stazione-ferroviaria-di-badolatoCaro Tito, ai miei tempi (che io ricordi almeno fino al 1975) l’ente nazionale Ferrovie dello Stato (FS) dava la possibilità ai propri dipendenti in servizio e in pensione (e ai loro familiari) di usufruire di viaggi gratis sui suoi treni, ma in modo differenziato, a seconda del ruolo esplicato. Ad esempio dal capostazione titolare in su (e mansioni equipollenti) i ferrovieri godevano di “libera circolazione” (cioè chilometri illimitati) su qualsiasi treno (dall’accelerato al rapido  e in prima classe). Fino al giorno della pensione, cioè quando era in servizio, un operaio come mio padre (che era cantoniere-casellante) aveva diritto ad usufruire soltanto di seimila chilometri per anno, soltanto in seconda classe,  su tutti i treni (esclusi quelli classificati come “rapidi”). Così pure noi figli e la moglie.

via-xx-settembre-tra-chiesa-s-m-v-e-fontana-del-mose-romaUna volta andati in pensione i ferrovieri operai come mio padre e loro familiari potevano godere di un numero minore di chilometri gratis, cioè quattromila per anno. Per consuetudine, oltre i mille km però ne venivano computati solo mille per agevolare l’utente nel fare cifra tonda (per esempio, uno dei  tratti più lunghi Trapani – Brennero o Trieste  oppure Ventimiglia per le FS valeva mille km pur essendo  realmente molti di più). Tale diritto restava a vita per mio padre e mia madre e per le figlie non sposate, mentre per noi maschietti  finiva al compimento della maggiore età (allora era 21 anni) e per figli studenti universitari fino a 25 anni. Così, io personalmente ho avuto la possibilità di godere di seimila km fino all’andata in pensione di mio padre (giugno 1967) e di quattromila fino al mio compimento del 25° anno (4 marzo 1975) essendo ancora studente universitario. Ma, potresti osservare, questo dei biglietti gratis per i ferrovieri era da considerare un “privilegio”?… Ti rispondo SI e NO.

treno-fs-pendolare-anni-90-2000SI, poteva essere considerato un “privilegio” poiché il resto del popolo (specialmente i poveri) doveva pagare l’intera tariffa. Facevano eccezione, con sconti di varia entità (ma pur sempre consistenti), gli impiegati dello Stato  ed altre categorie “protette” o “favorite” (probabilmente pure il clero, se non ricordo male, sicuramente i giornalisti anche quando non erano in servizio). Ovviamente, i treni erano gratis per i parlamentari (deputati e senatori) e per  alte categorie del sottobosco governativo, pure queste sì, molto privilegiate non soltanto con viaggi gratis ferroviari, ma anche aerei, navali e con molte altre esenzioni (persino teatrali e cinematografiche, sportive, club, ecc. … praticamente … uno “Stato a sbafo”)! .

NO, quello dei biglietti gratis ai ferrovieri non poteva essere considerato un “privilegio” se si pensa che ogni azienda o ente solitamente omaggiava in vari modi (allora come adesso) i dipendenti con propri prodotti che, nell’arco dell’anno, avevano un considerevole valore economico. Ad esempio l’ENEL (energia elettrica) dava (e forse continua a dare) numerosi KW al giorno gratis, così pure Telecom Italia Spa (telefoni) e tante altre aziende produttrici di beni e servizi. La FIAT offre ancora adesso le proprie auto ai dipendenti con  sconti assai significativi  (specialmente per le auto aziendali dismesse o quelle a km zero).  Nulla è dovuto sin dalla istituzione (legge n. 833/1978) del SSN – Servizio Sanitario Nazionale  (come sconti o prestazioni gratis) ai dipendenti della Sanità pubblica! Come vedi, i cittadini saranno pure “eguali” davanti alla Legge (Tribunali e simili) ma non sono uguali per tutto il resto. E’ una vera, inestricabile giungla! Chi più può …

KONICA MINOLTA DIGITAL CAMERAChe la repubblica italiana sia fondata sul “privilegio” (per pochi) e sulle discriminazioni (per molti), basate su raccomandazioni, potere contrattuale, corruzione, vessazioni, favoritismi e via dicendo, è cosa ormai acquisita da sempre e sembra che non ci sia proprio  ma proprio niente da fare per rimediare (anzi!), nemmeno davanti alla recente, crescente e ancora insistente crisi socio-economica, pagata principalmente dai ceti più umili. Privilegi a tutto gas, senza pietà! E pare non ci sia speranza nemmeno per parecchi giovani, i quali (come attesta la stessa ISTAT in questi giorni) sono “generazione NEET” (senza studio e senza lavoro) e destinati ad un presente e ad un futuro di emarginazione o fin troppo precario ed indegno … per non parlare di milioni di “poveri assoluti” e “poveri relativi” in un’Italia che ancora ha l’ardire di definirsi “cristiana” e persino “cattolica” e addirittura (senti, senti!) “democratica”. Oh, Papa Francesco, quanto siamo lontani dall’equità, dalla dignità o, più semplicemente,  dalla sopravvivenza umana, religiosa, civile, economica, culturale e via dicendo! E questo dopo ben duemila anni di cristianesimo ben papato!

