Caro Tito, ti voglio raccontare una “grande storia d’amore” che potrebbe svolgersi in qualsiasi parte d’Italia. E anche per questo rappresenta “Una bella storia italiana”… “una storia di cuore” … la storia di centinaia di tassisti romani che hanno preso a manifestare, in modo assai originale ed unico, per difendere l’ospedale molisano dei loro genitori, posto a 250 km di distanza dalla Capitale. Già ne hai pubblicato le prime notizie, in questi ultimi due mesi. Questa che ti vado a raccontare è una storia che riguarda gran parte dell’Italia, specialmente quella periferica. Riguarda, quindi, pure la Calabria e la Sicilia.
Devi, infatti, sapere che se ti trovi a Roma e prendi un taxi, puoi essere sicuro che hai almeno almeno il 60% delle probabilità che entri in un’automobile guidata da un tassista originario delle montagne dell’alto confine abruzzese-molisano. Infatti, il cosiddetto comprensorio di Agnone del Molise (cittadina dove abito, come già sai) comprende parecchi paesi “specializzati” in tassisti, ristoratori e garagisti che operano in Roma (in particolare provenienti da Bagnoli del Trigno, Schiavi di Abruzzo, Poggio Sannita, Villacanale, Castiglione Messer Marino, Trivento, Salcito, ecc.). Su ottomila “tassinari” (come dicono in romanesco) più della metà sono nati su queste specifiche montagne molisane-abruzzesi o ne sono originari per genitori o nonni. Adesso a guidare i taxi capitolini ci sono pure alcune donne provenienti dall’alto Sannio (www.altosannio.it) come viene denominato (dal manager pubblico Enzo Delli Quadri) tale comprensorio interregionale di confine di circa 600 kmq, di cui Agnone è capitale sanitaria, culturale ed economica. Negli ultimi 50 anni (quando ormai le donne non usavano più partorire in casa), quasi tutti i bambini di 24 e più Comuni di questo “alto Sannio” sono nati all’ospedale di Agnone.
Tale ospedale è nato per volontà di privati nel 1877, ma varie vicissitudini (come è ormai consueto, specialmente nel sud Italia) lo hanno reso operativo soltanto nel 1952. Poi, come quasi tutti gli ospedali italiani, è passato al Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la ASL di Agnone, la quale è rimasta in autonomia amministrativa e gestionale fino a qualche anno fa quando, inglobata nell’ASL unica regionale (ASREM), i tagli hanno cominciato a fare danni pure qui in Alto Molise, divenuto semplicemente “Distretto”.
C’è da precisare che non sono ancora del tutto comprensibili tali tagli dal momento che questa di Agnone è stata l’unica Azienda Sanitaria Locale molisana sempre in attivo economico e con un alto ìndice di efficienza, con un “ospedale” che rende tuttora (nonostante le menomazioni) un ottimo servizio ad una utenza interregionale, specialmente proveniente da parecchi paesi del vicino Abruzzo. Infatti, a rigor di logica, nessun sensato manager taglierebbe o sminuirebbe un ramo attivo ed efficiente della sua azienda, anzi la potenzierebbe vista la qualità dell’offerta e la forte domanda. Ma le politiche gestionali italiane (in particolare in àmbito pubblico) hanno motivazioni logiche che ci sfuggono. C’è una diffusa irrazionalità che lascia davvero sbalorditi e perplessi.
Inoltre, c’é da precisare il fatto che tutta l’ex ASL di Agnone incideva sul bilancio regionale molisano per un 5% circa della spesa complessiva … ovvero un 5% che, solitamente, è una percentuale fisiologica di quanto viene sprecato da una qualsiasi industria. In pratica, col il 5% sprecato dalle altre più grandi ASL molisane, quella di Agnone avrebbe potuto continuare ad offrire un eccellente servizio e da tutti riconosciuto come tale dalle popolazioni montane molisane e abruzzesi e persino ad una utenza extraterritoriale.
