Rosemary Calderone declamante3I poemi omerici nonché le tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide hanno celebrato le gesta eroiche di guerrieri, uomini quasi semidei in grado di affrontare e vincere qualsiasi scontro bellico, ma ad un’attenta rilettura delle celebri opere si riscontra un’azione di straordinario valore delle donne, apparentemente marginalizzate, rese serve, ma in grado di mutare il corso degli eventi ed influenzare la decisione dei loro congiunti: infatti, la donna dell’antica Grecia viene vista come elemento destabilizzante dell’ordine maschile, poiché portatrice della forza inarrestabile del destino e dei sentimenti. Talvolta esse sono contrassegnate dall’acquisizione dei tratti afferenti al sesso dominante o dalla contraddizione dell’agire ed il lamento interiore oppure tra l’affetto familiare e la ragion di Stato. Siffatta chiave di lettura è stata effettuata con successo dal regista Francesco R. Vadalà, il quale in collaborazione con l’associazione culturale “Arte E a Capo” e del sodalizio teatrale “Efebo” ha mandato in scena il dramma “” (Donne), frutto di uno studio sulla tragedia greca, che ha rilevato l’importanza culturale e civile femminile fin dall’epoca arcaica della civiltà ellenica: “L’idea dell’antica Grecia è connaturata al fatto che volevo vedere queste tragedie con un altro paio d’occhiali. – ha spiegato il noto regista – Come disse Aristotele, il momento catartico è dato dall’avvicendamento delle situazioni personali producendo l’effetto purificatorio dell’animo che lo spettatore esperisce assistendo alla rappresentazione.

Eveline SaltalamacchiaIl vedere il mito attraverso l’occhio delle donne ci permette di avere la completezza della società greca in quel tempo secondo i canoni della sticomitia, in cui accanto agli uomini recitano anche le donne, il cui contributo ha permesso di elevare il popolo ellenico al sommo grado di progresso in antitesi alla barbarie imperante presso tutti gli altri popoli del mondo allora conosciuto. Non a caso la tragedia si propone di mostrare ciò che è possibile e non ciò che è reale”. Dopo l’annuncio da parte di Anna Parisi, esponente di “Arte E a Capo”, che parte del ricavato sarà devoluto in beneficienza alle popolazioni del Centro-Italia colpite dal recente sisma, l’opera è iniziata con una nenia funebre recitata in greco antico, cui ha fatto seguito il ballo sfrenato ed inquietante della Erinne e la presenza di Thanatos (la Morte), la scena ha visto successivamente irrompere le eroine con le loro pene e tribolazioni: Elena vittima dell’ananke, il destino voluto dagli dei; Clitemnestra, che ordisce una congiura contro il marito Agamennone, reo di avere sacrificato Ifigenia al volere di Artemide, che impediva alla sua flotta di salpare verso Troia. Una mirabile performance è stata eseguita fra le altre da Rosemary Calderone, che nel ruolo di Briseide, sacerdotessa schiava di Achille, ha arringato il suo padrone chiedendo per sé rispetto: “Mi dà molta soddisfazione il recitare in ruoli caratterizzanti il dramma antico, poiché è connaturata alla mia indole il mettermi costantemente in gioco. – ha chiosato la giovane attrice, autorevole protagonista del palcoscenico – A Roma avevo già recitato nella parte di Eris nell’opera dal titolo “La saga troiana”, andata in scena al Teatro Anfitrione con la compagnia “Circo al Vapore” ed, avendo sentito parlare bene del regista Vadalà quale uno dei pochissimi dalla vasta erudizione, serietà e professionalità esistenti nel nostro territorio a tal punto da paragonarlo a Giancarlo Giannini, di cui sono stata un’allieva nonché di Pupi Avati, ho aderito con entusiasmo al suo progetto.

Coro di donneI sentimenti col personaggio interpretato sono molteplici, ma quello, che condivido, è il rispetto che chiedo per tutte le donne”. Sharon Nicosia era al debutto in una rappresentazione del dramma antico: “Ho espresso un personaggio aggressivo e senza pace in un ballo vertiginoso a simboleggiare il tumulto degli eventi umani. La danza è uno studio quotidiano, che affonda le sue radici nell’antichità, dove la donna era soltanto il custode del focolare contrassegnato dai valori affettivi e di coesione sociale oggigiorno sempre più fievoli”. Arianna Rizzo, nel ruolo di Ifigenia, ha esternato tutto il dissidio interiore fra la rinuncia all’amore familiare e le supreme esigenze dello Stato: “Il contrasto interiore aveva una valenza rilevante in altri tempi, ma, se oggigiorno gli ideali vengono condotti con tenacia, allora si è dato un importante apporto al progresso della nostra società e la forza delle donne consiste nel rialzarsi sempre dinanzi alle sconfitte della quotidianità”. Melissa Carluccio, la Corifea, ha definito la sua parte impegnativa e toccante per la trattazione di temi dalla grande attualità: “Ringrazio il regista Vadalà per l’occasione offertami. La sua opera ci fa comprendere come le guerre non siano mai finite. In siffatto caos il ruolo della donna è di gran lunga migliorato, anche se c’è ancora molto da fare”. Indubbiamente la rappresentazione di Vadalà ha voluto dimostrare che nel poema epico greco, contrassegnato dal titanico scontro fra valorosi combattenti, le uniche a risultare vittoriose sono state proprio le donne, perché, nonostante la loro cattura e riduzione in schiavitù, con la loro astuzia, lungimiranza e pazienza hanno definitivamente sconfitto i loro vincitori.

Foti Rodrigo

 

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