sergio_leone_1987Personalmente sì, mi sono sentito sempre  un “privilegiato” finché ho potuto usufruire gratis dei biglietti ferroviari (ma fino ad una certa quota ed età). A volte me ne vergognavo pure, però (non potendo fare altro che tralasciare e non usufruirne) ho considerato (con onesto opportunismo) questa facilitazione (privilegio minimo e limitato) come se avessi ottenuto dalla “natura” altri piccoli “talenti” di cui avrei  comunque dovuto rispondere socialmente e al massimo possibile. Ed io così ho fatto … ho cercato di utilizzare quei km gratuiti come spinta a fare meglio e di più per la mia formazione, ricca di  conoscenze da travasare a beneficio di tutti, specialmente della mia comunità. Così è stato: ho dato veramente tanto, come nessuno, ti assicuro,  ha mai osato! … Inoltre,  oggi come oggi posso pure dire che quei km gratis mi valgono come risarcimento o compensazione (purtroppo minima, ma almeno morale) di tutti i soldi e di interi pezzi di vita che lo Stato mi ha “rubato” (in un modo o nell’altro). Perciò, a riguardo, ho la coscienza davvero totalmente  tranquilla. Anzi, a ben vedere, vanto dei crediti, abbastanza consistenti, dalla cosiddetta “Società”. E, stanne certo, caro Tito, morirò sicuramente con questi ed ulteriori “crediti”!… Ci ho rimesso a vivere!

E,  a  proposito dell’utilizzo  di  ulteriori “talenti” (ciò che possiamo considerare tali eventuali “privilegi”),  posso dire che in famiglia abbiamo molto viaggiato tutti, ad eccezione di mia madre che non amava viaggiare, con tutto il da fare che aveva con la numerosa famiglia … ma ha viaggiato pure lei abbastanza, in quasi tutta Italia. Infatti, mio padre viaggiava tanto di suo (persino all’estero, quando poteva) curioso come era e innamorato della Geografia e dell’Agricoltura, per cui visitava quasi tutte le Fiere agricole italiane e qualcuna straniera, riportando e realizzando  sempre  idee nuove e produzioni  sperimentali (alcune delle quali andate a buon fine per la zona di Badolato), assai qualificanti, da spirito innovativo quale era. Ogni anno era solito portare in giro per l’Italia (almeno a visitare le maggiori città) moglie e figli (a turno). Sono convinto che la mia famiglia sia stata quella (tra i ferrovieri della zona) a viaggiare di più.

passeggeri-scompartimento-trenoPure perché  (in questo ero il più somigliante a mio padre) ho viaggiato (con ricordi ancora adesso ben presenti)  fin da bambino (a 5 anni ero già a Napoli e a 7 a Bologna), mi ero molto presto ripromesso di visitare il più possibile (o almeno “toccare”, anche semplicemente passando con il treno) tutte le regioni italiane. Volevo farmi un’idea di tutte, indistintamente. Primo imperativo:  farsi almeno un’idea dell’Italia, poi del resto del mondo. Ho cercato di fare al meglio possibile l’uno e l’altro, sebbene in modo minimo ma assai significativo e rappresentativo. Se uno come me è motivato, basta (a volte) un assaggio per capire tante cose di una nazione, di un luogo, di un popolo …  specialmente se tale conoscenza è stata preceduta o integrata da una preparazione di base storico-geografica (meglio se  pure sociologica e antropologica). Devo dire che, al momento, sono abbastanza soddisfatto dei miei viaggi interni ed esteri. Sinceramente, Tito credimi, non potevo fare di più … anzi, a volte ho addirittura osato!

Mi tocca, infatti, precisare che ogni viaggio fatto, ogni percorso (persino quello effettuato mille volte come Badolato – Roma e viceversa) diventava per me un’occasione di studio di quel territorio, che comunque presentava sempre qualche novità in positivo o in negativo. E già, al solo vederlo, mi dava indicazioni per migliorare il mio territorio di appartenenza, poiché (se ancora non lo si è capito) vivevo in funzione di arricchire Badolato di idee, progetti e situazioni sempre più attinenti ai tempi (che andavano veloci più del treno)!  Inoltre, leggevo molto di meridionalismo (questione meridionale) e di Europa unita; mentre stavo attento a carpire da radio-tv  e giornali qualche spunto che potesse essere valido per il progresso concreto della mia interzona jonica-serrese (con l’interdipendenza mare e montagna sempre presente). Quindi …

copertina-voci-della-rotaia-treno-del-mare-luglio-1978In previsione  del fatto che  il 4 marzo 1975, compiendo 25 anni, sarebbero finiti i miei biglietti  gratis, ho utilizzato, entro il dicembre 1974, quelli che mi restavano per completare il mio stupendo e “ferroviario giro d’Italia” dal momento che mancavano all’appello  (pure psicologicamente) soltanto due regioni italiane sulle venti allora esistenti, sul cui suolo non ero mai stato: la Sardegna e il Trentino.  Così mi organizzai.