Negli ultimi anni sono stati tolti i reparti di ginecologia-ostetricia, di pediatria, di ortopedia e di otorinolaringoiatria, mentre quello di medicina è stato parzialmente trasformato in lungodegenza. Sono stati tolti o ridotti troppi posti letto, alcuni servizi (radiologia e laboratorio analisi) e ambulatori, “rottamati” parecchi dipendenti e figure apicali. Fino alla scorsa estate c’era un bravo chirurgo che attraeva utenza anche da regioni lontane (specialmente VIP), però giunto a 65 anni è stato praticamente mandato a casa e, con la scusa di manutenzione, le sale operatorie sono ormai chiuse da troppi mesi (in pratica chirurgia è un reparto quasi del tutto smantellato). Un’altra eccellenza è la reumatologia che quotidianamente, pur con un solo specialista, riesce ad attrarre utenze da molte regioni: sarebbe questo uno dei settori non solo da potenziare ma da moltiplicare, tanto da poterne fare un centro specializzato interregionale. Eppure tale disciplina sanitaria è continuamente insidiata e continuamente ha sofferto di locali e addetti insufficienti. Così avviene pure in altri settori che potrebbero produrre e rendere di più, vista la forte domanda di salute.
Adesso, dopo il continuo depauperamento dell’offerta socio-sanitaria, si sta discutendo se e come inserire lo “stabilimento ospedaliero” (non più ospedale di zona né presidio ospedaliero) di Agnone nella categoria di zona disagiata quale in effetti è, poiché climaticamente ed orograficamente è territorio assai difficile ed impervio e i tempi di percorrenza per le emergenze verso altri ospedali regionali sono eccessivi ed incompatibili per il buon esito delle urgenze (specialmente cardiache, cerebrali e politraumatiche). Ma la minaccia più volte paventata è stata quella della totale chiusura oppure della riconversione in R.S.A. o altra struttura protetta non-ospedaliera.
Contro un tale disegno di annientamento sanitario, si sono da anni mobilitate parecchie associazioni popolari come, ad esempio, “Il cittadino c’è” e “Articolo 32” che hanno prodotto tutta una serie di iniziative, anche legali, periodiche mobilitazioni e incontri con le varie dirigenze regionali e ministeriali. Su tutto ciò pende la mitica “Spada di Damocle” che potrebbe dare il taglio definitivo fino all’azzeramento ospedaliero. Aggiungo che l’Alto Molise e l’Alto Vastese abruzzese (ricadenti su tale ospedale praticamente interregionale) hanno una popolazione anziana superiore al 60% del totale e, quindi, bisognosa di un’attenzione sanitaria particolare. Inoltre, c’è un buon afflusso turistico (invernale per due piste da sci ed estivo con numerose stazioni climatiche e siti archeologici-architettonici di primaria importanza).
Da una esigenza pratica e personalmente vissuta, a due tassisti di Roma (Tonino Schiappoli e Arnaldo Sabelli), ma originari di due distinti paesi appartenenti all’area ospedaliera agnonese (Villa Canale e Poggio Sannita), è nata l’idea di organizzarsi per contribuire alla lotta per la permanenza almeno minima ed indispensabile dell’ospedale. Conosco entrambi direttamente ed anche le loro situazioni familiari. Infatti, gli anziani genitori di Tonino hanno costantemente bisogno di ricorrere a cure e controlli in questo ospedale di zona, mentre Arnaldo ha recentemente dovuto ricoverare d’urgenza l’anziana madre nel medesimo ospedale. L’alternativa, per entrambi i tassisti, sarebbe stato il ricorrere ad ospedali romani (con tutte le conseguenze di spaesamento, spese e condizioni familiari ed ambientali insostenibili). Nel presidio ospedaliero di Agnone entrambe le situazioni sono più serene e gestibili sotto ogni profilo, per queste persone anziane e le loro famiglie.
Così, Tonino ed Arnaldo, per amore dei loro genitori (e, per esteso, per i genitori, i familiari, i parenti dei loro amici tassisti romani di origini altovastesi e altomolisani), hanno pensato di costituire durante lo scorso mese di marzo il “Gruppo tassisti di Roma per il territorio e per l’ospedale interregionale di Agnone” con lo scopo, appunto, di rilanciare il territorio e di contribuire, assieme a tutti gli altri, a difendere l’ospedale zonale, assai utile per intere generazioni di questo popolo delle montagne. Hanno contattato altre associazioni che si battono per il medesimo ideale ed insieme hanno deciso di effettuare una prima manifestazione per sabato 09 maggio 2015 (vigilia della festa della mamma, simbolicamente vista anche come “la propria terra” natìa) e una seconda manifestazione per domenica 16 agosto, quando tutta la zona è piena di turisti, villeggianti ed emigrati tornati per la vacanza ferragostana.
