Consigliere della Regione Lombardia e dirigente socialista. Ancora adesso sempre attivo nelle lotte per i diritti civili e politici ed in altre illuminate iniziative di progresso sociale.

 

Personalmente ho accolto con grande entusiasmo l’idea di un Teatro Comunale a Badolato e con il promotore-progettista Biscardini ho ragionato su tematiche sociologiche e culturali per agevolarlo dell’adattamento e inserimento di tale preziosa struttura pubblica nel nostro territorio. Cosicché si era deciso di collocarla tra il borgo e la Marina, come congiunzione ideale tra le due realtà, ma anche perché nei pressi del posto prescelto sarebbe passata poi (erano voci attendibili come ancora adesso) il nuovo tracciato trans-collinare della statale 106 a quattro corsie (quindi con possibilità di migliore raggiungibilità pure da paesi e città di una inter-zona più o meno distante). Ma, lasciamo la parola allo stesso architetto Biscardini il quale, molto gentilmente, nell’ottobre 2023 (giusto un anno fa) mi ha rilasciato la seguente dichiarazione-testimonianza proprio ad uso di questa “Lettera n. 563” (accompagnandola con la pianta ed i prospetti dell’edificio, mentre Antonio Cariòti ha realizzato le foto allo stato dei fatti dello stesso ottobre 2023) mostrando una struttura poco curata (almeno esternamente e nel contesto dei luoghi). C’è da precisare che il progetto prevedeva un grande Centro Polifunzionale, del quale poi è stato realizzato appena appena il 15% (forse). Dirottamento di fondi o incapacità? … o addirittura depotenziamento dell’iniziativa socialista a scapito della comunità?… Da indagare storicamente.

4 – LA TESTIMONIANZA DI ROBERTI BISCARDINI

Il Teatro di Badolato. L’inizio di un grande progetto socialista pensato quarant’anni fa (di Roberto Biscardini). Non penso che siano state molte le iniziative pubbliche delle amministrazioni comunali calabresi che negli ultimi quarant’anni hanno voluto con tenacia realizzare nuovi edifici destinati ad attività culturali e sociali per i propri cittadini e per quelli dei comuni intorno. Questo è il caso abbastanza straordinario del Comune di Badolato che nei primi anni ’80 incaricò me e il mio studio di Milano di progettare un centro sociale plurifunzionale che prevedesse oltre ad un teatro, un auditorium ed una biblioteca, anche un piccolo centro congressi, una sede espositiva e di promozione turistica, sale riunioni, un museo della cultura materiale e, un centro di documentazione, spazi educativi e spazi per attività didattiche. In un momento in cui il tema della salvaguardia degli antichi borghi calabresi era agli inizi, ma il recupero di Badolato, come uno dei nuclei storici più belli della Calabria, era già fortemente sentito dalla politica locale.

 

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Un progetto studiato per rappresentare anche una novità dal punto di vista architettonico. Un’opera moderna, o postmoderna, arricchita da alcuni riferimenti stilistici della tradizione rurale e dei borghi calabresi. Il progetto non era semplice, perché si trattava di concepire un edificio capace di attrarre socialità e promuovere nuove e diversificate funzioni di carattere sociale e di incontro. Rivolto soprattutto alle nuove generazioni. Simbolo del giusto tentativo di evitare il continuo spopolamento del territorio. Con l’obiettivo preciso di realizzare una nuova centralità urbana, in un territorio relativamente incontaminato e per certi versi arido anche dal punto di vista ambientale. La scelta, condivisa con l’amministrazione comunale di allora, è stata quella di collocare questo nuovo complesso architettonico tra Badolato Marina e Badolato Superiore. Per una ragione concreta e simbolica. Riparare in parte all’eccessivo scivolamento a valle delle popolazioni di mezza costa e trovare un punto nevralgico di raccordo tra i due abitati, così diversi tra loro e in qualche modo così lontani. Non per prevedere una sorta di saldatura tra i due centri, che assolutamente non avrebbe avuto alcun senso e non ha senso neppure oggi, ma per essere, questo nuovo centro sociale, il centro di tutti. Per offrire un’opportunità agli abitanti della marina, ma anche per proporsi come avamposto di un’auspicata rivalorizzazione dello straordinario borgo antico.