Proveniente dalla settimana trascorsa nella Repubblica di San Marino (pure per studiare, ipotizzare e simulare teoricamente la Repubblica di Badolato, come già descritto in precedente lettera), nel marzo 1974 mi imbarcai direttamente da Civitavecchia per la Sardegna di Olbia. Qui, il traghetto era atteso da un treno (trainato da locomotiva diesel)  che, dalle 6 di mattina in tre ore ci portò a Cagliari, attraversando da Nord a Sud la grande, bellissima  ed antichissima isola. Spostandomi da un finestrino all’altro (cioè dalla parte destra alla parte sinistra del vagone) ho potuto guardare, ammirare intensamente ed incessantemente il territorio (più brullo, pietroso e secco al nord e sempre più verde verso sud). Una volta arrivato (verso le 9 di mattina) ho visitato Cagliari (condividendo il pranzo con i portuali) fino a quando non mi sono imbarcato, dodici ore dopo, sul traghetto che mi riportava in continente, a Napoli. La giornata sarda fu memorabile e splendida anche come clima!

Mi restava unicamente il Trentino. L’occasione giusta mi giunse da mio fratello Vincenzo, il quale aveva le tre figlie in collegio a Lévico Terme, in provincia di Trento.  Questo mio fratello, a quel tempo, lavorava come ufficiale giudiziario al Tribunale di Lecco e abitava con la famiglia a pochi km, ad Olginate (nei luoghi evocativi del romanzo manzoniano dei “Promessi Sposi”). A Lévico trascorremmo l’intera  domenica prima di Natale (c’erano con noi pure il cognato Nicola e moglie). Fu una bella giornata: emozioni familiari ed emozioni ambientali, proprio di quella parte di  Trentino tante volte raccontatomi dal parroco del mio paese, Padre Silvano Lanaro, nativo di un luogo vicino, Puechem di Terragnolo (vicino Rovereto e ai piedi del mitico monte Pasubio), dove andava da Badolato Marina, ogni santo agosto, a trascorrere le ferie con genitori, fratelli e nipoti. Quasi ogni volta lo accompagnavo alla stazione per augurargli “Buone vacanze”!

Ma il Trentino per me costituiva un’emozione ed un significato  più particolare. Infatti, nell’anno scolastico 1962-63 ho frequentato a Catanzaro Lido la seconda media statale. La professoressa di Lettere diede a noi tutti suoi alunni la possibilità di descrivere l’Italia, regione per regione, valutando i nostri elaborati per il voto finale in Geografia. Il mio voto fu nove (ma all’orecchio mi disse che per lei valeva un dieci e lode). Che cosa avevo fatto di così speciale?… Essendo appassionato (appunto come mio padre) di Geografia, non mi sono limitato a fare un semplice elaborato, ma ho addirittura realizzato un vero e proprio libro di Geografia sull’Italia, suddiviso in due volumi  (che conservo ancora) e corredato di cartine, foto, testi editi ed  inediti e quant’altro (pure articoli di giornale per descrivere novità geografiche non riportate dal nostro libro di testo … ecco che veniva  sempre fuori la mia anima di “giornalista” in erba). Mi ero fatto mandare cartoline da quasi tutte le regioni da amici e parenti. Alla fine venne fuori un’opera pregevole (e davvero “monumentale” per un alunno di seconda media).  Ci avevo lavorato tanto e con grane passione! In quel contesto, facendo le mie ricerche, ho trovato per il Trentino la dizione “industria turistica” (che non avevo trovato per altre regioni) come una delle migliori e più distintive caratteristiche attrattive e produttive regionali. La cosa mi incuriosì molto e mi inabissai in altre ricerche.

Fino ad allora pensavo che il termine “industria” appartenesse alle acciaierie e ad altre fabbriche che lavoravano una vasta gamma di prodotti merceologici tangibili come treni, navi, automobili, televisori, frigoriferi, vestiti, panettoni, ecc. … industrie che avevano grandi capannoni “industriali” appunto. Definire “industria” il turismo mi aprì la mente pure nei confronti del mio paese, Badolato, che già allora immaginavo potesse essere un’altra Soverato, a quel tempo definita “la perla dello Jonio” dotata persino di una propria succursale operativa dell’ EPT (ente provinciale per il turismo), dove ci lavorava una signorina di Badolato Marina, che mi aveva fornito tanto materiale illustrativo della Calabria da incollare sul mio libro autografo di Geografia. Era la prima volta che vedevo i cosiddetti “depliant” (stampato che si apre e si dispiega, pieghevole, opuscolo, ecc.) di promozione turistica. In sèguito avrei saputo che il turismo tratta di beni materiali (territorio e patrimonio fisico-ambientale-produttivo) e immateriali (cultura e patrimonio spirituale). E può essere veramente una delle “industrie” trainanti, con un considerevole “indotto” … proprio come tutte le altre industrie che fabbricavano oggetti. Il turismo fabbricava accoglienza, ricettività, bellezza e progresso, benessere e amicizia. Prodotti  non meno importanti delle automobili e dei frigoriferi!