Sembrava logico e conseguenziale realizzare per il 9 maggio un lungo corteo di numerosi taxi bianchi che, provenienti dalla Capitale, potessero sfilare per le vie di Agnone, passando silenziosamente proprio davanti all’ospedale quasi come una riconoscente carezza e un gesto di affetto verso una struttura così tanto utile a tutti ma indirettamente a loro che abitano a 250 km di distanza e potrebbero stare più sereni sapendo di poter contare per i propri familiari su un Pronto Soccorso (che adesso non c’è) funzionante H24 (come si suole dire) almeno per le emergenze e per le prime decisive cure.
Si dà poi il caso che molti degli ottomila tassisti romani abbiano l’hobby delle auto d’epoca. Ecco – hanno pensato Tonino e Arnaldo – il 16 agosto si può fare una manifestazione (sempre a favore dell’ospedale) facendo sfilare tante di queste preziose e spettacolari “fuori serie” per attrarre l’attenzione sulle problematiche socio-sanitarie del comprensorio interregionale agnonese.
Caro Tito, così sabato scorso si è svolto il primo dei due eventi previsti. Il successo è stato enorme sotto tutti i punti di vista (anche mediatico): 52 taxi bianchi, provenienti da Roma, sono giunti puntuali nella prima mattinata al raduno di Villacanale, una borgata sita a 6 km da Agnone. Dopo il rito di benvenuto il corteo (scortato da Polizia Stradale, Carabinieri, Vigili Urbani e Protezione Civile) ha raggiunto la cittadina altomolisana dove una rappresentanza di medici, infermieri e ricoverati hanno atteso l’arrivo della carovana all’ingresso del presidio ospedaliero. Poi, i taxi (su cui viaggiavano anche familiari e/o amici dei conducenti) hanno fatto il giro delle principali vie agnonesi per concludere la “passeggiata” nell’ampia piazza Unità d’Italia. Qui erano già arrivati il vescovo della diocesi, mons. Domenico Scotti, e cinque dei 24 sindaci invitati (Agnone, Belmonte del Sannio, Pescopennataro, Poggio Sannita, Schiavi di Abruzzo), di cui 4 con la fascia tricolore e tre gonfaloni. Il sindaco di Pescopennataro era presente anche come Presidente dell’ANCI-Molise (Associazione nazionale Comuni Italiani).
Al di là degli interventi, delle riflessioni, degli impegni e dei rituali che si svolgono in simili circostanze, resta evidente, importante e indelebile il fatto storico che 52 tassisti hanno rinunciato alla loro giornata di lavoro o di riposo e, dopo aver percorso oltre 250 km (più 250 di ritorno) a proprie spese, hanno manifestato pubblicamente la loro preoccupazione per i troppo drastici tagli all’ospedale dove attingono cure i loro genitori, familiari, parenti ed amici rimasti tra queste montagne. Non è forse stato, il loro, un grande gesto d’amore, oltre che un solenne atto di dignità sociale e civile?…
Sono centinaia e centinaia i comprensori, come quello di Agnone, che protestano da anni contro i tagli (non sempre giustificati) alla Sanità e specialmente agli ospedali … però finora non si era vista una cosa del genere… cioè figure professionali emblematiche (come i tassisti) che, pur vivendo e lavorando altrove, si preoccupano per salvare l’ospedale dei loro genitori, distante, appunto, oltre 250 km dalle loro residenze!… Un fatto davvero unico più che raro e davvero tanto originale, evidenziato pure dalla stampa nazionale. E’ proprio “una bella storia d’amore” … “una bella storia italiana” su cui si potrebbe fare un significativo e suggestivo film per il cinema o per la televisione (cosa che ho proposto tanto mi sembra che tale storia parli un linguaggio universale che potrebbe affascinare tutti i popoli del mondo, specialmente le tanto diffuse comunità di tassisti).