 

Il nostro progetto è stato approvato dal Consiglio comunale nei primi anni ’80. Successivamente è stato redatto dall’Ufficio tecnico il progetto esecutivo del primo lotto relativo al teatro. Progetto poi finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti, all’interno di un Fondo Cipe destinato agli Itinerari turistici della Magna Grecia, a seguito di una forte iniziativa politica degli amministratori socialisti, che allora avevano saputo sensibilizzare il Ministro Claudio Signorile e in particolare Bruno Dominijanni a suo tempo Presidente della giunta regionale della Calabria. Un grande impegno e un grande lavoro sostenuto dal Psi che, dopo aver aperto la propria sezione nel 1978 sull’onda del progetto socialista per l’alternativa, era stato decisivo per vincere le elezioni locali del 1980. Quel teatro rappresentò pertanto un fatto importante, a dimostrazione della volontà dell’Amministrazione locale di allora di investire su un’opera di interesse culturale e sociale, anche se si è persa, con la realizzazione del solo primo lotto, l’idea originale del complesso integrato plurifunzionale, complesso anche dal punto di vista delle compenetrazioni delle forme architettoniche e delle relative funzioni. Con il teatro si sono realizzati così circa 400/500 mq. di superficie coperta su un’area di circa 3000 mq. contro i 10000 mq. previsti originariamente.

 

Purtroppo in una zona, a mio avviso, troppo vicina a Badolato Marina, perdendo quella baricentricità tra i due insediamenti urbani di Badolato che rappresentava la vera novità dell’idea urbanistica del progetto. Forse una sottovalutazione, in particolare, della componente più vicina al Pci, che in contrapposizione allo spirito e all’impostazione data fin dall’inizio dai socialisti, ha voluto cambiare il contenuto originario dell’intervento, con la motivazione poco credibile che la localizzazione indicata fin dall’inizio ricadesse in una zona troppo impervia e persino argillosa. Commettendo però così un errore significativo. Quel teatro non doveva essere solo il Teatro di Badolato Marina ma uno spazio aperto al pubblico per l’intero comprensorio e per il futuro della Badolato Superiore. Ma una cosa può ancora essere recuperata. Bisognerebbe proseguire e realizzare l’intero complesso plurifunzionale pensato allora. Perché dopo quarant’anni l’idea è ancora giusta. Arch. Sen. Roberto Biscardini – Milano, ottobre 2023.

5  – IL TENTATIVO DI ALTRE COLLOCAZIONI

Come accennava l’architetto Biscardini, la prima idea di collocazione vedeva il teatro quasi a metà strada tra il borgo e la Marina, al termine di Via Antonio Gramsci (in località Chjanti) lungo la strada provinciale 135 (Badolato Marina – Badolato Superiore), in zona pianeggiante e panoramica a 360 gradi verso mare, montagna e zone circostanti. In un secondo tempo si parlava di impiantarlo in località Tiratore (tra ferrovia e lungomare) vicino agli impianti sportivi ed alle aree verdi attrezzate. Il concetto di tale localizzazione era legato alla funzione anche estiva del teatro, pure come attrazione turistico-culturale; magari abbinato ad un’arena all’aperto per spettacoli sotto le stelle (tra cui la proiezione di film, concerti ed altre utili manifestazioni). Altro concetto era quello di mettere il teatro dove c’è la gente senza costringere la gente ad andare dove c’è il teatro. E sicuramente sul lungomare tale struttura era in mezzo alla gente (nonché vicinissima a numerosi locali di intrattenimento e di ristorazione) e in zona facilmente raggiungibile anche a piedi da ogni parte dell’abitato della Marina.