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La mia sempre fervida e irrefrenabile fantasia, spinta da quella parola “industria” turistica,  mi portò a ipotizzare e disegnare la parola BADOLATO come “industria”, come un complesso edilizio, di carattere turistico-residenziale (credimi, Tito, me ne stupisco ancora adesso), alto non più di due piani ma che si potesse vedere e leggere dagli aerei.  Pensavo che la lettera T potesse essere addirittura la chiesa o la cappella del complesso da costruire proprio tra ferrovia e spiaggia (200 metri circa di larghezza), dove oggi ci sono i campi sportivi e il verde attrezzato,  dalla villa del barone Paparo fino al torrente Gallipari (sotto la stazione FS e il casello della mia Kardàra) per una lunghezza  massima possibile (tra zona verde e palazzine distanziate) di quasi 2,5 km   … in effetti ogni lettera (cioè ogni palazzina residenziale) della parola B-A-D-O-L-A-T-O avrebbe potuto avere a disposizione un’area di 300 metri di lunghezza x 200 di altezza, comprensivi di verde arredato tutt’attorno e, davanti, un lungomare maestoso di palme esotiche. Sogni … progetti!

Avevo  in pratica  e inconsapevolmente “ideato” (diciamo così per capisci meglio, pur enfatizzando) un villaggio turistico  (e sicuramente avevo letto troppe cose a riguardo)!… per me era importante fare abitare tale complesso dai turisti e che un  villaggio a forma di BADOLATO si potesse, appunto, leggere dagli aerei (allora non si parlava ancora di lettura satellitare) … in modo simile alla California dove  sulle colline di Hollywood c’era  scritto  in lettere gigantesche proprio HOLLYWOOD   visibile e leggibile da molto lontano (pure dagli aerei).  Ti ricordo che in quei primi decenni post-bellici quasi tutto era americano o filo-americano. Gli USA, infatti, dovevano conquistare pure la nostra mente (dopo aver conquistato il nostro territorio e le nostre tasche) e “Hollywood” era un marchio indicativo di una colonizzazione culturale, veicolata soprattutto con il cinema e i suoi molteplici (e non sempre positivi) effetti ed affetti collaterali.

E proprio qualche giorno fa un vecchio amico mi ha prospettato l’idea di fare come ad Hollywood … evidenziare con grandi lettere la parola BADOLATO da posizionare sulle pendici del Monte Manna (che sovrasta Badolato Marina e quindi leggibile dalla spiaggia e da chi passa con i treni e con le automobili) oppure (ancora meglio) in località “Martina” (sotto il santuario della Madonna della Sanità) le cui pendici sembrano un “leggìo naturale” verso il cielo ed il mare.

Come vedi, caro Tito, chi vuole bene a Badolato non si risparmia (almeno in idee promozionali ed in concreti tentativi evolutivi). Infatti, su di me che dimostravo di pensare più costantemente a Badolato, dagli anni 70 convergevano e si concentravano pure le idee degli altri i quali, avendo viaggiato in Italia e all’estero o altrove abitando,  portavano come me idee nuove per il nostro paese da rendere il più splendido e funzionale possibile! Un paese di cui andare orgogliosi (specialmente verso gli altri abitati della fascia jonica, soprattutto con Soverato che restava il modello, il maggiore concorrente da eguagliare).

Così, con questo clima o frenesia turistica-progressista (che ci prendeva un po’ tutti), si è poi potuta far nascere la PRO LOCO di Badolato (più volta tentata) proprio grazie a tutta questa “cultura” di amore, dibattiti, attenzione,  partecipazione spassionata  e disinteressata verso il nostro paese. Ma nonostante ciò, Badolato (specie turisticamente) passò anni veramente bui ed estati desolate, pur essendo stato uno dei primi a svegliarsi per fronteggiare nel miglior modo possibile le indisciplinate ondate di quell’incipiente “turismo di massa” che ha riservato sorprese tanto positive quanto negative di cui far tesoro (ma, evidentemente, tale tesoro è stato socialmente inutilizzato o è risultato effimero).

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Come ti dicevo in altra precedente lettera, quando viaggiavo per paesi e città d’Italia, il “decoro urbano” e territoriale era la prima cosa che osservavo (pure perché  agli occhi risultava  la più immediata e naturale). Poi, l’altra cosa osservata  tra le tante (da me e da tutti coloro che abitavano in città o erano stati fuori regione) era il fatto che nei negozi (al nord  e all’estero)  venivamo ringraziati anche se non acquistavamo nulla (cosa che a Badolato e nel sud in genere è, purtroppo,  ancora adesso  difficile da trovare). Insomma, chiunque fosse uscito dai confini meridionali, aveva la tendenza ad apportare novità che avrebbero potuto rendere Badolato veramente una delle più belle ed evolute “perle dello Jonio”. Ma quello che potremmo definire il “decoro turistico” è tutt’oggi alquanto lontano dall’essere raggiunto, nonostante siano passati ormai ben 5 decenni e almeno due generazioni di operatori turistici. Evidentemente c’è qualcosa che non va!… Cercare di trovare le profonde motivazioni dell’inadeguatezza e del malessere turistico (come ho sempre esortato) poteva aiutare a risolvere qualcuno dei problemi da ciò derivati e ancora presenti.