Inoltre, questa storia porta in sé un tratto tipicamente italiano (per questo intitolerei tale film “Una bella storia italiana”) … è il cuore dei figli che, ovunque si trovi, non riesce a staccarsi dal cuore dei genitori, specialmente dal cuore di mamma. Ripeto che questa, a ben vedere, è una grande storia d’amore generazionale per la propria terra (che si è dovuta lasciare per emigrare altrove) e per la propria famiglia (i cui legami sono le maggiori sicurezze che la persona urbanizzata riesce ancora ad avere e a coltivare). E grazie a tale volitiva e combattiva generazione di tassisti, anche i loro figli nati e vissuti a Roma portano un grande amore per queste montagne del nostro incanto.
E, ancora. Ho definito giornalisticamente “inchìno” il passaggio silenzioso del corteo dei 52 taxi romani che l’ASREM ha permesso potessero transitare dentro il recinto dell’ospedale … ovvero una carezza di amore e di affetto verso l’ospedale, devoto e riconoscente abbraccio verso una struttura che ha contribuito a salvare tante vite umane in queste difficili montagne. Ho volutamente usato il termine “inchìno” evocativo del tragico “inchìno” della nave Concordia la quale, per essersi troppo avvicinata all’isola del Giglio (la sera del 13 gennaio 2012), naufragò provocando 32 morti e numerosi feriti, mentre il suo capitano, Francesco Schettino, abbandonò la nave proprio quando i suoi passeggeri avevano più bisogno di lui, della sua guida!… Ho scritto che Schettino è il simbolo di un’epoca italiana e specialmente di una classe dirigente che lascia naufragare il Servizio Sanitario Nazionale e altre istituzioni indispensabili (come Schettino ha fatto naufragare la Concordia abbandonando al loro destino i passeggeri che gli erano stati affidati) … un sistema, quello sanitario italiano, che sicuramente ha bisogno di necessari ritocchi e sacrifici ma non di tradimenti poiché va salvaguardato avendo finora garantito, capillarizzandola e rendendola accessibile, la salute degli italiani, i quali adesso sono lasciati allo sbando, alla sfiducia e alla rivolta.
Alla luce di quanto sopra, adesso ci chiediamo: quanto vale la vita oggi nei vari territori della Repubblica Italiana? Quanto vale la vita (specialmente nelle urgenze-emergenze) a Roma, ad Aosta, a Trieste, a Siracusa, a San Giovanni in Fiore (Sila), in Valle Aurina (Alto Adige), a Capracotta (Alto Molise), a Fraine (Alto Vastese), a Lampedusa (pieno Mediterraneo), all’Isola della Maddalena (Sardegna), in altre città e in altre campagne, al mare o in montagna, al centro o in periferia?… La Legge è davvero uguale per tutti? … e la Sanità, la Sanità è davvero eguale per tutti?… La differenza tra la vita e la morte vale ovunque, in Italia, o c’è chi rischia di più la pelle? …
Caro Tito,
“Una bella storia italiana” (titolo che, ripeto, vorrei dare al film per raccontare la commovente vicenda dei tassisti romani di origine molisana-abruzzese in lotta per l’ospedale della propria gente) vorrei fosse a lieto fine … sì, bella pure perché a lieto fine, con un servizio sanitario nazionale magari più snello ma con una rafforzata efficienza di valori e di servizi vitali. Infatti, l’augurio è che la classe dirigente italiana si renda conto che con la vita non si scherza e non si deve mettere a rischio e a repentaglio la vita delle persone per difendere, in fin dei conti, gli speculatori della finanza e dell’economia (specialmente quella dei ladri conclamati e degli intoccabili evasori, ecc.) i quali stanno tenendo in ostaggio l’intero popolo italiano e, nel mondo, l’intera umanità.
Buona salute a tutti, indistintamente a tutti!
Domenico Lanciano (Agnone, martedì 12 maggio 2015 ore 16,35)
Ringrazio per le foto Maurizio D’Ottavio e Alessandro Cacciavillani