 

Ma l’Amministrazione comunista (che ha negli anni ereditato l’esecuzione del progetto) si è mostrata molto contraria, pure per coerenza con l’indirizzo sempre avuto di non realizzare alcun tipo di edificio (neanche di carattere sociale) tra ferrovia e lungomare. Salvo concedere l’eccezione di cospicue abitazioni e addirittura di un villaggio turistico, anche se più defilato in zona Gallipari, ma pur sempre sulla fascia costiera tra ferrovia e mare. Misteri della fede. E, comunque, sia l’architetto Biscardini non è stato invitato a partecipare all’inaugurazione (pur dopo tanti anni) dell’attuale Teatro Comunale. E, probabilmente, il suo nome non sarà stato neanche ricordato dall’oratore di turno. Come per il teatro di Soverato (leggi più avanti). Quello della riconoscenza del lavoro altrui è un tema a me assai caro e cerco ancora e sempre di puntualizzare socialmente la necessità di dare i meriti (almeno morali) a chi se li è guadagnati sul campo. Purtroppo è un aspetto etico che manca alle passate così come alle nuove generazioni. Le stazioni pedagogiche dovrebbero curare tale aspetto. Inoltre è pure una questione di giustizia e di civiltà.

Non so, poi, chi abbia presa la decisione di edificare il teatro nella zona dove è stato realizzato, alla fine del Viale Magna Grecia. In verità seminascosto, in una zona piuttosto anonima e decentrata, insignificante e marginale rispetto sia all’area urbana che all’area di espansione edilizia (sulle propaggini argillose ed aride del monte Manna, lato nord), sebbene possa godere dell’aria del mare e della montagna. Una decisione che ha destato parecchi sospetti di natura speculativa o di scambio di favori tra interessi e poteri locali. Una struttura pubblica carica di significati come un teatro, messa lì, in un angolo nascosto e quasi anonimo, ha tolto il rilievo urbanistico dovuto ad una simile istituzione socio-culturale.

 

Comunque sia, visti i cartelloni stagionali, pare che l’attività teatrale (anche dialettale locale) ci sia e anche di pregio; anche se l’utilizzo della struttura è piuttosto limitata, pure perché decentrata e attorno non c’è nulla che possa attrarre gente (giardini, verde attrezzato, aree di sosta e dignitosi parcheggi, ecc.).

Proprio l’esatto contrario della migliore localizzazione del Teatro Comunale di Soverato, in zona pianeggiante, tra istituti scolastici e importanti vie di comunicazione come strade e ferrovia; facilmente raggiungibile da ogni parte della Provincia.

Ecco come ne scrive l’architetto Salvatore Regio, originario di Serra San Bruno e mio compagno di classe al ginnasio-liceo dei Salesiani di Soverato negli anni 1965-1968. Lo ringrazio pure qui per avermi rilasciato (ad uso di questa “Lettera n. 563”) la seguente testimonianza che (occupando tutto il paragrafo 5) porta la data del mese di novembre 2023. Testimonianza accompagnata da numerose foto che però posso utilizzare solo in parte. Me ne scuso.

6 – ARCH. SALVATORE REGIO: IL TEATRO “REGIO” DI SOVERATO

Racconto questa storia perché sollecitato dal mio amico Mimmo Lanciano, che mi ha parlato della vicenda del Teatro di Badolato negli anni ’80, che non conoscevo. E’ una storia diversa, che si è svolta dieci anni dopo, ma, nella sostanza, anche se l’esito finale è stato tutto sommato positivo, rivela la stessa difficoltà di realizzare un progetto in Calabria. Dunque. Siamo nel 1994. Avevo lasciato lo studio Gregotti, dopo dieci anni di collaborazione, e avevo intrapreso la vita del pendolare: due settimane a Milano e due settimane a Serra San Bruno (originale?). L’idea fissa, sempre quella, di tornare in Calabria.