 Pure i turisti (lamentandosi di questo o di quello, apprezzando questo o quello) contribuivano a migliorarci … ma anche loro furono in gran parte inascoltati … e (salvo eccezioni) il detersivo posizionato accanto alla farina o ad altri prodotti alimentari è rimasto a lungo nei negozi badolatesi, fino a che i supermercati non hanno separato in settori diversi questi due prodotti che, ovviamente inconciliabili, non avrebbero dovuto stare così vicini! E, questo, caro Tito, lo sai bene … è solo uno dei tanti esempi negativi che l’utenza turistica osservava, così come osservava tantissime altre cose non gradite e non in linea con una località veramente accogliente … tanto che il mare pulito e le altre bellezze umani ed ambientali finirono per attrarre poco o niente in mancanza di altre qualità che è necessario assicurare al turista!

Badolato ha  purtroppo  vissuto (sempre salvo lodevoli eccezioni) il turista e il villeggiante come “pollo da spennare” e il territorio come occasione da edificare in modo abusato, caotico o incontrollato …. Tanto è che (dagli anni sessanta in poi) era luogo comune dire che i cittadini badolatesi, favoriti (a scopo di consensi) dalle varie amministrazioni comunali di ogni tipo e colore,  praticavano, in maggioranza, la “politica del pilastro” cioè dei palazzi (mastodontici e alti fino a cinque piani e al di là dello stesso fabbisogno familiare), che il più delle volte restavano incompiuti all’interno come all’esterno. Così, vedere Badolato Marina (e quasi tutte le altre marine joniche) o vedere la Palestina (precaria e sempre in guerra) poteva sembrare la medesima cosa, lo stesso paesaggio urbano! Poiché questa era l’immagine e le similitudini date al turista o semplicemente a chi transitava in treno o in auto! Siamo rimasti proverbiali!

Ma penso che avremo modo di sviluppare in altre “Lettere” alcune di queste problematiche, tutte attinenti la mia tesi di laurea e tutte utili per altri paesi (specialmente meridionali) di cui Badolato può essere considerato “prototipo” ed “esempio” nel bene e nel male. Adesso passo a talune curiosità, tra le molteplici, derivate dai miei innumerevoli viaggi italiani (ed esteri) in treno.

Caro Tito, potrei scrivere mille libri per raccontare le migliaia di storie (prevalentemente interessanti e alcune pure assai belle e curiose) che mi sono capitate di vivere durante le migliaia e migliaia di viaggi fatti in treno fin da quando ero bambinissimo. Vedi, penso che tutte queste “esperienze ferroviarie” (stazioni, treni, città, campagne),  che potrei ben definire “antropologia o sociologia ferroviaria”,  mi siano state enormemente utili, poiché sono stato a contatto (a volte per molte ore) con genti provenienti da ogni regione italiana e anche dall’estero. Per cui, a volte, risultava più interessante il viaggio piuttosto che la mèta (come spesso succede). Per darti un’idea, ti vorrei brevemente delineare qualcuna di queste storie, le prime che mi vengono in mente.

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L’ITALIA VISTA DAL TRENO 1950-1988

Ad eccezione di un “recente” viaggio andata e ritorno per Roma (nel giugno 2010), la mia vita sui treni è durata dalla nascita fino all’inizio del mio esilio sulle montagne altomolisane (01 novembre 1988). Il mio modo di viaggiare era quello di stare sempre al finestrino per vedere e “studiare” quanto attraversato (lo stare al finestrino mi è utile pure in aereo, in nave, in autobus). Così ho visto buona parte dell’Italia interna e rivierasca. E se all’andata mi mettevo sul finestrino di sinistra, al ritorno della stessa tratta mi sedevo al finestrino di destra, per completare un medesimo territorio. Però se c’era da vedere un solo tipo di paesaggio, preferivo sempre stare al finestrino che mi avrebbe fatto vedere il mare. Nel 1993, in aereo Capo Nord – Oslo, dal finestrino ho avuto la gioia di seguire, passo passo (pure attraverso una dettagliata cartina della Norvegia), tutto ciò che scorreva sotto (i paesi, i fiordi, persino i fari della costa e tutto ciò che veniva indicato dalla mappa nazionale). TI assicuro, caro Tito, che è stato sensazionale! E’ inebriante “leggere” il territorio dall’alto (indimenticabile quanto impressionante il deserto iraniano nel 1995)!…

IL MARE – Intanto, sai bene che fin dall’infanzia io sono stato come “ipnotizzato” dal mare. Perciò, nei miei viaggi (che andassi pendolare alla scuola media di Catanzaro Lido  o quasi pendolare a Roma per l’università oppure a Genova o a Trieste per altri motivi) ho sempre cercato di stare dalla parte del finestrino per poter vedere il mare, sempre, ovunque e comunque, per brevi o lungi tratti! Così conosco tutta la costa che va da Ventimiglia a Reggio Calabria e da qui fino a Trieste, ma anche buona parte della Sicilia (regione che amo tantissimo fin dall’infanzia), meno della Sardegna (però ho sopperito con le mappe dal satellite su Google, per la Sardegna, per altre parti d’Italia e del mondo). Pensa che nell’agosto 1981, scendendo a Badolato da Roma con l’automobile, ho scelto di percorrere soltanto strade (persino di campagna) pur di stare vicinissimo al mare (specialmente là dove la ferrovia non passava), impiegando due giorni per poco più di 600 km d’azzurro infinito! Fossi più giovane farei il periplo stradale del Mediterraneo e dell’Europa!

