labdem12Una politica incapace, un’amministrazione negligente e società di consulenza che hanno come unico obiettivo quello di sfruttare le inefficienze dell’amministrazione e le debolezze della politica. Per Francesco Barbalace, coordinatore regionale LabDem Sicilia, è questo il circolo vizioso che impedisce di sfruttare nell’Isola le notevoli possibilità offerte dalla Comunità Europea.

Un esempio per tutti è “la gara da oltre 6 milioni euro per l’assistenza tecnica al Fondo Sociale Europeo della Regione Siciliana -spiega Barbalace- che ha visto per la terza volta consecutiva in 10 anni vincere la multinazionale della consulenza Price Waterhouse & Coopers (PWC) alla quale nel corso della gara sarebbe stato assegnato fino al 90% dei punti disponibili da parte dei decisori regionali, conferma la permanenza delle “filiere del demerito”.

Nulla di straordinario se non fosse che proprio in questi 10 anni la Sicilia ha registrato le peggiori performance di spesa del Fondo Sociale Europeo in Italia. La strada battuta dall’amministrazione regionale resta sempre la stessa: non solo ci ha fatto già restituire 200 milioni di risorse del PO FSE 2007-2013 al governo nazionale, ma rischia di farci perdere altri 300 milioni se non saranno spesi entro il 31 dicembre di quest’anno”.

Senza dimenticare che nel 2007 l’UE aveva messo a disposizione del PO FSE 2,1 miliardi di euro e che nel 2014 il programma si è ridotto a soli 820 milioni per tutto il ciclo 2014-2020. Una riduzione netta di oltre 1,3 miliardi di euro. In allegato il documento completo di Barbalace.

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Documento

L’ingegnerizzazione del sottosviluppo e gestione dei Fondi POR, Barbalace: “Il ritardo della Sicilia non è frutto del fato avverso”.

Le “filiere del demerito” spiegano una parte rilevante dei problemi del sottosviluppo della Sicilia, così come in realtà di molte regioni del Mezzogiorno e progressivamente anche del paese, come autorevolmente afferma la professoressa Elita Schillaci dell’Università di Catania. A una politica incapace si collega un’amministrazione negligente e società di consulenza che pensano esclusivamente come lucrare sulle inefficienze dell’amministrazione e le debolezze della politica.

E’ tale filiera il circolo vizioso del sottosviluppo. Laddove la pubblica amministrazione è chiamata ad agire come motore trainante dell’economia e come stimolatore del mercato, il merito, l’efficacia e l’efficienza ( in buona sostanza le performance dell’azione della burocrazia) dovrebbero diventare il metro principale di valutazione e le società di consulenza lo strumento per ottenere i migliori risultati.

In una struttura amministrativa regionale ridondante, ma con competenze esili, risorse umane demotivate e organizzate in modo da dissipare ogni possibilità di recupero di efficienza e di gestione efficace, le assistenze tecniche dovrebbero rappresentare il vero valore aggiunto immediato nell’utilizzo dei fondi. Quando questo non avviene, le politiche pubbliche a supporto dello sviluppo divengono un buco nero che brucia risorse e supporta assistenzialismo, interessi opachi e persino malaffare.

La gara da oltre 6 milioni euro per l’assistenza tecnica al Fondo Sociale Europeo della Regione Siciliana, che ha visto per la terza volta consecutiva in 10 anni vincere la multinazionale della consulenza Price Waterhouse & Coopers (PWC) alla quale nel corso della gara sarebbe stato assegnato fino al 90% dei punti disponibili da parte dei decisori regionali, conferma la permanenza delle “filiere del demerito”.

Nulla di straordinario in questa conferma, infatti, se non fosse che, su una spesa estremamente importante che in altre regioni è servita a contrastare efficacemente gli effetti sociali della crisi perdurante, in questi 10 anni abbondanti di amministrazione delle risorse comunitarie con il supporto della PWC la Sicilia abbia registrato le peggiori performance di spesa del Fondo Sociale Europeo in Italia.

La strada battuta dall’amministrazione regionale resta sempre la stessa. Quella strada che ci ha fatto già restituire 200 milioni di risorse del PO FSE 2007-2013 al governo nazionale e che rischia di farcene perdere altre 300 milioni se non saranno spesi entro il 31 dicembre di quest’anno. Ed è per questa ragione che se nel 2007 l’UE aveva messo a disposizione del PO FSE 2,1 miliardi di euro, nel 2014 il programma si è ridotto a soli 820 milioni per tutto il ciclo 2014-2020. Una riduzione netta di oltre 1,3 miliardi di euro.

Di fronte a questo quadro, in cui si sono sprecati gli errori tecnici e di impostazione nella fase di attuazione del POR, in una regione interessata da una durissima crisi economica che rischia di spazzare ciò che rimane del tessuto produttivo locale, il comune buon senso avrebbe dovuto imporre un deciso cambio di rotta nel processo di gestione dei 791 milioni di euro del POR del nuovo ciclo di programmazione del Fondo Sociale Europeo 2014-2020.

Tali risorse, visto il quadro declinante della finanza nazionale e la concentrazione di queste nel “programma parallelo” gestito da Roma, costituiscono, infatti, il principale asset nelle mani del decisore pubblico regionale per far fronte allo scenario di stagnazione irreversibile in cui sta sprofondando la Sicilia.

Tutto ciò dimostra come l’assistenza tecnica di questi anni non sia riuscita, stando ai risultati ottenuti sul campo, a supportare adeguatamente l’amministrazione pubblica come ci si sarebbe aspettato. Sotto il profilo politico, ancora una volta, non si è riusciti a determinare alcun cambiamento di rotta per selezionare competenze esterne che con il loro supporto di professionalità e competenza dovrebbero costituire la chiave di volta per consentire alla inefficiente, confusa, ma non solo, macchina amministrativa regionale (sic) di gestire il complesso processo di spesa dei fondi europei. In questo meccanismo ormai ingegnerizzato di mantenimento del sottosviluppo è quindi errato attribuire al caso o a fattori esterni le cause della mancata crescita economica e sociale della regione.

Ci sono delle motivazioni specifiche e delle responsabilità precise se la Sicilia, malgrado il tanto richiamato e troppo spesso inutilmente decantato potenziale territoriale e culturale e lo status di regione autonoma non ha né la ricchezza economica né tanto meno i servizi sociali del Trentino Alto Adige. A partire dal presidente Crocetta ai dirigenti e agli assessori di riferimento, dai quali dipendono politica e amministrazione in Sicilia, ma non dimenticando che il fallimento appartiene a tutta la classe dirigente siciliana, con in testa i partiti di maggioranza e persino della opposizione, se è stato mancato il principale obiettivo strategico del POR: determinare l’attenuazione della distanza della Regione dalla media nazionale in termini di crescita del mercato del lavoro e di “innesco dello sviluppo”.

Francesco Barbalace

Coordinatore Sicilia Associazione LabDem /PD

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