 

Eravamo in maggio, lavoravo nel mio studio di Milano. Ricevo la telefonata di Gianni Calabretta, sindaco di Soverato, compagno di studi al Liceo Classico dei Salesiani. Dice: devi fare il Teatro di Soverato (buono), ci sono pochi soldi (non buono), ne arriveranno altri (?), strada facendo (??), ma dobbiamo fare presto (???). Mi sono messo a ridere. Poi, incalzato (non ti devi preoccupare, è sicuro, non possiamo perdere questa occasione, abbiamo una compagnia teatrale, ci devi aiutare) … io, ragazzo di natura ottimista e di facile entusiasmo, crollai e gli dissi: sì va bene, ma mi raccomando: i soldi non bastano neanche per la struttura. Mi buttai a capofitto nello studio del progetto, insieme al co-incaricato ing. Severino (sindaco di Santa Caterina). Il progetto: costruzione del Teatro Auditorium di Soverato con 370 posti, finanziato per l’importo di lire 900.000.000 con mutuo contratto con la Banca Nazionale del Lavoro. L’area: 6.000 mq a ridosso della grande curva di via Amirante all’incrocio con la via di accesso allo stadio comunale. In giugno presentammo il primo progetto: l’idea proponeva un edificio rivestito di blocchi di (tufo, nelle intenzioni, ma troppo costoso) Leca color tufo, che richiamasse la tipologia dei bastioni costieri mediterranei. Fatti i conti: fuori dalla portata.

 

In luglio il secondo progetto, stessa idea, ma molto più ridotto: subito scartato, troppo piccolo. A spronbattuto il terzo progetto, più equilibrato: viene approvato. A novembre è presentato in Consiglio Comunale.

Qualcuno ricorda ancora le mie parole: dissi che l’intenzione era di produrre un buon bicchiere di vino e non una bottiglietta di CocaCola. A marzo del 1995 si aggiunge carne al fuoco, ma sempre con pochi soldi. L’Ufficio Tecnico Comunale elabora: l’occasione di poter accedere al finanziamento del P.O.P. Calabria 1994/1999 costituisce l’opportunità di realizzare un progetto per un Centro Congressi completo, di cui la Città di Soverato, Comune guida nell’ambito turistico “Area del Golfo di Squillace”, ha urgente necessità. Ai 600 mq del Teatro, si aggiungono 900 mq per un importo di lire 700.000.000.

Si svolge la Gara d’Appalto per i Lavori del Teatro. Importo a base d’asta 690.000.000 di lire. La Gara è vinta da un’impresa di Badolato con un ribasso eccessivo (mi pare intorno al 40%).

 

Febbraio 1996 si cambia l’Area d’intervento e siamo al quarto progetto, quello definitivo. La nuova area: sempre in via Amirante, ma più verso il Centro Città, al di sotto della Stazione Ferroviaria, fra il sottopassaggio della Statale 106 (accesso sud a Soverato) e l’Istituto Tecnico. Certamente è una scelta migliore, sia dal punto di vista logistico (nell’ambito delle Scuole, poco distante da piazza Maria Ausiliatrice e adiacente alla Stazione), sia per le condizioni del terreno (meno problematiche). Rispetto al progetto precedente l’edificio non cambia, ma viene ribaltato: la facciata curva con gli ingressi è rivolta verso via Amirante. Verifico e stabilisco l’asse di tutto l’impianto, con il centro di curvatura nella vasca d’acqua antistante l’ingresso alla Stazione. Propongo, inoltre, la valorizzazione dell’area fra il Teatro e la Stazione stessa: demolendo i magazzini fatiscenti lungo la Statale, si può creare un ingresso superiore, con una piccola piazza di fronte alla Stazione, da cui discende una scalinata-anfiteatro all’aperto; predisponendo dei portelloni scorrevoli, può essere utilizzato il palcoscenico “bifronte”: verso l’esterno e verso l’interno.