AMORI – Spesso è inevitabile che nascano “amori” improvvisi e in attesi in uno scompartimento di treno. E’ statisticamente provato! Ce ne sono stati davvero tanti. Travolgenti e intensi, principalmente, data anche la brevità dei percorsi, del tempo e delle opportunità. Alcuni sono finiti con il viaggio, altri hanno avuto un qualche proseguimento, più o meno lungo. Tutti memorabili, forse perché è proprio il contesto del treno a renderli tali oppure l’imperdibile “occasione rubata” chissà a chi!… Tutti esaltanti (almeno per me). Sono sicuro che chiunque abbia viaggiato spesso in treno possa raccontare i suoi mini-amori. Anche immaginari … poiché, sì, se ti trovi davanti una bella ragazza … ovviamente, se non puoi combinare qualcosa di concreto, ti devi limitare ad immaginarla in amore. Come ha dimostrato un film  che ha cercato di descrivere  (in base a fantasie realmente riscontrate) come i passeggeri  (di entrambi i sessi) immaginassero di fare l’amore con chi viaggiava con loro proprio in treno (accanto o di fronte). Penso che ciò possa accadere pure in percorsi lunghi con altri vettori (come aerei, autobus, navi, astronavi, ecc. ). Ah, l’Amore!…

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TI RACCONTO UNA VITA – In treno, lo sai bene pure tu, può accadere (e a me è accaduto di frequente) che chi viaggia accanto o davanti a noi, nello scompartimento, si mette a raccontare la sua vita oppure a sciorinare le problematiche che l’assillano.  C’è gente che in treno riesce a confidarsi di più. Magari come in ospedale o sotto il militare o in determinate situazioni. Essendo una spugna e sempre disponibile, riesco ad ascoltare le confidenze per ore e ore senza interrompere oppure a consolare. Fin da bambino attraevo gli altri (grandi e piccoli) per accogliere le loro storie di vita, i loro problemi … tanto che avrei potuto fare lo psicologo, lo psichiatra o lo psicoterapeuta. Un episodio emblematico quando ho abitato a Piazzale Tiburtino a Roma … studente universitario del primo anno, per tutta una domenica (saranno state almeno 10 ore) ho ascoltato nel racconto di tutta la sua vita un’avvocatessa più grande di me di 7 anni, originaria di Terracina. Fattosi buio, dovevo andare a mangiare alla mensa di Via De Lollis (prima che chiudesse). Ma lei, imperterrita, avrebbe voluto continuare e mi esortò ad andare a mangiare a casa sua così avrebbe continuato le sue confidenze (che comunque riprese a giorni). Le dissi di no. Era la prima volta che dicevo un “no” deciso … puoi immaginare … ero veramente saturo e volevo respirare un po’ d’aria aperta!

POESIA  1967 – Buona parte dei miei versi ho scritto sui treni. In particolare, sui treni che hanno varcato i confini nazionali per andare in Francia e Svizzera. Ne ho pubblicato una breve testimonianza nella raccolta “Gemme di Giovinezza” (1967), più evidentemente nella selezione della silloge “Viaggio in Svizzera”.

SERGIO LEONE 1968 – E a proposito di “poesia”. Avevo dato alle stampe (a mie spese)  il 13 dicembre 1967 la già ricordata mia prima pubblicazione poetica “Gemme di Giovinezza”. Per recuperare un po’ di quelle spese, ho effettuato, nell’estate 1968, un lungo viaggio in treno (Badolato – Trieste) fermandomi qualche ora a Roma, Firenze, Bologna, Venezia proprio per cercare di vendere qualche opuscolo. Arrivato a Roma, dalla stazione Termini mi sono diretto verso Via Veneto, dove ero sicuro di trovare qualche danaroso, essendo quella la via della “Dolce Vita” di Fellini, la più ricca della Capitale. Proprio mentre ero fermo al  semaforo rosso sulla Via XX settembre (proprio davanti alla monumentale Fontana del Mosé o dell’Acqua Felice) da Via Emanuele Orlando verso Largo di Santa Susanna e Via Bissolati, accanto a me c’era un signore di mezza età. Il semaforo pedonale rosso mi ha dato il tempo e la possibilità di prendere dalla mia borsa una copia del volumetto e, senza dire una parola, lo mostrai a questo signore. Lui guardò la copertina, dette una veloce sfogliata, mi sorrise e mi diede immediatamente una banconota da cinquemila lire. Vendevo il volumetto a 500 lire … e, quindi, 5.000 lire mi sembrò una cifra esorbitante e, mentre il semaforo diventò verde, guardai quel signore in modo interrogativo (come a voler dire che forse si era sbagliato) dicendogli  semplicemente “Il resto!?” … ma costui, che dimostrava di avere fretta, allungò il passo, mi sorrise e mi disse “Auguri!” e andò via, lasciandomi un po’ stralunato. Era Sergio Leone (il famoso regista  di molti film, specie di western all’italiana)  come poi ho potuto accertarmi vedendone alcune foto su una rivista.

