Dalla cooperazione sinergica tra la Delegazione “Manara Valgimigli” di Milazzo e l’Associazione Italiana di Cultura Classica e il Liceo “G.B. Impallomeni” è scaturito un evento d’elevatissimo pregio culturale, patrocinato dall’Assessorato comunale alla Cultura, svoltosi venerdì 28 febbraio a Palazzo D’Amico. Argomento dell’incontro, la tragedia di Euripide “Ifigenia in Tauride”, illustrata e recitata dagli alunni della IV-A del Liceo Classico col coordinamento scientifico della Prof.ssa Maria Miceli. Gli alunni del Classico si sono cimentati all’inizio di quest’anno nello studio e nell’interpretazione delle tragedie greche in vista della “Notte Nazionale del Liceo” e dopo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina, dove hanno partecipato a giornate di approfondimento promosse dall’Ateneo, dedicate all’analisi di alcune tragedie inserite nella programmazione 2020 del Teatro Antico di Siracusa. La Prof.ssa Maria Miceli ha guidato gli studenti della IV-A del Classico in una laboriosa e complessa operazione filologica e interpretativa, viaggiando tra le diverse traduzioni succedutesi nel tempo e i vari approcci critici al testo di “Ifigenia in Tauride”, che si è inteso proiettare al di fuori della pagina, facendolo vivere attraverso la recitazione.
Coniugando brillantemente attività esegetica e rappresentazione scenica (con l’aggiunta di un’inedita parte introduttiva): in particolare, operando un raffronto tra la traduzione di Giovanni Alfredo Cesareo (insigne italianista messinese), risalente al 1933, e quella di Vincenzo Consolo (celebre romanziere originario di Sant’Agata di Militello), realizzata nel 1982 con l’ausilio del grecista Dario Del Corno. La Sala Conferenze di Palazzo D’Amico per l’occasione è diventata un “theatron”, ossia un “luogo da cui si guarda”, come ha detto nella sua introduzione il Prof. Massimo Raffa, presidente dell’AICC di Milazzo (riconfermato nella carica per un altro triennio, assieme alla Prof.ssa Rita Chillemi nel ruolo di Segretaria e alla Dott.ssa Maria Furlan in quello di Tesoriera). Il Prof. Raffa aveva espresso in passato l’auspicio che i ragazzi venissero coinvolti attivamente nelle iniziative organizzate congiuntamente dall’AICC e dalla Scuola; e finalmente ciò si è potuto avverare grazie ad una serie di congiunture favorevoli, ma soprattutto per l’impegno e la disponibilità degli studenti, che hanno saputo dar vita ad un approccio innovativo ai testi classici, con risultati molto soddisfacenti (opportunamente evidenziati dalla Prof.ssa Miceli). Un approccio ai testi, che ha consentito agli stessi di “staccarsi dalla pagina, trasformandosi in corpo sonoro”, ha ribadito il Prof. Raffa, sottolineando la valenza dei classici come “momento di esperienza fatto per stare in piazza: una letteratura che parla e che interpreta”.
“Il lavoro filologico è fondamentale, ma dev’essere inteso quale punto di partenza per far vivere il testo e acquisire la capacità di muoversi al suo interno, divenendone padroni” ha concluso il Docente. “Con questo progetto siamo riusciti ad armonizzare il sapere e la cultura con la crescita e la formazione”. – le parole della Prof.ssa Maria Miceli – Abbiamo dato un taglio diverso al nostro approccio coi testi tragici, orientandoci tra le pagine e riuscendo a far nostra la psicologia, la mentalità e il linguaggio degli antichi greci, unitamente alle passioni e ai sentimenti che Euripide è riuscito a trasmettere fino ai giorni nostri”. L’attività esegetica è stata alternata a “spruzzi di teatro”, con gli studenti – diciassette in tutto – nei panni dei personaggi della tragedia. Al tavolo dei relatori, un gruppo di studentesse ha elencato le sfaccettature e le differenze di stile tra Cesareo e Consolo, dovute alla differente collocazione temporale dei due studiosi. Il primo (sulla cui versione si sono basati i liceali) si rivolge ad un gruppo elitario di letterati, mentre il secondo scrive per il grande pubblico, usando il discorso diretto e, in generale, un registro più vicino alla lingua parlata. L’opera di Cesareo si rifà ai canoni estetici ed espressivi in voga nel 1933, modellati sullo stile di D’Annunzio: in essa prevalgono toni aulici e magniloquenti, corredati da preziosismi, latinismi e grecismi, con ampio uso di anafore e onomatopee, e la struttura sintattica ricalca quella latina (la presenza di patronimici, inoltre, ne avvicina lo stile a quello di Omero). Le parti corali costituiscono l’acme della poesia. Sempre in Cesareo prevale l’aspetto della rassegnazione, laddove in Consolo emerge l’ineluttabilità connessa ad una volontà di ribellione; alla possibilità, enfatizzata dal primo, si contrappone la perentorietà, privilegiata dal secondo. I toni pacati presenti nella versione di Cesareo mettono in luce la dolcezza negli atteggiamenti di Ifigenia; invece Consolo presenta la condizione della protagonista con maggiore fedeltà rispetto al testo greco, ponendo in rilievo la crudeltà del rito sacrificale. Esasperazione ed espressività emergono dai tratti psicologici dei personaggi, che rivelano, nel caso di Cesareo, anche un giudizio personale del traduttore. Collegate all’espressionismo sono, inoltre, le scene drammatiche in cui gli stessi interloquiscono direttamente tra loro.
Francesco D’Amico