 

L’edificio, con pianta rettangolare di mt 23×27.50, è costituito da due corpi bassi (altezza mt 4.50) verso gli ingressi e due corpi di 7 mt verso la torre scenica (altezza mt 13.50); la sala (altezza mt 9.50), presenta un fronte curvo (convesso) verso via Amirante, in quota con gli ingressi, da cui si accede al foyer (bar, biglietteria e guardaroba). Dal foyer si accede alla sala e, tramite due scale simmetriche, verso l’alto alla galleria e, verso il basso, al seminterrato, destinato a deposito e anche a sala prove. I servizi (anche per disabili) sono situati alle varie quote: alto platea, basso platea, alto galleria.

Ampio palcoscenico (mt 14×8) con pavimento in rovere (possibilità di accesso diretto al sottopalco), boccascena di mt 10.50×6, camerini per gli artisti con servizi, due scale simmetriche per accedere, in basso al sottopalco e al seminterrato, in alto alle passerelle e alla graticcia. Al di sopra dell’arco scenico sono destinati 4 mt di soffitta fino alla graticcia più 2 mt praticabili. La sala: gradoni curvi, 10 file per un massimo di 16 posti, due settori, tre corridoi di distribuzione, 220 posti. Poltroncine distanziate con intervallo regolare di 82 cm. Le pareti laterali sono divergenti con un’altezza massima di 8.50 mt. Alla quota inferiore vi sono due uscite di sicurezza; quattro alla quota superiore. Le persone disabili trovano posto lungo la parete di fondo sul piano del corridoio di uscita. La galleria: 6 file su gradoni curvi, due settori più due file di palchi degradanti, 150 posti. Dietro la parete di fondo sono posti i servizi igienici e, al centro, una sala regìa. Struttura: platea di fondazione, setti portanti e solai intermedi di cemento armato. Copertura della sala (340 mq) di legno lamellare. Rivestimento esterno: 850 mq blocchi di Leca (cemento e argilla espansa) colore tufo.

 

Marzo 1997. Consegna dei Lavori all’impresa. Si apre il cantiere. Si scava: il piano fondazioni è a circa 5 mt sotto la quota di via Amirante. Si getta il magrone. Non dimenticherò mai il giorno del tracciamento sul campo. Scena: io sono su via Amirante in alto; in basso due addetti dell’impresa: uno, in fondo, regge un’asta, a cui è legato un gomitolo di spago, l’altro tende lo spago venendo verso di me; indico al primo esattamente il punto dell’asta; cerco di dirigere l’altro verso il secondo punto. Dico “cerco” perché comincia un balletto comico di occhiate, gesti con le mani, urla: più a destra, più a sinistra; quello che tiene l’asta la sposta, l’altro che tiene teso lo spago si muove rimanendo accosciato di qua e di là. Finalmente capisco quale è il problema: la coperta era un po’ corta da un lato: mancava mezzo metro di cemento al piano di tracciamento e cercavano di spostare l’asse. Urlo a squarciagola: ora basta, rimettete tutto com’era e domani aggiungete il cemento che manca. Il cantiere procedeva spedito: ferri, casseri, i getti di cemento si susseguivano in maniera abbastanza ordinata. E, invece, tra settembre e ottobre: cantiere chiuso, lavori sospesi. Io ero a Milano.

 

Chiedo a Severino; dice: il titolare ha qualche problema. Novembre: cantiere chiuso. Chiedo; dice: il titolare ha problemi di salute. Il dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune comincia a scrivere: si intima alla Direzione Lavori di richiamare l’impresa, pena la rescissione del contratto. Dico a Severino: dobbiamo rispondere; dice: è una cosa burocratica, devono scrivere, non ti preoccupare, ci ho parlato, è tutto a posto, all’Amministrazione non conviene rompere. Dicembre: incontro con il sindaco e con l’impresa. Si va avanti. Gennaio 1998. Riprendono i lavori. Febbraio nuova sospensione. Il dirigente scrive e non rispondiamo. Marzo ripresa. Aprile: Gianni Calabretta mi chiama e riprende il discorso del Centro Congressi: va adattato alla nuova area. Va bene: nuovo progetto: sull’asse del Teatro, col medesimo centro di curvatura, al di là di via Amirante. Dico: e il Teatro? Dice: forse c’è un altro finanziamento. I lavori procedono lentamente: si comincia a lavorare nelle parti alte dell’edificio. Parlo a quattr’occhi col titolare dell’impresa, gli chiedo se avesse intenzione di finire il lavoro; mi ha risposto: il Teatro non lo posso fare a mie spese. L’ho convinto a continuare, con l’aiuto di altre maestranze.