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TERREMOTO IRPINIA 23 NOVEMBRE 1980  – Dall’ottobre 1980 al settembre 1981, ho lavorato a Roma come collaboratore giornalistico dell’ex-capo redattore di Rai Radio 1, Francesco Arcà, il quale, dopo il terremoto di Campania e Basilicata (detto semplicemente “Terremoto dell’Irpinia” dove ha provocato più morti e danni) aveva deciso di dedicare buona parte del suo libro “Mafia Camorra e ‘Ndrangheta” proprio a tale disastroso evento (i cui fatti seguenti dimostrarono le speculazioni mafiose sul dolore della gente, come quasi sempre accade, specie nel nostro sud). Amando il mio paese, mi capitava di scendere spesso (seppure per un fine-settimana)  a  Badolato e di risalire a Roma sempre con i soliti treni. Più volte, nello stesso mio scompartimento sedevano persone sfollate che (salite a Sapri, Battipaglia, Salerno o Napoli) raccontavano le loro esperienze di quel maledetto terremoto (che ha causato la morte di  migliaia e migliaia di  persone di ogni età e la distruzione di interi paesi e opere pubbliche essenziali). Una volta, a Salerno, è entrato nel mio scompartimento un signore vestito di nero, volto emaciato e assente, età indefinibile (tra i 40 e i 60 anni). Restava silenzioso, quasi rannicchiato nel suo posto laterale. Poi (forse per sfogarsi o condividere il proprio dramma, almeno con le parole) cominciò a parlare, come un inarrestabile fiume in piena. Fino a Roma ci raccontò di tutto e di più sul terremoto, che gli aveva portato via tutti i figli, la moglie, i genitori, fratelli, zii e altri parenti ed amici. Lui salvo per caso … “Ma era meglio fossi morto anch’io … perché ormai non vivo più”. Mi sono permesso, quasi sottovoce e con immenso rispetto, di asserire … “Forse Voi siete sopravvissuto proprio per onorare la loro memoria e per raccontare cosa ha fatto o non ha fatto lo Stato per Voi dell’Irpinia, prima e immediatamente il terremoto!”… Mi rispose: “Chissà?! … forse sì! … Vedremo”.

RAGAZZA ISRAELIANA 1973  – Un incontro davvero bello ed importante quello avuto su uno dei treni che, provenienti dalla Sicilia, mi portavano a Roma da Lamezia Terme. Nello scompartimento c’era soltanto una ragazza che poi ho saputo essere israeliana. Il suo nome ebraico significava “Vita”. Solitamente, noi ragazzi, se non avevamo troppi bagagli, cercavamo, passando per  tutti i vagoni del treno, uno scompartimento in cui c’era soltanto una donna (possibilmente giovane) .. era un modo (una tattica) per avere più probabilità di agganciare (o di “rimorchiare” come si diceva allora). E, in effetti, l’amicizia con Vita durò a lungo anche a Roma. Un’amicizia splendida che mi ha fatto conoscere (fuori dai luoghi comuni) il popolo ebraico, quello abitante Israele in modo particolare. Tra tanto altro, mi disse che era andata a Taormina sia per vedere quella celebre località turistica ma soprattutto per avere la possibilità di trascorrere in treno un’intera notte, dal momento che nella sua Israele le ferrovie erano troppo brevi per avere una notte di mezzo. Mi disse pure che lei era contenta quando Israele era in guerra poiché la gente era più unita e lei era orgogliosa di far parte dell’esercito (aveva pure effettuato rischiose azioni di guerra). Era stata lei a rivelarmi il fatto che gli israeliani amavano molto l’Italia: paese amico e mite, bello e accogliente, abbastanza vicino (3-4 ore di volo). Molti israeliani (militari e civili) venivano in Italia (in incognito) per rilassarsi dalle fatiche o dagli stress di guerra (quando anziani e bambini più in pericolo venivano evacuati e portati in Paesi amici come il nostro). Anzi, il governo stava cercando un posto sicuro dove costruire un grande villaggio per collocare gli evacuati periodici o il “turnover” (ricambio) dei militari … proprio come gli americani impegnati in Vietnam facevano in Thailandia e in altri Paesi vicini. Mi sono sempre chiesto quanto avesse inconsciamente  influito, depositata nella mia mente dal 1973, questa “rivelazione”  che gli israeliani cercavano istituzionalmente “rifugio e relax” altrove con la vicenda di “Badolato paese in vendita”  (7 ottobre 1986) che ha visto come protagonista proprio il principale interesse delle immobiliari ebraiche d’Israele e di New York  ad acquistare tutto il borgo, parte del bosco e della spiaggia del mio paese, dopo l’articolo pubblicato in patria dal giornalista Yossi Bar, di cui sono tuttora amico. La responsabile di una di queste immobiliari, incontrata a Roma nel 1987, mi ha confermato in pieno ciò che mi aveva rivelato “Vita” nel 1973. Adesso pare che alcuni israeliani (tra cui in famoso David Appel) da oltre 10 anni stanno tentando di costruire  tale megavillaggio  da 14 mila posti-letto sulla costa tra Crotone e la foce del fiume Neto, dopo aver invano tentato di realizzarlo su un’isola greca. Quasi sicuramente il tentato acquisto di  Badolato borgo (nel 1986-88) rientrava in tale programma israeliano da realizzare in un paese amico e vicino.