 

Novembre 1999: preventivo per la copertura della sala con legno lamellare; preventivo per il rivestimento con blocchi Leca. Luglio 2000: soluzione definitiva per la copertura e per il rivestimento: l’impresa porta in cantiere i primi bancali di blocchi. Siamo arrivati in cima alla torre scenica; il volume dell’intero edificio è quasi completato. Novembre. Arriva la mannaia dell’Ufficio Tecnico: rescisso il contratto con l’impresa e revoca della Direzione Lavori per noi. Fine. Che facciamo? Protestiamo. Apriamo un contenzioso? I fatti ci davano torto. Le ragioni no. Ho cercato di portare avanti il progetto finché ho potuto, nell’interesse della Città, in condizioni impossibili. Non ho voluto creare ostacoli e mi sono fatto da parte, ma rivendico la paternità. Epilogo: il cantiere è rimasto chiuso per anni. Una nuova Amministrazione ottiene un ricco finanziamento (non so quanto è costato alla fine: 5/6 milioni di euro?) per completare il Teatro con un nuovo architetto. All’inaugurazione (18 luglio 2007) non sono stato invitato. Comunque il Teatro funziona. E, anche se hanno provato a farlo somigliare più ad una bottiglietta di CocaCola anziché ad un buon bicchiere di vino, sono contento che non sia finito come le troppe cattedrali nel deserto diffuse in Calabria. P.S. – Il Politeama di Catanzaro è stato iniziato, credo, intorno al 1996 ed inaugurato nel 2002: 950 posti. Costo? Boh!

7 – LA PATERNITA’ E LE PATERNITA’ DELLE OPERE

L’amico architetto Salvatore Regio, ad un certo punto della sua dichiarazione-testimonianza appena letta, afferma riguardo il Teatro Comunale di Soverato: << Non ho voluto creare ostacoli e mi sono fatto da parte, MA RIVENDICO LA PATERNITA’ >>.  Si suole dire che “La sconfitta ha un solo padre mentre la vittoria ne ha mille”. Quella della paternità è uno dei temi e dei problemi tra i più seri al mondo. Ed è possibile imbattersi persino in “ladri di paternità”. E, quindi, di conseguenti rivendicazioni di paternità e di mèriti. Specialmente quando si tratta di brevetti che danno diritto a lauti profitti soprattutto economici. Famosissimo, ad esempio, il caso storico dell’invenzione del telefono: finalmente martedì 11 giugno 2022 l’italiano Antonio Meucci (1808 – 1889) è stato riconosciuto come vero inventore a distanza di oltre un secolo (a futuro memoria, in pratica) dal Congresso degli Stati Uniti, dopo essere stato molto abbondantemente usurpato da altri.

 

Benedetto lo spermatozoo che (almeno finora) appartiene soltanto ad un padre!… Altrimenti pure nella procreazione si infiltrerebbero tanti altri impostori! …. Infatti, a parte Mister Spermatozoo (che meriterebbe un monumento), non è così negli altri aspetti della vita, purtroppo. Da qui una infinità di frustrazioni e di ingiustizie. Ne so qualcosa io stesso, che ho subìto numerosi “scippi” di idee, brevetti e persino di lampanti e pubbliche realizzazioni. Non ultimo il negazionismo addirittura della vicenda di “Badolato paese in vendita” da parte di taluni, nonostante ci siano una infinità di prove a mio favore. Intanto, parallelamente alla verità viaggia pure la menzogna, l’inganno, il furto … la predazione! Oppure la semplice errata attribuzione, spesso involontaria, come (ad esempio per le foto, come ho evidenziato nella precedente “Lettera n. 562” che hai pubblicato lo scorso mercoledì 28 agosto 2024).

 

Che la vita sia faticosa (a volte troppo) non è un segreto. Però, nonostante tutto, il ruolo di chi crea e di chi fa onestamente resta sempre importante, anzi essenziale e insostituibile. Il progresso del mondo globale e locale lo si deve principalmente a chi si sacrifica tanto e a volte persino oltre le proprie possibilità complessive (magari in silenzio e senza sufficienti benefìci). Però è giusto che vengano riconosciuti autori e meriti delle Opere, piccole o grandi che siano. Tutto ciò fa parte integrante della paternità. Un valore imprescindibile che non va usurpato. Per concludere questa micro-cronaca, altre belle immagini sul teatro di Soverato (pure con il pubblico e tanti eventi) possono essere viste consultando il web. La stessa cosa per quanto riguarda il teatro di Badolato. Per entrambi i teatri sarebbe opportuno che si mettesse all’interno dell’ingresso (o in altra utile posizione) una indelebile e duratura targa in bronzo con il nome di chi l’ha progettato e costruito … nel nostro caso, rispettivamente Salvatore Regio per Soverato e Roberto Biscardini per Badolato; ed anche le ditte che li hanno edificati (anche in onore dell’ultimo operaio). Così si salva la civiltà della paternità. E l’etica. La giustizia e persino l’Armonia.

8  – SALUTISSIMI

Caro Tito, la comunità di Badolato e dintorni meritava di avere un teatro, se non altro perché c’è sempre stato in questo paese l’attività teatrale spontanea od organizzata, a parte le suggestive scenografie delle tante tradizioni religiose che sono di una bellezza, di una maestosità (anche teatrale) e di una importanza spesso senza pari. Personalmente sono cresciuto beneficiando del teatro anche badolatese (pure parrocchiale) che ha contribuito notevolmente alla mia formazione umana e sociale. Perciò, sento di dover dire GRAZIE a tutti, specialmente a tutti coloro che, in un modo o in un altro, hanno contribuito e ancora contribuiscono (a Badolato, a Soverato e nel mondo) a realizzare anche con il Teatro quella “sana aggregazione” che è così importante da diventare strategica per sensibilizzare la gente e allontanare soprattutto i giovani dalle devianze pericolose. Inoltre fare parte di un circuito teatrale regionale ed anche nazionale (o estero) è un’enorme apertura non soltanto intellettuale ma di prospettive.

 

Ti faccio presente che questa lettera (che adesso porta il n. 563) sul teatro di Badolato e di Soverato era quasi pronta già dall’ottobre dello scorso anno 2023 (come si può notare dalle date delle dichiarazioni-testimonianza degli architetti Roberto Biscardini e Salvatore Regio).

Purtroppo, un susseguirsi di contrattempi e di disguidi non mi ha permesso di poterla inviare per la pubblicazione.

Mi scuso pure con tutti gli interessati, in particolare con i predetti Architetti che mi hanno fornito pure parte del materiale iconografico qui presente. Per saperne di più e/o per seguire le attività dei due teatri ecco i riferimenti minimi:  << http://www.residenzateatrobadolato.it/ >> e << https://www.facebook.com/teatrocomunalesoverato/ >>. Noi ci aggiorniamo a data da destinarsi. Intanto, ringrazio e saluto te, assieme a chi ci segue, in particolare ai più fedeli ed affezionati lettori. Buona vita a tutti. Un fraterno abbraccio,

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, domenica 08 settembre 2024 ore 06.21 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web oppure mi sono state fornite dagli interessati. E’ utile o inutile ricordare ancora l’armistizio dell’8 settembre 1943 (?) cioè il Teatro della Storia?!.