aln_668_gruppo_1400_pergola_livrea_fs_1994TRENO BIANCO PER LOURDES  1967 – Uno dei viaggi più toccanti, umanamente e socialmente, è stato il primo viaggio a Lourdes effettuato  da Napoli con un “treno bianco” (ovvero il treno dei malati che noi barellieri e infermiere dovevano accudire per tutto il viaggio ma anche a destinazione per una settimana). Questa prima sublime esperienza ho fatto grazie al fondatore dell’AMAMI un’associazione napoletana che si occupava (come tante altre) di portare malati e pellegrini a Lourdes, in Francia. L’incontro per me personalmente, a 17 anni, con il mondo della sofferenza più varia è stato assai rimarchevole. Non che  prima non abbia visto tante persone alle prese con sofferenza, dolore, drammi e tragedie … ma a Lourdes (ai piedi della Grotta delle Apparizioni, sulla spianata o nella immensa chiesa sotterranea) la sofferenza è più concentrata e avvolgente, parla molte lingue e presenta innumerevoli afflizioni o speranze. Avevo 17 anni, un’età troppo giovane per assorbire tutto quell’impatto. Allora avevo fede cristiana e probabilmente la mia lettura di ciò che vedevo avrebbe potuto essere “condizionata” proprio da quella fede. Scrissi tante poesie sul treno e poi a Lourdes e mi ripromisi di tornare a distanza di 30 anni in quel posto assai  particolare ed energetico (ma forse deviante per le menti). Ed in effetti ci tornai, esattamente dopo 30 anni, nell’agosto 1997 con un altro treno bianco dal Molise. Tutta un’altra storia. Non avevo più gli occhiali deformanti della fede e, ragionando su ciò che vedevo o rivedevo, giunsi a conclusioni diverse (se non proprio opposte). Vedremo cosa ci riserverà il futuro, a riguardo. Lourdes (i treni bianchi e poi la frequentazione quasi quotidiana di ospedali, i drammi visti in TV – come adesso quello dei migranti – le guerre, la fame e tutte le tragedie del mondo ma anche le sofferenze personali e familiari, locali e globali, ecc.) resta, comunque, una grande scuola di sofferenza, di fronte alla quale non si può restare assolutamente inerti o insensibili. Bisogna lavorare incessantemente per eliminare o almeno arginare tutta questa sofferenza. E’ assai benemerito chi lo fa!

QUANTO TEMPO ? – Se dovessi numerizzare il tempo trascorso in treno, fino a questo momento, non esiterei ad affermare che sui treni ho trascorso  complessivamente almeno almeno (se non più, come penso) due anni della mia esistenza …  730 giorni!  Per viaggi lunghi e per pendolarismo studentesco, principalmente. Ed è proprio tanto tempo a ben pensarci! … Due anni di “scuola sociale”, poiché ne ho viste e vissute davvero “di tutto e di più”! Potrei ben dire che, finora in tutta la mia vita, la mia prevalente mobilità si sia così espressa, orientativamente: 60% in treno,  25% in automobile, 10% in autobus, 4,5% in bicicletta, in aereo 0,2%, in nave 0,2%  e  in motocicletta 0,1%. Grosso modo, dovrei aver passato vicino a  4 anni della mia esistenza su vari mezzi di trasporto!… il 6% circa sui quasi 67 anni e 5 mesi vissuti fino ad oggi. Accipicchia!… E tu?… Tu hai fatto il conto di quanto tempo hai passato (specie in moto)?…

aln7721033_1-littorina-anni-50-sulla-jonicaTIPOLOGIA TRENI E CARROZZE – Ho cominciato a viaggiare con treni a vapore (alimentati a carbon fossile) e con carrozze con sedili di legno aperti (cioè non  chiusi a scompartimenti), di quelli che si usavano nell’Ottocento. L’ultima carrozza del genere  (scomodissima) l’ho utilizzata nel settembre 1975 sul tratto Badolato – Roma (dodici ore in notturna!). Poi, carrozze e sedili divennero un po’ più comodi e nei decenni la percorrenza di alcuni lunghi tratti ebbero un tempo più breve (specialmente con gli inter-city). Tuttavia, devo ricordare che al meridione (e nei tratti periferici del centro-nord) i treni sono sempre stati di minore qualità e comodità … ma il prezzo del biglietto è sempre stato il medesimo (sul chilometraggio) come per i treni normali più comodi e veloci del nord. Per  non parlare dell’inesistenza dell’aria condizionata al sud e d’inverno i termosifoni avevano quasi sempre problemi (quando c’erano). E poi dicono che noi meridionali siamo lamentosi!… Abbiamo, invece,  uno spropositato spirito di sacrificio, di sopportazione  e non riusciamo mai a protestare abbastanza o a ribellarci  veramente … tanto siamo rassegnati o tanto amiamo la tranquillità e la pace?!

Mi auguro, caro Tito, che questa lettera n. 23 su Badolato ti sia piaciuta, poiché per me è stato un riandare con la mente ed il cuore davvero a mille e mille episodi e situazioni, specialmente della mia giovinezza. Puoi immaginare il resto … Intanto, grazie ancora e sempre per la gentile e preziosa ospitalità. Salùtami il mare Jonio e cerca di fare una bella nuotata pure per me! Ciao,

Domenico Lanciano                                                                                                                               Azzurro Infinito, sabato 22  luglio 2017 ore  22,22

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